Se Elly Schlein scivola sul trench

(MARIA ROSA TOMASELLO – lastampa.it) – Avrebbe potuto essere solo il giorno in cui la maggioranza si autoaffonda alla Camera sul Def, un giorno trionfante per l’opposizione, e invece Elly Schlein ha affidato la sua prima intervista per la carta stampata a Vogue Italia, ha pronunciato la parola “armocromista”, ed è diventato anche il giorno del primo passo falso della nuova segretaria del Pd in piena luna di miele con il suo elettorato. A ridurre la faccenda all’osso, non c’è da indignarsi: una giovane leader politica in ascesa si affida ai consigli di una personal shopper per migliorare la propria immagine. Legittimo, forse addirittura necessario in un’epoca di sovraesposizione mediatica. La rivelazione potrebbe essere archiviata nella categoria “colore” se la consulente, Enrica Chiacchio, citata con cortesia nell’intervista, non chiarisse che il suo lavoro, amicizia e stima a parte, è (giustamente) retribuito, e che le sue tariffe non sono esattamente low cost, 140 euro all’ora più Iva, cifra che sale a 300 per lo shopping. «Con Elly ho un forfait – spiega a Repubblica – ma non posso parlare di cifre esatte». Numeri che trasformano poche righe in dibattito e scatenano reazioni sui social: argomento controverso per la sinistra e bersaglio perfetto per la destra.
Non bisogna essere dei nostalgici del cappotto rivoltato di Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica, che fece della sobrietà la sua religione, per avvertire che qualcosa stona in una scelta che sembra contrastare con le dichiarazioni della segretaria: «La grande avversaria dovrebbe essere la diseguaglianza» sottolinea a Vogue. Ma se è vero che è sulle decisioni politiche che Schlein dovrà essere giudicata, e non certo per il suo trench, è vero anche che esiste una evidente questione di opportunità. Se l’obiettivo è «riuscire a entrare in connessione con le persone che vogliamo rappresentare», è lecito chiedersi chi siano le persone che il Pd di Elly intende rappresentare. Se quelle persone sono i più fragili, coloro che restano indietro, i giovani che chiedono un lavoro dignitoso, le donne che rivendicano parità di salario, allora l’uscita di Schlein segna una disconnessione con quel popolo. Se l’indicazione è portare il Pd fuori dalle Ztl, sembra difficile che possa essere fatto con una scelta comunicativa che va nella direzione opposta e offre pericolosamente il fianco a critici e avversari, a partire dalla scelta della testata, una delle più prestigiose riviste di moda del mondo, per vocazione più attenta al lusso che al precariato.
Certo, è un incidente di percorso che in passato ha segnato altri leader della sinistra, da Massimo D’Alema, che fu preso di mira per le scarpe firmate e per la barca a vela, a Fausto Bertinotti, a cui si rimproverò il maglione in cachemire: come a dire che il rapporto tra sinistra e ricchezza è sempre stato un nodo dolente, che andrebbe prima o poi sciolto e finalmente risolto. Il tema, ancora una volta non è il pauperismo, né a una giovane donna emblema della modernità si richiede di incarnare il rigore postbellico. E del resto, di operazioni comunicative che per i leader politici si sono trasformate in boomerang è piena la rete, e tornano a galla a ogni soffio polemico: da Giorgia Meloni in costume tricolore su Novella 2000 a Salvini desnudo su Oggi, nessuno riesce a sottrarsi alle sirene delle copertine patinate, che spesso generano uscite fuoriluogo. Non è sfuggito alla trappola neppure il presidente ucraino Zelensky, che nel luglio scorso era stato sottoposto a un fuoco di fila di polemiche per l’intervista esclusiva a Vogue, con l’accusa di aver reso “glamour” la guerra.
Se il successo di Schlein è determinato dalla novità che incarna e dalla complessità che rappresenta, la scelta che oggi a molti appare un autogol potrebbe essere frutto di una strategia più ampia che facciamo tuttavia fatica a intuire. Ma se anche così fosse, resta la perplessità per ciò che appare. Semplicemente, è il caso di dirlo, è una questione di stile.
