Limato ancora il fondo che finanzia l’Ape per i lavoratori precoci: l’unica Quota 41 esistente in Italia. In tre anni, con i tagli della legge di bilancio, 325 milioni in meno. Nel frattempo Opzione donna resta una promessa tradita

(di Valentina Conte – repubblica.it) – ROMA – Si torna a fare cassa sulle pensioni. Non per rifinanziare Opzione donna, promessa tradita. Ma per coprire una parte del decreto Lavoro. Questa volta attingendo ai fondi stanziati per l’anticipo pensionistico – l’Ape – riservato ai lavoratori precoci, a quanti cioè hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo, anche non continuativo, prima dei 19 anni. Il caso è curioso, non solo perché non è la prima volta che il governo Meloni usa le pensioni per coprire altri provvedimenti. Ma soprattutto perché ora lo fa agendo sull’unica Quota 41, così cara alla Lega di governo, esistente nel nostro sistema previdenziale. Per questo tipo di Ape servono infatti anche 41 anni di contributi.
Primo taglio nel decreto Lavoro
Andiamo con ordine. Nel decreto Lavoro approvato dal Consiglio dei ministri del primo maggio e poi pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 5 maggio c’è un doppio prelievo sui fondi stanziati per l’Ape dei precoci. Un primo prelievo serve a coprire l’aumento dell’assegno unico per quei figli che hanno perso un genitore. All’articolo 22 si legge la sequenza del taglio al fondo per i precoci: 6,6 milioni nel 2023, poi 11,5 nel 2024, ancora 11,9 nel 2025, 12,3 nel 2026, 12,6 nel 2027, 13 nel 2028 e poi 13,4 milioni dal 2029. Trenta milioni in meno in tre anni, tanto per cominciare.
Secondo taglio nel decreto Lavoro
Il secondo prelievo serve invece come copertura generale al decreto e difatti è inserito nell’ultimo articolo, quello delle disposizioni finanziarie. Laddove si dice che vengono tolti altri 5 milioni all’anno dal 2025. Sembrano pochi ma già nella prima legge di bilancio del governo Meloni, sempre a questo fondo per i precoci, sono stati tagliati 80 milioni quest’anno, 90 milioni il prossimo e 120 milioni dal 2025. Considerando quindi il triennio 2023-2025 siamo a 325 milioni tolti al pensionamento anticipato di chi ha 41 anni di contributi e ha iniziato a lavorare da minorenne.
La ferita aperte delle rivalutazioni
La cassa più importante fatta con le pensioni ovviamente – 10 miliardi in meno in tre anni, al netto delle tasse – è arrivata rivedendo il meccanismo di calcolo della rivalutazione delle pensioni all’inflazione: non più secondo un meccanismo progressivo per scaglioni, ma più penalizzante per fasce.