
(Anna Lombroso per il Simplicissimus) – Ci avevano già provato molti anni fa, quando linguisti, filologi, italianisti si mobilitarono pronti a difendere insieme alla razza superiore anche il sacro idioma patrio minacciato da indegni esotismi. Così la garçonnière divenne ragazzeria e perfino l’innocente ano venne sottoposto a restrizioni, preferendogli il più domestico culo tanto che circolava una freddura (anche allora l’opposizione di esercitava a colpi di barzellette) secondo la quale la delegazione degli ambasciatori turchi era stata ricevuta dal gran ciambelculo in persona. Oggi l’interprete della guerra ai forestierismi che compromettono la purezza della nostra lingua è solo e isolato, anche se da parte mia sono pronta a allearmi con chi si batte contro gli abusi dello slang imperiale. Il senatore Fabio Rampelli, che per ora limiterebbe l’impegno per la messa al bando dell’inappropriato esotismo alla comunicazione della pubblica Amministrazione, è invece solo.
E non c’è da stupirsene. basta guardare all’ultima prodezza pensata e realizzata per propagandare il paese in veste di meta, location, sfondo di selfie, quella Open to meraviglia, promossa dalla ministra Santanchè che rivendica lo spirito pop dell’iniziativa che non può non piacere a che va in gita col parroco e compra pure le pentole in offerta, a chi preferisce pizza e tavernello al posto del Krug millesimato di Briatore, a che i riconosce nell’entusiasmo per le prodezze della influencer più fotogrammata, rievocata abilmente dalla manomessa venere botticelliana che gira per la penisola a immortalarsi su laghi, fiumi e monti. Che scandalo per il mssaggio così rozzo e pedestre che il ricorso all’idioma ormai universale non riscatta, per il costo (in realtà di gran lunga inferiore a quello delle precedenti iniziative, dal “Please visit Italy” di Rutelli al Very bello (o very disaster?) di Franceschini, costato oltre 25 milioni di euro e poi chiuso nel vergognoso silenzio vergognoso dei governi e degli operatori del settore. Che scandalo: i contenuti iconografici sono stati realizzati in Slovenia, con tanto di foto del vinelli locali allestiti sulla tavola. Che scandalo, il Foglio lamenta il messaggio così kitsch, privo di “patriottismo” e alla lunga controproducente in un paese dove “di turisti ce ne sono pure troppi e aizzare gli arrivi rischia solo di peggiorare una situazione già complicata”, indirizzandolo verso le mete tradizionali già assediate e compromesse. Che scandalo promuovere il consumo brutale del territorio, gli abusi dei frequentatori per caso, invece di valorizzare i piccoli centri ognuno dei quali vanta un suo tesoro di arte, memoria, storia. Che scandalo, il ministero si è affidato a degli incompetenti che non hanno pensato di registrare il sito, beffato da un imprenditore del Mugello che se lo è aggiudicato per meno di 5 euro. Che scandalo! È che lo scandalo è ben altro che con una sapiente strategia di distrazione viene nascosto. Ormai viene consolidata la vocazione perversa del Paese: diventare uno sfondo, uno scenario, una destinazione, un punto d’arrivo, nel quale i residenti costretti all’esodo dai centri abitanti si muovono come mesti figuranti in veste di facchini, autisti, locandieri, camerieri. Ormai è banale dire che viviamo nell’età del turismo, considerato un diritto anche se contiene- solo apparentemente – elementi di pericolo pensando alle 62 persone uccise dai terroristi presso il tempio funerario di Hatshetput a Luxor, o le 202 ammazzate a Bali in Indonesia. Pare siano i rischi del mestiere di viaggiatore goloso di emozioni forti, che rendono imprudenti, espongono a minacce, facendo dimenticare quella più fatale, l’esproprio della propria identità, della propria memoria, del proprio territorio fatto di tradizioni, relazioni, ridotto a merce da spacciare. Tanto che le città già svuotate dei residenti, delle attività artigianali e commerciali, sono cadute preda della cosiddetta gentrificazione digitale, quella di airbnb, che vive beatamente grazie ai pellegrini con il trolley, a una economia di transito, facendo scomparire la dimensione della comunità, del vicinato, per far posto a un capitalismo immobiliare e della rendita.
