
(di Marcello Veneziani) – Il suicidio assistito di Alice ed Helen Kessler è stato salutato dai media italiani con un’ondata di ammirazione corale, come un atto razionale, civile, etico, esemplare. Ma la loro fine programmata e curata nei particolari, fino a disdire gli abbonamenti ai giornali, lascia un interrogativo gemellare, ambiguo. Che figuro in un’immagine, il ricordo infantile di un teatrino delle marionette: Pulcinella balla con la sua Colombina, felice di stringerla tra le sue braccia ma quando nella danza la sua amata si girava, Pulcinella si accorgeva di ballare con la Morte e se ne ritraeva inorridito. La stessa ambiguità sembra suscitare ora il ricordo delle Kessler: erano l’espressione di un’epoca spensierata, di un’Italia canterina e ballerina, tra dadaumpa e notti piccole, immersa nell’atmosfera gioiosa e giocosa di un sabato sera festoso e luccicante; e alla fine sono diventate le testimonial di una decisione macabra e cupa, definitiva: il suicidio assistito.
Le gemelle Kessler erano la rappresentazione più iconica, come oggi si dice – spesso a sproposito – di un’epoca, di un clima, di un modo di vivere allegro e sbarazzino. Nell’immaginario collettivo il duo Kessler era il più bel quadrupede umano apparso in video. Le loro quattro gambe sincronizzate facevano sognare gli spettatori e suggellavano a passo di danza la fiduciosa leggerezza con cui un Paese marciava insieme verso l’avvenire.
Ma col gesto premeditato di togliersi la vita alle soglie dei novant’anni, quel modello di ottimismo e fiducia si è capovolto in un funesto messaggio: decidere e programmare la propria morte per prevenire malattie, dolori e decorso naturale della vita e per risparmiarsi l’ombra malinconica della depressione senile. Così le due tedesche sono diventate sui media un modello di riferimento per la popolazione anziana che s’inoltra nella vecchiaia, suggerendo di anticipare le malattie letali e la morte, scegliendo la scorciatoia di una morte pilotata. Non siamo davanti ai casi limite di malati terminali e incurabili, tra sofferenze atroci o accanimento terapeutico; qui si tratta di un deliberato suicidio assistito, in piena lucidità, motivato da uno stato depressivo e dagli inevitabili acciacchi dell’età. Un gesto di sovrana autonomia nel disporre della propria vita e della propria morte.
L’unica particolarità che colpisce nel suicidio gemellare è la decisione di morire insieme, dichiarando che nessuna delle due avrebbe voluto sopravvivere all’altra; diventando così un ulteriore suggerimento per le anime gemelle, non necessariamente tali per ragioni biologiche ma anche solo affettive, per legame di coppia.
La vera questione è la convinzione che la nostra vita sia interamente ed esclusivamente nelle nostre mani; tocca a noi decidere quando, come e magari con chi andarcene per sempre. Dopo aver dichiarato morto Dio con la religione e il fato, morta la Natura col suo ordine, la realtà e le sue leggi, morta la famiglia con i genitori, i figli e i loro legami, morta la tradizione con la storia, la memoria e le comunità, il messaggio finale che resta è morire in libertà, per autodecisione, anticipando Dio e la Natura, il destino e il decorso della vita. Se non siamo autocreati, possiamo però esercitare la sovranità opposta, la libertà di sopprimerci, quando riteniamo che sia giunto il momento per farlo. Disponiamo solo del potere negativo sulla vita; e nel nome del pensiero negativo prevalente lo esercitiamo fino alla morte. L’eutanasia o il suicidio assistito è oggi l’unico messaggio dominante che riguarda il passaggio tra la vita e la morte. Non c’è più il mistero di Dio, la scommessa sulla fede, la contemplazione della morte, il destino dell’uomo, la sua memoria e le impronte, le eredità che lascia, e nemmeno il naturale decorso biologico ma la possibilità del singolo di tagliare la corda, di recidere il cordone della vita, come si recidono i cordoni ombelicali per mettere la mondo i neonati. La recisione ha un significato inverso, come inverso è ormai il canone odierno: non prelude alla nascita ma alla morte. L’eutanasia/suicidio è l’ultimo decisionismo dell’occidente; una decisione-recisione volta solo a negare, a sottrarsi, a trovare una via di fuga individuale. Autonomi nella negazione, libertà come facoltà di morire.
Fino a pochi anni fa l’unica sfida alla morte, riconosciuta e rispettata, era morire per un motivo che fosse più importante della nostra vita individuale: morire per testimoniare la fede, come facevano i martiri, morire per la patria, come facevano gli eroi, morire per l’onore, per i propri cari o per una Causa che trascende la vita singola. Perché la vita personale era meno importante rispetto a principi, valori, legami che sopravvivevano al destino dei singoli individui. Inconcepibile oggi. Chi offriva la propria vita sapeva che la sua morte non coincideva col nulla, ma era solo la fine di una foglia, forse di un ramo, non dell’albero, con le sue radici e il suo tronco e le sue stagionali rinascite; la sua morte rientrava nel ciclo delle stagioni, in cui si rinnova la pianta.
