Andrà tutto bene

(Andrea Zhok) – Personalmente credo che la regola da adottare verso circenses lobotomici come il cosiddetto “festival della canzone italiana” sia tacerne. Anche parlarne male, nel meccanismo mediatico odierno, significa farlo diventare qualcosa di significativo.

Ma posto che il fuoco di artiglieria su questa grande operazione di distrazione e indottrinamento è comunque massivo, forse ci possiamo permettere una considerazione di cornice, che non nobiliti nessuno dei penosi dettagli della kermesse citandoli.

La prima osservazione da fare riguarda un meccanismo mentale, invalso a partire dagli anni ’80 con l’ingresso nelle vite degli italiani della televisione commerciale. Chiamiamolo l’argomento del “populismo delle élite”. Questo argomento scatta in presenza di critiche e contumelie espresse verso questi circenses, denunciandole come manifestazioni di elitarismo, lontane dal sentire del popolo.

È da quando ho memoria che sento usare questo argomento a molla, per cui se auspichi che qualcuno legga un classico della letteratura piuttosto che la finta autobiografia di un calciatore di successo, che ascolti buona musica invece di spazzatura commerciale, che apprezzi la differenza tra cinematografia di qualità (o, dio non voglia, buon teatro di prosa) rispetto all’ultimo video autopromozionale dell’influencer di turno, se fai questo gesto ti vedi rinfacciare di essere elitista, di non essere in sintonia con il gusto popolare, ecc.

Ed è così che, anno dopo anno, iterazione dopo iterazione di questa scemenza, si è arrivati al fondo del barile, iniziando gaiamente a scavare. Per rendere l’idea, nel mio anno di nascita (1967) il film per ragazzi campione di incassi era “Il libro della giungla” (Disney), oggi è “Me contro Te”.

Il problema dell’argomento del “populismo delle élite” è che è una falsità esiziale che si nutre di un fraintendimento.

Il fraintendimento è che si fa credere che tenere alti i criteri di qualità significhi prediligere dei generi “alti” rispetto ad altri generi. Ma questo è un modo di calciare la palla in tribuna. Non ha senso contrapporre, chessoio, la musica classica al rock, il teatro al cinema, la letteratura entrata nelle antologie a quella contemporanea, ecc. È del tutto ovvio che si trova alta e bassa qualità trasversalmente ad ogni genere, (oddio, per la Trap rimane un’ipotesi da dimostrare, ma diciamo in generale.)

C’è della “musica seria” contemporanea che è solo boriosa trasposizione in pubblico di un’officina di sperimentazione autoreferenziale che ha bisogno dei sottotitoli per significare alcunché, e c’è musica pop che ha prodotto capolavori.

La falsità (e nocività) in questo argomento sta nel fatto che il “gusto popolare” non è una realtà fissa e intrinsecamente scadente. La letteratura popolare ha creato miti profondi e leggende eterne, la musica popolare ha prodotto danze, canti e cori straordinari, una miniera tutt’oggi saccheggiata per estrarre cellule armoniche, melodiche e ritmiche. Il gusto popolare non è una realtà stabile: cresce o decresce, matura o degenera. E la prima forma per qualificare, educare, far maturare le qualità cognitive e la sensibilità pubblica è esporre le persone ad opere di qualità. (Ed ora, per piacere, risparmiatemi gli zebedei dai colpi di “e-chi-lo-dice-che-quella-è-qualità-è-qualità-per-te-non-per-me-il mio-idolo-è-bombolo”).

La scelta di cercare e proporre il livello più basso possibile ponendolo come “naturalmente popolare” è una scelta specifica, una scelta di politica culturale che produce una sistematica degenerazione delle anime. L’abbrutimento del mondo è in effetti la prima condizione per far accettare alla gente tutto il resto: l’arte e la letteratura di qualità consentono alle persone di esplorare modi di sentire e di vedere più perspicui, di percepire la possibilità di forme di vita superiori. Ma guai a lasciar vedere agli schiavi che lavorano nelle viscere della terra la luce del sole, perché potrebbero non voler più rientrare nel fango e nelle tenebre.

La cosiddetta “cultura popolare” odierna non è affatto popolare, non ha niente di spontaneo e non ha nulla a che vedere con una produzione “dal basso”. Si tratta di produzione industriale seriale, fatta cadere dall’alto da multinazionali dell’intrattenimento, che simultaneamente costruiscono personaggetti spendibili nelle proprie “pubblicità progresso”, personaggi su cui gli schiavi possono proiettarsi e trovare conferma che sono “nel posto giusto” e, soprattutto, che “non vi sono alternative”.

