LE RIVELAZIONI – Maurizio Cortese ha ribadito in aula quanto già spiegato ai pm: “Importanti cambiamenti negli assetti e nelle dinamiche dell’organizzazione”, meno azioni eclatanti e contatti costanti con le logge

(DI LUCIO MUSOLINO – ilfattoquotidiano.it) – Il pentito di ‘ndrangheta Maurizio Cortese lo definisce “Sistema”. Ma anche “terzo livello” o “Cosa nuova”.
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia irrompono nel maxi-processo “Rinascita-Scott” che si sta celebrando davanti al Tribunale di Vibo Valentia e che è nato da un’inchiesta coordinata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e dal suo pool contro la cosca Mancuso di Limbadi e contro i “colletti bianchi”.
Un tempo reggente della cosca Serraino, Maurizio Cortese ha spiegato nelle scorse settimane al pm Antonio De Bernardo quello che aveva già detto ai magistrati della Procura di Reggio Calabria. In particolare, nella sala colloqui del carcere di Rebibbia a Roma, nell’interrogatorio del 23 gennaio il collaboratore di giustizia ha parlato degli “importanti cambiamenti negli assetti e nelle dinamiche dell’organizzazione denominata ‘ndrangheta”. Stando a quanto c’è scritto nel verbale, lo stesso Cortese ha assistito a questi cambiamenti che “trovano in realtà radici negli accadimenti verificatisi in occasione dei moti per Reggio Calabria capoluogo nei primi anni ’70”.
Se l’interrogatorio è incentrato sulla figura dell’avvocato ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli (tra i principali imputati del processo “Rinascita” e accusato dal pentito di aver “sistemato” un processo a Reggio Calabria), la ricostruzione di Cortese è molto più ampia. Per spiegare la metamorfosi delle cosche calabresi, infatti, il collaboratore di giustizia parte proprio dagli anni ’70 quando “importanti esponenti della ‘ndrangheta reggina, nel contesto dei moti, vennero in contatto con personaggi dell’estrema destra eversiva quali Franco Freda (legato a Gelli). Da questi contatti comincia a farsi strada l’idea di esportare in Calabria il ‘modello siciliano’, ossia l’idea di aderire a un livello superiore della criminalità organizzata che fosse trasversale alle varie organizzazioni criminali territoriali (mafia, ‘ndrangheta, ecc.) e fosse stabilmente in contatto con il mondo della massoneria e delle istituzioni”.
“Si tratta – sono le parole di Maurizio Cortese – di un livello criminale che veniva di volta in volta chiamato terzo livello o ‘cosa nuova’ o ‘sistema’. La necessità di riprendere questi che i vecchi capi chiamavano ‘vecchi discorsi’, si fece pressante e io ne venni così a conoscenza tra il 2009 ed il 2010, ossia a seguito dell’esecuzione delle operazioni ‘Crimine’ e ‘Infinito’ e della diffusione dei contenuti di queste indagini. Infatti, la commissione ‘ndranghetista formata dai capi di tutte le articolazioni territoriali della ‘ndrangheta calabrese, decise di adottare alcuni provvedimenti per far fronte a quello che era successo e per andare avanti su basi più solide e con maggiore riservatezza”.
Un obiettivo che necessitava di alcuni correttivi all’interno della ‘ndrangheta. Stando al racconto del pentito, infatti, si decise che “era necessario – spiega Cortese – evitare assolutamente la consumazione di reati eclatanti o che attirassero l’attenzione delle forze dell’ordine, prediligendo invece una risoluzione concordata e pacifica delle eventuali controversie”.
Ma non solo: fu stabilito che si doveva “evitare, come era successo nel recente passato e come fotografato dal processo ‘Crimine’, che i capi affidassero a dei loro rappresentanti determinate decisioni concernenti la vita dell’associazione prediligendo un intervento diretto del capo di ciascuna articolazione (o di un suo vice), in modo che certe problematiche venissero affrontate attraverso un’interlocuzione più snella e diretta tra gli interessati”. Ma doveva esserci anche una “contrazione nella concessione delle doti più elevate (di ‘ndrangheta, ndr) che, invece, nell’ultimo periodo, erano state attribuite con eccessiva prodigalità e superficialità”.
Lo scopo, per l’ex esponente della cosca Serraino, era quello “di aumentare la riservatezza dei contesti dove venivano prese le decisioni e di snellire quindi le strutture ed i processi decisionali”.