Nessuno vuol rimpiangere quel mondo. Ma il fatto che oggi poniamo la questione solo a livello individuale e racchiudiamo la visione della morte nell’atto di andarcene in libertà, quando lo vogliamo noi e non quando lo dice la sorte, Dio o la malattia, è il tema del nostro tempo e ci investe profondamente e radicalmente. La scelta non divide solo i credenti dagli atei, ma chi crede che la nostra vita sia interamente nostra e chi invece ritiene che non fummo noi a decidere di venire al mondo, e non saremo noi a decidere di lasciarlo e a stabilire quando.
La piu’ triviale puttanata del secolo, come se il suicidio assistito fosse un gioco dadaumpa, invece di un servizio umanistico ad uso medico per chi ne ha bisogno veramente, ma in germania la democrazia civile vola…
"Mi piace"Piace a 4 people
Veneziani non ci scocciare allo stesso modo con cui ci hanno rotto le scatole i cultore della morte in diretta televisiva .
La propria fine ognuno la curi e tratti come vuole purché non diventi spettacolo e mercimonio dei media.
"Mi piace"Piace a 7 people
Pochi giorni fa un francese, un povero demente in divisa, ha avvisato la popolazione che i cari figlioli sono sacrificabili in guerra. Con linguaggi solo apparentemente diversi, è una via che vorrebbero percorrere alcuni altri disturbati mentali che sono ai vertici di varie istituzioni delle rispettive nazioni: reintrodurre la leva, rimpinguare gli arsenali e prospettare il peggio sono già atti di guerra. E notoriamente gli attori principali di una guerra sono centinaia di migliaia di giovani 20/30enni.
Ecco, i vari ministri o capi di stato che spingono per tale futuro, coadiuvati da un sistema mediatico altrettanto marcio, che tipo di testimonial sono?
"Mi piace"Piace a 10 people
Vabbè, alleggeriamo la situazione con un Fiorello – Mike Bongiorno e aneddoto sulle Kessler (rip)
"Mi piace""Mi piace"
Per quanto triste sia l’atto “visto da fuori” rimane udecisione personale di una vita dove non si è scelto autonomamente nemmeno come e se nascere ma anche dove, quando, in che famiglia, in quale estrazione sociale, in quale epoca, in quale stato e nemmeno con quale malattia ammalarsi in seguito. Nemmeno la propria intelligenza e di conseguenza le proprie possibilità. Si comincia a discerenere la realtà dopo un pò di anni e da li in poi sono c…i nostri. Le scelte future sempre condizionate dall’istinto di sopravvivenza. Pensandoci bene la scelta di morire è l’unica vera scelta in una vita dove si sa che la conseguenza sarà solo una e per sempre. Senza ricordi malinconia o pentimenti.
Probabilmente la scelta delle Kessler era dettata dall’amore una per l’altra e in quel senso è pure romantico. Oggi leggo che Veneziani ha deciso che pure la morte non può essere una scelta personale ma quella di un Dio o la sorte o una malattia e magari, se potesse, le manderebbe pure all’inferno. Per punizione. Perchè è scritto dalla nascita che non siamo mai noi a decidere.
"Mi piace"Piace a 6 people
Eh niente…questi intellettuali di destra non riescono a trattenersi dal voler decidere come dobbiamo vivere, in cosa dobbiamo credere, chi dobbiamo amare ed infine come dobbiamo morire!
Di conseguenza il governo italiano attuale ne è ,evidentemente, specchio e lente d’ingrandimento insieme.
"Mi piace"Piace a 5 people
Un cincinin di caxxi propri non ce la facciamo proprio a farceli?
"Mi piace"Piace a 4 people
Che cazzate a volte tocca leggere. Perfino con un titolo indecente e irrispettoso. Si mischia il varietà con la vita privata. E si esalta la morte per atto eroico o per volontà divina. Ben venga invece chi, consapevole di non poter scegliere se e dove nascere e come e quando morire, fa una scelta responsabile sostenuta da uno stato civile.
"Mi piace"Piace a 4 people
Essere o non essere, non è un dilemma che deve o può risolvere il wate(r) di Bisceglie, ma la persona che si pone la domanda. Comunque il wate(r) non ha il coraggio di scrivere le considerazioni fascistissime che accompagnarono , nel 1930 la redazione del reato di ‘istigazione al suicidio’, che di seguito riassumo sommariamente, per carità di patria: la vita dei sudditi appartiene allo stato e aiutare un regnicolo a privarsene, significa sottrarre una risorsa, un soldato alla patria.
Se invece la vita è un dono di un dio, non un usufrutto quindi, ognuno potrebbe disporne come meglio crede, visto che in Italia vige l’articolo 32 della costituzione. Lui, il wate(r), per intanto, andasse a mori’ ammazzato.
"Mi piace"Piace a 3 people
Ma Marcellino, non hai proprio nessun altro argomento da trattare, se non la legittima volontà di due anziane sorelle tedesche? Tutto bene a palazzo Chigi e qui da noi per un fratello d’Italia orbo come te?
"Mi piace"Piace a 3 people
Non mi ritengo in grado di commentare un simile gesto, né in un senso né nell’altro. In casi come questi mi viene sempre in mente una famosa frase di chi non ricordo: “il suicidio è una soluzione definitiva ad un problema temporaneo“
"Mi piace"Piace a 1 persona