Le linee direttive di fondo che guidano l’intrattenimento per il bestiame di riferimento sono tre: bisogna comunicare che “è tutto a posto così com’è”, bisogna garantire che “ci stiamo già prendendo cura dei più alti ideali”, e bisogna far balenare l’idea che “c’è spazio per la spontaneità e per la massima libertà”.

Per fare qualche esempio con riferimenti puramente casuali a cose e persone. Monologhi piacioni da parte di qualche giullare di regime che spiegano la bellezza di una costituzione che viene straziata tre volte al dì nelle forme più spudorate servono a comunicare l’idea che “è tutto a posto” e che “abbiamo a cuore i più alti ideali”. In un paese che ha massacrato senza ritegno il diritto al lavoro, il diritto alla salute, la libertà di insegnamento, la libertà di parola, la libertà di stampa, la libertà terapeutica e che chiama le guerre cui partecipa incostituzionalmente da decenni “azioni di pace”, è necessario che qualcuno metta in campo di quando in quando una sviolinata falsa come Giuda sulla “Costituzione più bella del mondo”.

Similmente il florilegio di libertà in scatola, di trasgressioncelle a cottimo in cui si esibiscono “artisti” fatti a macchina è il modo in cui si rassicura il gregge intorno all’esistenza di spazi di spontaneità e di tolleranza. C’è quello che per l’ennesima volta, stancamente, spacca una chitarra, quello che si presenta in reggicalze, quella che recita in finto nudo, ecc. ecc. infinite spossate ripetizioni di simulacri di libertà, conformismo dell’anticonformismo.

L’intrattenimento è da almeno mezzo secolo – lo notava già Günther Anders – la forma primaria di indottrinamento e conformazione. Da tempo si sa che l’indottrinamento attraverso l’asserzione diretta produce resistenza. Invece l’intrattenimento produce i suoi effetti scivolando negli interstizi dell’attenzione, nella forma dell’implicito, dello sfondo, del collaterale.

L’odierno intrattenimento è un’operazione non semplicemente di rincoglionimento (è anche questo naturalmente), ma soprattutto è un’operazione sistematica di castrazione mentale. L’intero spettro dei luoghi dove si può e si deve “lottare” viene spostato in aree protette, innocue per chi detiene il potere, dove la plebe dedica gli ultimi ritagli di mente, tra una corvè e l’altra, alla rivendicazione di diritti sott’olio e libertà sponsorizzate.

22 replies

  1. Vada per “giullare di regime”
    che sviolina sulla Costituzione, “falso come un Giuda”…

    Vada per le “trasgressioncelle” dei reggicalze, delle chiappe al vento e dei finti nudi, “simulacri di libertà” che in realtà sono “conformismo dell’anticonformismo”…

    Ok che l’indottrinamento attraverso l’intrattenimento è più subdolo e castra le menti per tenerle al guinzaglio.

    Maa..
    Non crede il professor Zhock, che considerare la platea televisiva alla stregua di “plebe” o “bestiame” da ammaestrare, lo renda (anche se lui non vuole) molto simile a chi, oggi, ha in mano le leve del potere mediatico e che persegue quel fine ingannevole?

    Certo, toccasse a lui, qualificarebbe, educherebbe e farebbe “maturare le qualità cognitive e la sensibilità pubblica” esponendo le persone ad opere di qualità.

    Ma per essere credibile in questa opera meritoria bisogna partire dal concetto che la cultura non la stai distribuendo ad una massa asettica di galline cui distribuire quel famoso becchime di cui parlava la nostra Carmen, ma stai offrendo un servizio a persone pensanti.
    Pensanti come te.
    Non meno di te.

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      • Cioè:
        secondo te chi vuole dispensare cultura di grado superiore, deve essere sicuramente catalogato tra coloro che considerano meno ammaestrabile la platea rispetto a coloro che propinano cultura scarsa per i fini subdoli che ha spiegato il Prof?

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      • @Gsi
        Se si vuole considerare un deliberato indottrinamento come semplice intrattenimento liberi di farlo e di vedere ciò che si vuole. Secondo me Zhok ha semplicemente chiamato le cose con il loro nome, ed ha evidenziato la sempre maggiore contrazione di spazi di libertà di pensiero. Quando il modello proposto è intenzionalmente solo uno e il più basso, auspicare in qualcosa di più alto non è, secondo me, volersi sostituire nell’opera di indottrinare, ma semplicemente voler rompere un monopolio, e sperare in una possibilità di scelta. proprio perchè non si considera il fruitore quel servo o quell’automa che altri auspicano che sia.

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      • Apprezzo la tua risposta, Riflessivo.