Sempre nel verbale di interrogatorio si legge che a informare Cortese della fase evolutiva della ‘ndrangheta sono stati una serie di personaggi di assoluto spessore criminale con cui ha condiviso periodi di detenzione: “Sto parlando, nello specifico, di Pietro Labate, alias ‘Ti mangiu’, capo del clan Labate di Reggio Calabria, e di esponenti della cosca De Stefano e in particolare tra questi di Gaetano Chirico, e di Pietro Siclari”. Quest’ultimo, deceduto nel 2018, secondo Dda di Reggio Calabria, era uno degli imprenditori di riferimento dei boss e per questo, prima di morire, si era visto sequestrare beni per circa 142 milioni di euro.
Per il pentito Cortese, però Siclari era molto di più: “Era un grande imprenditore di Reggio Calabria con cui sono stato codetenuto presso il carcere di Reggio Calabria, nella stessa cella, nel 2010/2011. Era un grande massone che aveva accesso al terzo livello ed era un riferimento massonico per tutta la Calabria. Dovendo specificare quale funzione svolgesse questo sistema, posso dire che ‘ndranghetisti e massoni lo attivavano (tramite precisi canali di conoscenze) ogni volta che ve ne era bisogno, per qualsiasi esigenza, lecita o illecita, ad esempio per una fornitura di droga oppure per evitare che qualcuno collaborasse con la giustizia, ovvero per aggiustare un processo. In cambio la ‘ndrangheta si impegnava a raccogliere voti nelle competizioni elettorali in favore dei candidati che si era deciso di appoggiare. Anzi, sottolineo che la decisione delle candidature era una delle principali funzioni di questo ‘sistema’ nel quale si incontravano ‘ndrangheta e massoneria”.
Se Siclari era un punto di riferimento per i boss che guardavano con favore alle logge, secondo il collaboratore di giustizia non era l’unico: “Un altro soggetto che mi ha introdotto al mondo della massoneria, è Angelo Boccardelli che ho conosciuto in carcere. Sia Pietro Siclari che Gaetano Chirico ed altri mi raccomandarono di trattarlo con rispetto. Boccardelli era un gran maestro del Goi e aveva avuto rapporti con i Molé di Gioia Tauro, quindi faceva parte di una loggia ufficiale, tuttavia io sono a conoscenza anche dell’esistenza di logge massoniche coperte come ad esempio quelle insistenti a Cosenza ed a Catanzaro, di cui fa parte, tra gli l’avvocato Giancarlo Pittelli. La differenza tra la parte infiltrata delle logge massoniche ufficiali e le logge massoniche coperte risiede essenzialmente ed esclusivamente nel fatto che le seconde non tengono registri ufficiali dei loro adepti, per cui garantiscono una maggiore riservatezza, ma dal punto di vista funzionale, l’interno del ‘sistema’ di cui vi sto parlando, sono esattamente la stessa cosa”.
Dell’esistenza del “terzo livello” Cortese ebbe la conferma anche da esponenti di Cosa Nostra: “Una volta arrestato nel 2016, fui tradotto al carcere di Torino, dove conobbi Gaetano Riina, fratello di Totò Riina. Con questi ebbi modo di parlare del ‘sistema’ e della cosiddetta ‘cosa nuova’, che ho descritto prima come un livello superiore alle singole organizzazioni criminali territoriali. Delle stesse cose parlavo, nel carcere di Parma, con Salvatore Di Ganci, detto Totò. Entrambi, mi confermavano quanto già sapevo sull’importanza di questo livello della criminalità organizzata”.
Interventi di Gatto Burlone sulla differenza tra massoni e massoneria in 3, 2, 1….
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Siccome il nostro “SonounaM” la faccia da … democratico ce l’ha bella in vista, sarebbe da chiedergli se fra i delinquenti seduti in Parlamento, rappresentanti della democrazia itaGliana, che ogni giorno condanna con tanta pervicacia e la democrazia, non passi nessuna differenza.
Spiegaci con parole tue, “fascista, stalker seriale e ipodotato mentale”, se quando prendi a sputi i Parlamentari è perché vuoi prendere a sputi anche la democrazia.
Attendiamo fiduciosi, “personaggio squallido, coi riferimenti culturali tipici dei cartoon che posti in continuazione, importato da altri blog più severi, molto convinto di ‘essere’, ma non in grado di fare la O col bicchiere”. (A Brezza with ❤️)
Ah ah ah
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È sempre questioni di menti raffinatissime. E non operano dall’italia , dove non si metterebbero d’accordo nemmeno sul pranzo
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