(di Marcello Veneziani) – L’Italia, grazie a Dio, conta poco o nulla. Non siamo in guerra, non siamo mediatori, non siamo partner di particolare peso e rilievo. Nessuno si aspetta le nostre decisioni, i nostri pronunciamenti, siamo parte di un mondo a sua volta poco rilevante, comunque marginale, che si chiama Unione Europea. Non abbiamo bombe atomiche né sontuosi apparati militari, non abbiamo strumenti di dissuasione, se non logorroici politicanti e imbonitori, anche se c’è sempre il rischio che vengano coinvolti i nostri militari nella regione, per esempio in Irak, o che venga fatto un ponte di rifornimento delle armi made in Italy o che si usino le basi italiane della Nato per incursioni di guerra. Ma per una volta, godiamo il nostro statuto di nazione minore e minorenne, periferica, non superpotenza né potenza; un paese piccolo, esile, appeso e pendulo come un corno portafortuna nel laghetto Mediterraneo. Molte volte la nostra salvezza è stata quella di confondersi nel gruppo, di non stare né in testa né in coda, tra i più decisi o tra i più riluttanti; ed è stata quella la nostra salvezza a lungo, oltre la strategia dei due forni, o del doppio gioco, che a volte ci ha salvato non l’onore né la dignità ma quantomeno le chiappe e la pellaccia. Mi sembra che siamo tornati lì o forse non ci siamo mai mossi da lì.

I cartoni animati della sinistra gridano ogni giorno contro Giorgia Meloni attribuendole un’importanza strategica internazionale che obiettivamente non ha e non per colpa sua. Scoppia una guerra e che fa la Meloni? Massacrano a Gaza e che fa la Meloni? Ma che volete che possa fare, la poverina, quale moral suasion può esercitare se non sbattere gli occhioni… In realtà quasi tutto di quel che incolpano la Meloni, è semmai latitanza dell’Europa intera, sia dell’Unione che dei principali stati membri. L’Italia che non si decide, non prende posizione, barcolla e fa il pesce in barile è da un verso lo specchio esatto dell’Unione europea e dall’altro è la fotografia precisa del centro-destra come del centro-sinistra (in questo perfino i grillini sono più lineari e addirittura più coerenti; i 5stelle, è tutto dire): sospesi tra riarmo e disarmo, tifo e distanza neutrale, condivisione senza partecipazione.

E la Meloni che fa? continuano a domandare gli inquisitori che ormai attribuiscono per parentela politica ogni nefandezza di Netanyahu e di Trump a lei (lasciatemi un sospiro tra parentesi: dalla destra internazionale ci guardi Iddio). Ma cosa volete che faccia, che margini di azione ha, quali sono i poteri e le forze di cui dispone? Meloni fa esattamente quel che fa Mattarella e che avrebbe fatto al governo un Letta, un Gentiloni, un Prodi, un Draghi e i loro avanzi. Cambiano le sfumature, i modi di comunicare, l’indole e magari il ceto, borgata o ztl. Accucciati, allineati, tra mezze parole e mezzi sostegni, fingono di sbrigarsela dicendo che l’Iran non dovrebbe avere l’atomica o altre banalità del genere, salvo il fervorino finale, però mi raccomando, ragazzi, non fatevi male, parlatevi almeno…

A proposito di Mario Draghi, è sorprendente il suo attivismo in questi giorni, le sue visite ripetute al Quirinale, il suo pendolarismo internazionale; grand commis non si sa bene per conto di chi e per che cosa…

Ormai da tempo la parola d’ordine in Europa è riarmo. Forza, riarmiamoci. Dopo fiumi stucchevoli di pacifismo, eccoli lì tutti a parlare di armi, guerra e bombardieri. Non ci sta attaccando nessuno ma noi crediamo di essere, o perlomeno diciamo di essere, l’obbiettivo finale degli attacchi russi, iraniani, e d’ogni altro tipo. Ci sentiamo al centro della scena anche se poi ci comportiamo come se stessimo sul loggione, penultima fila. E se l’Europa parla solo di riarmo, la parola d’ordine di Trump, che pure era partito con buone intenzioni, con la missione di imporre la pace nel mondo, è ora guerra, vediamo un po’ se bombardare oppure no, intanto complimenti a Israele, e voi nemici state attenti, o vi arrendete senza condizioni o vi distruggiamo, per il momento non ammazziamo Khamanei ma sappiamo dove si nasconde…non hai scampo, vecchio barbagianni. Poi magari al posto suo arrivano i Pasdaran e la situazione certo non migliora.

Ma oltre lo scenario mediatico, ossia sotto la rappresentazione ad uso spettacolo globale di guerre vere e imminenti, si può notare uno strano attivismo. È la sorprendente riconversione militare del regno degli affari, la trasmutazione della speculazione finanziaria in armi, bombe e droni, come ieri in farmaci e vaccini, o in sistemi di sorveglianza multimediale e multinazionale. Quest’occidente in preda al delirio di armi & bombe riesce pure nel miracolo di far passare per un mite, equilibrato, signore quel XiJinPing, che guarda il mondo come un Gatto Mammone e Sornione, impassibile e paziente, senza mai una posizione sopra le righe, mai un cenno di rabbia o di insofferenza. Aspetta il cadavere sulla sponda, come un antico cinese. Sarebbe bello capire se questa corsa alle armi e ai conflitti, alle decapitazioni di stati e vertici militari, eliminazione di scienziati e progettisti, rientri in una nuova fase dell’establishment mondiale che starebbe in questo modo tenendo per il ciuffo, per non dire di peggio, lo stesso Trump, rendendolo alla fine un ariete di sfondamento, un gallo cedrone al servizio della Causa loro. Non vedo la difesa dell’Occidente in tutto questo, ma un disegno di potere, di volontà di potenza, una filiera che transita dalla finanza alla geoeconomia, e dalla strategia militare ad altre strategie tecno-industriali, più vari coinvolgimenti. L’informazione è vistosamente in balia delle controinformazioni pilotate dai servizi segreti, servizi di intelligence cioè di spionaggio. Girano certi patacconi, foto montaggi, servizi strappalacrime, incubi tra la realtà e la fiction…

In tutto questo inferno rateale, che si snoda tra la Russia, l’Ucraina, l’Iran, l’Israele e la Palestina, via Usa, l’unica nota positiva che riusciamo a trarre, con un atto di piccolo egoismo, proviene da una condizione negativa: per una volta, è una fortuna che l’Italia conti poco nel mondo, o se preferite una versione meno brutale, che l’Italia conti molto solo per gli italiani e che il nostro unico, debole ombrello atomico si chiama Papa. In questo momento è l’unico americano che ci protegge davvero, almeno in cielo.