
(Maurizio Belpietro – laverita.info) – Massimo D’Alema prova a fare la vittima. Invece di rispondere alla legittima domanda su che cosa ci facesse lui, ex presidente del Copasir ed ex vicepresidente dell’Internazionale socialista, al telefono con una banda di faccendieri impegnati in commerci d’armi, il già presidente del Consiglio e ministro degli Esteri si duole che le sue conversazioni con pregiudicati per gravissimi reati di sangue siano divenute pubbliche.
Anzi: se da un lato ammette di aver commesso un peccato veniale, parlando con gente che ha sulle spalle condanne a 40 anni di carcere (anche se condonati), dall’altro rilancia dicendo che contro di lui è stato certamente commesso un crimine. Sì, non si tratta di uno scherzo: in una precisazione indirizzata al direttore del Foglio, D’Alema ha spiegato che se lui ha compiuto un passo falso, altri hanno perpetrato un reato. L’uomo che in libertà parlava di commesse miliardarie e di commissioni milionarie, dicendo che c’erano 80 milioni da dividere e suggeriva anche a quale studio estero affidarsi per non avere problemi in Italia, ora sostiene di essere stato spiato. Ovvio, non è stato lui imprudente a parlare al telefono di sottomarini, corvette e aerei da combattimento: sono stati gli altri a incastrarlo, registrando la conversazione. E tutto perché? Ma è ovvio: si volevano danneggiare le imprese italiane di cui lui è un noto benefattore. Un complotto, insomma: contro di lui e contro il made in Italy militare. Il povero ex presidente del comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti e sugli attacchi al nostro Paese, in pratica è finito nel mezzo di una guerra commerciale, combattuta con metodi spregiudicati e illeciti e, non essendo avvezzo a questi conflitti, ne è rimasto vittima. Così, ora passa da un giornale all’altro, da una tv all’altra, a professare la sua buona fede. Ovviamente, l’unico quotidiano da cui non si sogna di farsi intervistare è il nostro, che poi, guarda caso, è anche incidentalmente l’unico che ha dato la notizia. Tutti gli altri, infatti, si sono limitati a fornire ai propri lettori la versione di D’Alema, omettendo i fatti. Beh, siccome noi non abbiamo avuto il piacere di poter porre domande all’ex presidente del Consiglio, riportiamo qui i quesiti che ci sembrano utili per chiarire la questione.
1 Da quando l’ex premier ha intrapreso la strada della consulenza commerciale per l’industria degli armamenti?
2 È in grado di indicarci di quali affari finora si è occupato e se questi hanno dato luogo al pagamento di commissioni? Che cosa è andato a fare in Libano con il manager di Fincantieri, Federico Riggio, nell’estate del 2019?
3 In un’intervista ha detto di aver segnalato lo studio legale Robert Allen di Miami, ovvero la società sponsorizzata da lui stesso durante la telefonata con un pregiudicato. Ci può dire come e quando ha utilizzato i servizi dello studio Allen? L’ha conosciuto tramite il suo socio Massimo Tortorella che a esso si era rivolto e che con noi ha ammesso di aver chiuso un grosso contenzioso con l’erario per reati fiscali (per cui era anche indagato) pagando 20 milioni di euro?
4 Quando al telefono fa riferimento a 80 milioni da dividere, a chi sarebbe andata questa commissione se l’affare da 4 miliardi (cifra indicata proprio da lui nella conversazione) fosse andato in porto?
5 Ad ascoltare il colloquio, si capisce che una parte sarebbe toccata ai mediatori colombiani e un’altra, presumibilmente la metà, a quelli italiani. Ci sarebbe stata una quota che sarebbe stata destinata a lui e se sì a quanto sarebbe ammontata?
6 D’Alema sostiene di non aver voluto aggirare la legge sulla cessione di armamenti. In base a quella legge, tuttavia, la vendita dovrebbe avvenire tra Stati o attraverso mediatori certificati. A che titolo, dunque, egli ha intrattenuto rapporti con degli emissari di un altro Paese?
7 La Verità ha intervistato l’ambasciatore italiano in Colombia, il quale ha rivelato di aver ricevuto una telefonata dall’ex premier che lo invitava a incontrare il plurimputato Giancarlo Mazzotta. A che titolo fece quella telefonata?
8 Da ex ministro degli Esteri, dunque da persona con competenze non banali sui meccanismi e le regola della diplomazia, D’Alema informò la Farnesina del suo intervento sull’ambasciatore in Colombia?
9 Quando agì da «facilitatore» di una vendita di navi e aerei alla Colombia, D’Alema aveva un mandato, anche informale, da Leonardo e Fincantieri, ossia dalle due aziende pubbliche che sarebbero state interessate all’operazione. Se sì, chi glielo aveva conferito e a quale titolo?
10 Nella precisazione al Foglio, l’ex premier annuncia di essersi dimesso da presidente dell’advisory board di Ernest&Young, multinazionale della consulenza e della revisione. Ma se si ritiene vittima, come ripete in ogni intervista, perché ha deciso di lasciare una poltrona sicuramente ben remunerata?
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Maurizio Belpietro, Politica
D’Alema è stato un vero e proprio becchi o della sinistra e ha aperto con la mitica bi camerale un’aotostrata all’evasione fiscale di Arcore.Non ne ha mai indovinata una e questa delle armi per la Colombia è l’ultima perla di una carriera dedita agli inciuci.E Bel pietro non ha ha che da rallegrarsi che sia esistito un personaggio come baffino
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Il Barbiere di Gallipoli non solo non ne ha mai voluto indovinare una ma ha sempre fatto, i suoi interessi, più danni della grandine.
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