
(di Marcello Veneziani) – Il primo e unico consiglio che vorrei dare a Giorgia Meloni che oggi vedrà Donald Trump è quello di non accettare consigli. Ne ho letti di pelosi e di penosi, che avrebbero come unico effetto quello di renderla odiosa agli occhi di Trump, rendendo infruttuosi i colloqui e negativi gli effetti. Se si tratta di litigare, meglio mandarsi a quel paese restando nel proprio; inutile attraversare l’Atlantico per chiedere di persona a Trump di non essere Trump.
Non entrerò dunque nel merito delle cose che discuteranno l’uomo più odiato del mondo e la donna più vilipesa d’Europa dopo la dichiarazione trumpiana su coloro che vanno a trovarlo e sulle pratiche in uso per ingraziarsi la sua benevolenza. E di quello che riuscirà a portare a casa.
Mi soffermerò invece su due questioni preliminari di fondo.
La prima riguarda il personaggio Trump. Non sappiamo come andrà a finire la parabola dei dazi, e quali effetti sortirà, non solo immediati; nessuno davvero lo sa, chi si spinge nelle previsioni catastrofiche vede solo con l’occhio dei suoi pregiudizi. Sospendendo dunque il giudizio sui dazi, soffermiamoci invece sulle linee di fondo. La premessa è che Trump sta facendo saltare gli schemi precedenti, sta introducendo nuovi paradigmi e nuove priorità, e questo non possiamo dire a priori se sia un bene o un male. Possiamo invece dire che è un male per chi giudicava la situazione di ieri come la migliore e comunque l’unica possibile; un bene per chi voleva invece cambiare, e noi siamo tra questi.
Il primo effetto di questa svolta è il ritorno prepotente – è l’aggettivo giusto – della politica come luogo primario della sovranità e della decisione. L’economia e la finanza, ma anche la tecnica e gli apparati burocratici e militari, si rivelano oggi dipendenti dalla decisione politica più che in passato: è una rivoluzione, dopo che per anni il rapporto prevalente è stato piuttosto l’inverso. Non sappiamo come avverrà, in che modi, in che tempi e con quali effetti, ma dal nostro punto di vista è già un fatto positivo. L’uomo riprende il sopravvento sul processo, il leader eletto dal popolo sull’establishment. E non solo: l’economia reale riprende la sua priorità rispetto all’economia finanziaria; si capovolgono i ruoli, l’una determina l’altra, più che l’inverso.
Il secondo effetto è che Trump frena e rigetta il modello della globalizzazione; non l’interdipendenza dei mercati e dei paesi, che resta inevitabile ormai ma la globalizzazione come modello unico e generale di riferimento. Fino a vent’anni fa la globalizzazione coincideva con l’occidentalizzazione e l’americanizzazione del pianeta, ma ora sta diventando la cinesizzazione e l’asiatizzazione del mondo, che per ragioni demografiche, costi infimi di produzione, manodopera sfruttata a basso costo, è ormai vincente sul piano globale. È giusto, non solo per gli Stati Uniti, frenare questo processo, porre dei limiti, proteggere le nostre economie. Ancora una volta non sappiamo come, con che efficacia, con quali effetti collaterali, con quale rapporto tra danni e benefici, ma è quel che sta facendo Trump. La direzione, dal punto di vista italiano ed europeo, mi sembra condivisibile. La svolta di Trump restituisce un ruolo agli Stati nazionali e alle economie nazionali.
Il terzo effetto invece riguarda il suo “ritorno al reale” e al senso comune contro la dominazione woke, tra political correctness e negazione ideologica della realtà, della storia, della natura, della tradizione dopo decenni di egemonia radical-progressista. La cosa dispiace alle oligarchie dei paesi occidentali, alle minoranze intellettuali, ai media o ai movimenti femministi, antirazzisti e lgbtq+, ad alcuni settori della finanza; ma non dispiace a larga parte dei popoli e a chi la pensa come noi.
Poi, certo, c’è l’aspetto sgradevole, se non insopportabile, del trumpismo: i modi grezzi, la prepotenza come atteggiamento di fondo, la rozzezza nel linguaggio e la protervia padronale, la sua volubilità e imprevedibilità. Ma a volte la storia “si serve” di agenti anche eccentrici, per non dir di peggio, per i suoi rovesciamenti, i suoi cambi di percorso, la sua eterogenesi dei fini.