Come avevo già scritto qui su Infosannio la Schelin è una “MEGASO’LA”…..
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Che dire? Che dirti? L’organizzazione del partito non è una locuzione sinonimo di organizzazione umana universale solo perché raccorda, attraverso le massime kantiane ferme nel cielo dell’ideologia, un modo di fare politica con il vecchio sistema che è stato depauperato nei suoi sacri anelli istituzionali, scuola pubblica, sanità pubblica e giurisprudenza pubblica, a questo punto, cercando di raccordare un futuro prossimo venturo testé descritto, dopo che il mondo della pubblicità e della pubblicistica, partito dai divani e divani letto, le pentole e i proclami di partiti con i loro messaggi di stato, declamati da un megafono sparato da una vettura circolante, ha DECOLLATO! .
Oibo ‘ , in realtà è un grande obitorio, un abitare il mondo da spettri umani: l’ ambiente, da cui siamo evoluti e a cui torniamo , lì dove le culture prendono vita, ai rigogli delle risorse pubbliche e all’utilizzo da parte della popolazione, cittadina? O africana? Cara ellittica, così ti fai ancora più bianca , noi, poveri incroci di salti di storie da un secolo e mezzo, abbiamo la pelle olivastra, che non è né rossa, ne nera, ne gialla ne avorio, ne Sabbia.
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Credo che andare in cerca del proprio miracolo possa almeno fare bene, almeno un tentativo non sprecato invano; se poi avverrà guarigione chissà a chi dovrò renderne merito, per emerite bestialità acquisite da un altrui imposizione a credo del mercimonio. La Schlein, guida un’invocazione fantasma, in quanto i vecchi anelli non hanno partorito altre locomotive o leitmotiv, senza che le mafie dei singoli territori e l’organizzazione mafiosa di una stessa mafia su più territori, non avesse niente da dire o da ridire. Cosa sono oggi le mafie è una questione che un capo partito dovrebbe avere ben chiara e interloquire attraverso le sue ambivalenze istituzionali perché in fondo a Berlusconi gli vogliamo tutti un gran bene!
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forse l’obiettivo è stato raggiunto. parlare per qualche settimana di forme ed apparenza, per evitare di parlare della sostanza che non c’è.
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Perché non c’è nessun articolo con le dichiarazioni tra Landini, la Camusso? È deputata? Che fine a fatto? Dove è la Camusso che riempiva gli schermi prima di Landini? E poi l’ingresso della destra al sindacato CGL è un avvenimento storico, unico! , una data fondamentale che ha sancito un patto trasversale interno fra il governo in carica e il mondo satellitare del sindacato industriale visto dal di dentro la grande industria, l’universo di Fratelli d’Italia e Confindustria, detentori delle strutture. Elemento non indifferente che andrebbe saputo sfruttare in modo ponderato se la sinistra più nostalgica non foss fissa all’ingresso dell’Ade, CGL apriti sesamo e lasciate ogni speranza o voi che entrate, qui si va nell’eterno riposo qui si va fra la perduta gente…
Anziani che non potranno che andare ancora fino alla meta finale. Quindi : se da un lato il governo ha fatto breccia sul satellite,( bene signor ragionier Fantozzi ) dall’altro la CGL e lo spi, il sindacato pensionati , già pensionati da un ventennio e oltre.
Scusate , ho bisogno del bagno.
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Non avrà, ne potrà mai avere, la potenza dialettica di interloquire senza opporsi, come da dato storico, attraverso bizze e idiosincrasie. Se la CGL, per i poveri e il Pueblo, rappresentava la tutela e poi, tutela e garanzia del lavoro, secondo il filtro di uno stato sempre prima più industrializzato e poi sempre meno, con un ritorno al mondo agricolo trasmutato nei sogni delle nuove generazioni; oggi chi comanda il sindacato sono i PENSIONATI che devono occupare il tempo delle loro giornate, premio di Quaranta, più o meno, anni di fatica. Dai campi alle officine.
È un mondo difficile e complesso perché cambiare politica significa interfacciarsi con la storia, italiana e la storia dei luoghi, la storia di ogni luogo e la sua gente, il suo popolo con i suoi signori, nobili prima industriali e politici oggi.
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