        Sono i toni di Zhok che non mi convincono.
        Vorrei che chi dice cose che pure io condivido, lo facesse con il massimo rispetto di chi le ascolta.

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    • Zhok (non Zhock, che poi lo s-correttore automatico di @Serpe, protesta… ahahah…) è troppo un signore per, non solo dirla, ma pensarla una cosa del genere, ma sbaglia di grosso perché quella massa asettica di galline cui distribuire quel famoso becchime di cui parlava la nostra Carmen, con piena ragione e cognizione di causa, esiste ed è, ahimè, viva e vegeta più che mai: 62,4% di “sciar”, ti dice qualcosa?

      E sono proprio pensanti come te, non meno di te: da questo punto di vista, lo pseudoprincipio di uguaglianza, tanto caro a voi democratici, acquista una sua profonda ragion d’essere.

      PS: “Gsi 9 febbraio 2023 alle 22:08
      Leggo questo articolo proprio mentre arrivano i Mannequin sul palco di Sanremo… Grazie per quel che fai per la Pace, Roger.”.

      Sbaglio, o se non ho frainteso, stavi guardando Sanscemo? Ma come: e “spegnete la tv”, “boicottiamo Sanremo”, “mettete i fiori nei vostri cannoni”?

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      • Non ho dubbi che tu, Gatto,
        consideri in quel modo la plebaglia.
        Volevo capire si se la pensava così anche Zhok.

        E pupi star certo che guardo Sanscemo, Gatto.
        A me piacciono le canzonette e sopporto anche alle sceneggiatine sciocche negli intervalli tra una e l’altra.
        Fanno parte del gioco, cioè l’allestimento di una sorta di tendone da circo che ha per scopo quello di passare in assoluto relax qualche serata del cupo inverno che ci viene a trovare tutti gli anni a queste latitudini.

        Pretendo, però, reciprocità di onestà intellettuale tra chi allestisce lo spettacolo e che ne usufruisce: il primo non deve considerare stupido il secondo perché gli chiede uno spettacolo leggero e il secondo non deve considerare disonesto il primo se quello gli dà quello che desidera.

        Ma questo schema salta se il fornitore del programa leggero, tutto ad un tratto, tradisce il patto (non scritto) e comincia a trattare lo spettatore alla stregua di un deficiente da imbonire.

        E questo è già successo per esempio, quando invitano un’iraniana a parlare (giustamente) del trattamento disumano del regime degli ayatollah… Mentendo agli spettatori però di voler, in realtà, compiacere gli USA che vorrebbero far guerra all’Iran, altrimenti non si spiegherebbe il silenzio assordante su identici trattamenti alle donne nei paesi arabi amici dello zio Sam.

        Succederà anche sabato sera quando Amadeus leggerà la lettera del comico guerrafondaio. Tacendo di voler fare un favore alla Nato mentendo ancora agli spettatori di Sanremo, dal momento che si eviterà sicuramente di denunciare le colpe Nato nella guerra in Ucraina.

        La tv la spegneró quinei sabato, Gatto.

        Chissà se la spegnerà anche Zhok, o se la guarderà per poi venirci a raccontare che lui Sanremo l’avrebbe fatto di livello superiore.
        Cosa che nessuno gli chiede, visto “sciar”che hai citato.

        Forse perché chi guarda quello che tu chiami Sanscemo chiede solo e semplicemente canzonette.

        E che magari, nel contempo, chiede anche di NON essere considerato un target o un fesso da imbonire da parte di criminali venditori di guerre. Ma…
        Che nemmeno vorrebbe sedersi in poltrona, qualche sera dei freddi febbrai, per essere ammaestrato da professori col ghiribizzo di addestrare masse per combattere i suddetti guerrafondai.

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      • Il tuo intervento è scontato S.M.,
        Il problema è che sei tu a non aver capito senso di quanto ho scritto, non io a non aver capito Zhok.

        Sulla lettera della Ferragnez non guardo a quel che scrivono i social per farmi un’opinione in merito.

        Che lei faccia quel tipo di discorso per me è normale.
        Probabilmente credi, come gli Zhok, che le donne che l’hanno sentita siano galvanizzate da quelle parole ed, ora, siano tutte pronte a sfidare il mondo per ottenere, fama e soldi che sono il riferimento ultimo della sua visione del mondo.

        Credete questo proprio perché, come gli allestitori di Sanscemo, pensate di avere a che fare con spettatori/galline cui bisogna dare in pasto del becchime.
        Becchime che consiste, per i Ferragnez e simili, in tanta “american way of life” e, per i “pensatori””alla Zhok, iniezioni di lezioni di alta filosofia, altissima cultura e sani esercizi di contropotere.