Aggiungo un auspicio. Magari la posizione di Trump servisse a far nascere un vero spirito europeo, un vero amalgama europeo e una vera indipendenza dell’Europa dall’Atlantico, riscoprendo il suo ruolo geopolitico centrale, tra Atlantico e Urali, tra Occidente e Oriente.
Qui veniamo alla seconda questione, che riguarda invece la Meloni. La posizione filo-americana della Meloni, obiettano gli osservatori che improvvisamente danno importanza alla coerenza ideologica da cui si sono distratti per molti anni, non è una contraddizione con la destra sociale e nazionale da cui proviene?
Se è per questo il suo filo-americanismo era già attivo con Biden, ma quando si trattava di blandire – per non usare le espressioni più volgari usate a proposito di Trump – il presidente dem andava bene. Ora invece riguarda Trump ed è servilismo filo-americano. In realtà non è filoamericana la Meloni ma ogni governo italiano è stato tale per statuto. Siamo stati sempre una mezza colonia e i pochi che si sono un po’ discostati sono finiti male. Non c’è mai stato un governo italiano che non fosse filoamericano per definizione; perfino il “sovietico” D’Alema al governo lo fu, e portò per la prima volta l’Italia in guerra, in Serbia, (con Mattarella suo vice) seguendo la linea degli Usa di Clinton. Non si va al governo in Italia senza quell’opzione preliminare, neanche lei ci sarebbe mai arrivata. Ma per la destra non è dunque un tradimento rispetto alla posizione critica verso gli Stati Uniti e l’americanizzazione del mondo? In realtà, la linea politica della destra negli anni è stata plurale e assai pragmatica. C’è sempre stata una destra atlantista, anticomunista e liberalconservatrice in conflitto con una destra nazional-europeista, social-tradizionale e sostanzialmente antiamericana. E nel mezzo c’è stata anche una destra pragmatica che preferiva Nixon ai kennediani, i repubblicani ai dem e c’è una destra cristiana, tradizionalista e conservatrice che ama l’America neocons, che legge Russel Kirk e altri autori, fautori della tradizione. Perfino Pino Rauti che rappresentava nel Msi la destra ideologica più critica verso l’americanizzazione, nel suo breve periodo di segreteria, schierò il Msi a fianco degli Usa nella guerra contro Saddam Hussein. Non confondiamo gran parte di quella che un tempo fu definita “cultura di destra” con le posizioni politiche della destra: ogni volta che la destra ha contato qualcosa si è schierata a fianco degli Stati Uniti nel nome dell’occidente e dell’anticomunismo. La posizione culturale critica verso l’americanizzazione dell’Europa e del mondo non appartiene del resto solo a una destra di derivazione nazionalista e fascista o di impronta antimoderna, come quella che si ispirava a Evola e Guénon: da Simone Weil ad Augusto del Noce, da Emmanuel Mounier e Jean-Marie Domenach a Pierpaolo Pasolini, fino all’ultimo Solgenitsin, fu assai variegato il fronte critico nei confronti dell’americanizzazione. Per non parlare di Heidegger e perfino del liberale Ortega y Gasset.
La Meloni proviene dalla destra social-patriottica, identitaria e nazional-europea ma come tutti i soggetti politici in campo, si adatta alle situazioni, ai sondaggi e all’imperativo assoluto di difendere la vita del suo governo. Fa politica, è realista, mira ai risultati, non alla coerenza e tantomeno ai principi. Del resto, non vedo coerenti idealisti da nessuna parte; e i pochi che restano sulle posizioni di prima vengono ridicolizzati dai media per il loro grottesco e anacronistico star fermi sulle posizioni del millennio precedente. E ora godetevi il cartoon, Il gigante e la bambina…
ANTIAMERICANAAAA????? hahahahah.. anche oggi una puntata delle Comiche Italiane!
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Infatti:
“E’ una persona eccezionale”, ha detto il presidente Usa alla presidente del Consiglio. “Giorgia Meloni mi piace molto, è una dei veri leader del mondo. Una premier eccezionale e sta facendo un lavoro eccezionale in Italia”, ha detto Trump.
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E adesso la Vonder deve stare attenta…perchè le frega la poltrona!
hahahha… avanti con i dazi ,ma soprattutto il 2% per gli armamenti per assicurare l’acquisto di armi USA…. l’antitrump hahahahahaha!
Ma smettete di scrivere fesserie!
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Io me lo immagino come treesome:
Meloni in equilibrio con Trump davanti e Musk dietro. 😀
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