E non si accontentano di svuotare le case dei ricordi, divellono le azulejos portoghesi, le patere veneziane dai muri, scardinano le vere da pozzo per trasferirle in Texas a fianco della piscina del petroliere, in modo che non resti traccia né impronta di quello che è stato. Aggiungeteci l’industria del souvenir, cartoline, guide turistiche, mappe e app, governate da una galassia di istituzioni e società, agenzie di viaggio, catene alberghiere, imprese di advertising, interi dipartimenti statali e locali, servizi bancari incaricati di facilitare il finanziamento delle vacanze, catene immobiliari, nel contesto di quello che è stato chiamato “l’apparato produttivo turistico”, che non a caso costituisce anche l’industria più inquinante e a più alta pressione sull’ambiente, se il puro e semplice trasporto aereo dedicato produce il 6% dell’anidride carbonica globale emessa dall’umanità, poco meno dei trasferimenti dei Grandi di Davos. O pensando al turismo invernale autopromosso da eventi e iniziative sportine che deve dotarsi di infrastrutture a elevatissimo impatto, come sta succedendo a Milano, Cortina, proprio oggi. Che crimini stiano organizzando è facile intuirlo pensando a quel perverso laboratorio rappresentato dal progetto riguardante la valorizzazione del territorio colpito al cuore dal sisma del Centro Italia, che dovrebbe diventare la meta del turismo “sacro”, se i finanziamenti pubblici sono stati destinati al restauro e alla ricostruzione di edifici di culto e opere di carattere religioso, mentre è stati affidato ai pochi rimasti, tenaci e attaccati alla loro terra, alle proprie attività tradizionali, alle stalle, alle piccole aziende dell’agroalimentare, l’incarico di tutelarle, rilanciarle sanarle coi propri risparmi, proprio come le loro case sventrate, con ancora a tanta distanza di tempo, ferite dalla catastrofe. Era quella la loro vocazione, ma intanto sono cannibalizzati dalle grandi catene della distribuzione e dai norcini del regime, qualsiasi esso sia, con segnato il destino di prestarsi a fare gli inserviienti, i locandieri, i camerieri con la benedizione dei santi locali. Nel 1849 Ruskin scrisse che la ferrovia trasformava “l’uomo da viaggiatore in pacco vivente”. Oggi va peggio di così, ha convertito l’uomo e il suo spazio in merce, in prodotti esposti sugli scaffali dell’emporio globale, souvenir impolverati e dimenticati.
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Categorie:Anna Lombroso, Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Venezia, emblema del turismo, città di una bellezza che toglie il fiato, d’autunno con la nebbia pare un miraggio galleggiante! Angoli sconosciuti, incredibili e mozzafiato.. l’acqua che lambisce le fondamenta delle case, costruite sui tronchi di abeti oramai più che secolari, tutto è un merletto, un capolavoro umano di rara bellezza! Eppure l’avidità umana non finisce mai! Una città di stravolgente bellezza deve essere sfruttata più possibile! Ancora e ancora!!! Sono veneziana ma abito in terraferma, per due giorni di seguito mi sono recata in centro storico, impossibile camminare, l’accozzaglia, le orde di visitatori, il casino più inverosimile! Ora il nostro illuminato presidente di regione e non solo lui, vuole con il rinnovamento dell’aeroporto incrementare il flusso dei turisti!! Io rimango basita!! Ma cosa vogliono fare di Venezia? Più di quello che già è stato fatto!! Distruggerla definitivamente!! I soldi, gli stramaledetti soldi!! Quello vogliono, ancora più soldi!! Il rispetto di un’opera d’arte in mano ad affaristi! Uno scempio abominevole!
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Mokj! Sei una poetessa! 👏😃
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Non so se sono una poetessa.. ma grazie Gianpierluici 💝
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Esatto, io sto a Roma ed è la stessa identica cosa. Credo che da Pasqua ad ottobre non ci sia più una camera libera almeno all’interno dell’anello ferroviario.
Serviva una campagna da 9 milioni di euro per promuovere un prodotto che non ne ha proprio bisogno autopromuovendosi da solo tanto è bella la nostra amata Italia?
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Se ci mettiamo pure che alcuni comuni stanno ,o vorrebbero adottare il numero chiuso…..
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Brava Anna !
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In un mondo in cui le parole imposte devono essere la verità e quello che ti succede e che vedi intorno a te, una “percezione”, da tempo si lavora sulle parole.
C’è chi traduce l’ inglese in italiano dopo per anni aver tradotto l’ italiano in inglese.
C’è chi chiama i ciechi “non vedenti”, chi ha cambiato nome ai disabili una decina di volte ( handicappati, portatori di handicap, disabili, diversamente abili…) per indorare la pillola e “giustificare” i continui tagli ai sussidi. Gli esempi di “creatività” sono infiniti.
Quindi, chi è senza peccato…
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Se non è zuppa è pan bagnato. E questo perchè? Perchè molti panifici non offrono più un ombrello al cliente. Del resto la zuppa è bagnata, ma questo si sapeva. E i Beatles, possono essere definiti “rock”? Certo che con tutti questi critici musicali che si fanno tatuare “brprhjjkw” sulle gambe non è possibile contare su opinioni attendibili (se per attendibili si intende attendere il tram, che secondo la mia modesta opinione non arriva mai). E le mele, le arance, e soprattutto le pere. E le mezze stagioni…. E ahhh, signora mia, sapesse a quanto è arrivato il condominio…
(continua sfumando)
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A pensarci bene non so se fa ridere. Dipende se i soldi per pagare il condominio si hanno oppure no.
Anche il condominio può diventare un problema serio, di questi tempi…
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Anche per i non vedenti la zuppa è bagnata, quindi non vale la pena di reiterare il punto. Certo, la “percezione” conta: ma in aramaico?….
A me invece fa ridere tantissimo. La natura delle piccole psicosi di questi tempi si è così degenerata da quasi sublimarsi in performance art.
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