        In realtà, invece, è probabile che le donne che han sentito la bionda in fintonudo, stavano nient’altro che aspettando che finisse velocemente il monologo per sentire la canzonetta successiva.

        E la profondità del discorso della Ferragnez è probabilmente scivolato via velocemente dai loro pensieri
        perché… Il giorno dopo c’era da svegliarsi presto per andare al lavoro o a scuola e… Nonostante i sermoni della Diva di turno a Sanscemo (o quelli di Zhok dalla sua cattedra o qui su infosannio), il mondo non sarebbe cambiato dibuna virgola e qualche nuovo politico si sarebbe ancora fatto corrompere, qualche cialtrone avrebbe comunque ammazzato la compagna, la sporca guerra in Ucraina sarebbe comunque continuata ecc… ecc…

        Per l’uditorio più attento, invece, potrebbe essere successo anche che la Ferragnez, che propone un modello di persona che ha ottenuto il suo risultato, sia risultata più attendibile di un filosofo che, qualunque misterioso modello di vita proponga, manco un risultato concreto ha mai ottenuto.

        E allora torno alla domanda che fatichi a comprendere: non è che la le galline che stanno davanti alla tv alle quali Zhok e la Ferragnez spargono il loro becchime, abbiano capito mooolto di più di quello che credi tu e che, alle elucubrazioni mentali dei filosofi, in cuor loro, rispondano con un semplice e intelligentissimo: “Fatti, non fuffa”?

        Ps
        Domani io ci provo a fare qualcosa di concreto andando a votare quel tontolotto di Majorino. Zhok che farebbe? Sta a ripassarsi davanti allo specchio le lezioni da impartire alle galline?

        Pps
        Stasera niente S.Remo, in subordine spegnere la tv alla lettura della missiva del comico guerrafondaio Nato.

        Ppps
        Spero vinca Mr Rain.
        Quella canzone mi riporta alla mente l’aiuto dei russi ai lombardi durante il Covid alla quale (e mi vergogno a dirlo) l’Italia ha risposto ignobilmente accusandoli di essere spioni.

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    • X GSI:

      ”’Maa..
      Non crede il professor Zhock, che considerare la platea televisiva alla stregua di “plebe” o “bestiame” da ammaestrare, lo renda (anche se lui non vuole) molto simile a chi, oggi, ha in mano le leve del potere mediatico e che persegue quel fine ingannevole?”’

      Vedi, caro GSI, quando uno come te posta una roba del genere, dimostra indirettamente che anche se Zhok avesse questo, di pensiero, ovvero che ci sono un sacco di polli e pecore in Italia rigorosamente a due zampe e cellular-muniti, ebbene Zhok avrebbe ragione da vendere.

      C’é gente, e sono tanti, che semplicemente alla frivolezza non sa resistere. E se Zhok lo pensa, ebbene, ha RAGIONE. Perché il 60% degli itagliani sono così.

      E se tu ti senti chiamato in causa perché pure tu guardi Sanremo, non è un problema suo.

      Che si può dire ad un somaro, se non che sa ragliare?

      Ecco, adesso vatti a vedere i commenti sui social, per esempio sui video di YT, sui canzonettieri.

      L’unico barlume di speranza è vedere come il monologo della Ferragni è stato spiattellato di critiche da parte di parecchie persone ancora provviste di spirito critico.

      Ma sono una minoranza.

      E tu non ne fai parte, apparentemente, sennò non capiresti fischi per fiaschi.

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  2. Purtroppo, anche chi non lo guarda, è costretto a sentirne parlare.
    Prova evidente che le “canzonette” sono da tempo diventate tutt’ altro.

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  3. Da Sanremo vengono lanciati messaggi per far passare un modello di società, dato che il cervello umano quando funziona pensa, allora bisogna mettergli in testa gli elementi su come pensare, si fa col martellamento sul mainstream. Sanremo sembra un magazine di ciò che è in corso… c’è quello che spacca tutto legittimando i comportamenti vandalici dei ragazzi (attenzione, non è atto di protesta ma ineducazione a reggere la rabbia e le frustrazioni spicciole della vita), c’è la testimonial del fluid sex che però la mena sul razzismo, la pifferaia di 28 milioni di lemming, il giullare di corte che spiega la costituzione che conviene, perchè bisogna oscurarlo sto art. 11 perchè il conduttore in persona si faccia portavoce del messaggio piu importante da digerire, siamo in guerra ma è giusto

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  4. È proprio così Carmen.
    Però tutti i ” trasgressivi” ( tutti uguali: tatuaggi ed anelli al naso, ci manca la sveglia al collo; che trasgressione, ragazzi, da paura!) lo sono per ” amore”.

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