Vince l’idea che consumare rende ricchi, a costo di ritrovarci senza un Pianeta

(MARIO TOZZI – lastampa.it) – Esattamente 70 anni fa, nel 1955, la rivista statunitense Life titolava “Vita usa e getta”, a testimoniare quanto le materie plastiche fossero entrate prepotentemente nelle nostre vite. Per la prima volta un oggetto poteva essere acquistato a un prezzo più basso di quello che sarebbe costato ripararlo. A partire da quegli anni, la spirale dell’usa e getta ha consumato le risorse e colonizzato le coscienze degli umani, oltre ad aver sozzato ogni decimetro quadrato del pianeta.

Intendiamoci, non che le plastiche siano soltanto materia dannosa, ma sono un investimento energetico e tecnologico talmente alto da dover meglio essere riservate solo a strumenti e oggetti di utilizzo sofisticato in medicina oppure nella ricerca avanzata. E sono pur sempre fatte con il petrolio. Per il resto concretizzano un paradosso, soprattutto da quando venne formalizzata la sintesi polimerica che utilizziamo quotidianamente e che possiamo concretizzare nell’invenzione del Moplen, pubblicizzato da un inimitabile Gino Bramieri nei Caroselli del tempo (“…Ma, signora, guardi ben, che sia fatto di Moplen…”). Con un indiscutibile atto di genio, Giulio Natta (unico premio Nobel per la chimica italiano nel 1963) aveva inventato il solo materiale che dio aveva dimenticato di creare.

Fu un successo (commerciale) planetario che, però, conteneva un germe pericoloso per gli interessi dello stesso mercato cui era destinato: era indistruttibile (almeno in teoria), quindi si acquistava una volta per sempre. Ma il pericolo fu neutralizzato in pochi anni: quelle plastiche, in teoria fatte per durare per sempre, venivano utilizzate, invece, per costituire oggetti che siamo indotti/costretti a gettare dopo l’uso. Il genio del male del capitalismo aveva colpito ancora. Ed è esattamente questo il genio di Donald Trump, che, in uno dei suoi decreti esecutivi, abolisce le cannucce per bere di carta riciclabili, che a suo dire non funzionano, per ripristinare quelle in plastica usa e getta, buttando nel cestino (è il caso di dirlo) anni di duro lavoro per far capire come il progresso di una civiltà non si misuri in quanto getta via, ma in quanto è capace di ri-usare, ri-ciclare e ri-parare. E dimenticando che esistono già in commercio cannucce in vari materiali perfettamente riciclabili e lavabili che fanno risparmiare e non inquinano.

Con quel decreto Trump celebra la plastica, un materiale a contenuto tecnologico incommensurabile rispetto ad ognuno dei materiali naturali, e anche a quelli artificiali, fino a oggi creati. È un materiale agile, che corre, vola e nuota. Ma che, nello stesso tempo, è straordinariamente resistente, non si scioglie e non si corrode. A meno di non trovarsi in mare, dove le plastiche hanno iniziato a rilasciare sostanze contaminanti a lungo termine, producendo molecole di polimeri che rimangono sostanzialmente intatte per secoli. E interagiscono con tutti gli organismi marini, che ormai le stanno incorporando.

Ecco, in quel decreto e in quell’atteggiamento c’è l’inganno tecnologico rivelato in tutto il suo portato devastante: quella tecnologia apparentemente ti semplifica la vita, ti tira perfino via dalla povertà e senza conseguenze personali, nell’immediato, da pagare. Peccato che poi il prezzo lo paghi l’intero pianeta e, in ultima analisi, l’umanità stessa, convinta, però, di aver progredito.

Ma cosa ne sarebbe del nostro mondo senza plastica? In pratica torneremo all’età della pietra: non ci sarebbero pc né smartphone, né mobili da giardino o canne da pesca, per non dire delle stoviglie, gli accessori dell’arredamento e delle autovetture, le sedie, i tavolini, i dvd, le penne, le bottiglie. Dunque basta utilizzarla in maniera appropriata e, se il suo accumulo diventa un problema, raccoglierla in modo differenziato perché venga riciclata, così la terremo sotto controllo. Le cose non sono evidentemente andate così, nonostante ci ripetano che il problema sono le persone, non la tecnologia (semmai il suo uso sbagliato).

Non credo che a Trump interessi minimamente riciclare la plastica, né che rifletta sul fatto che è difficile discernere la tecnologia utile da quella inutile e dannosa, perché la tecnologia avanza tutta insieme o non avanza affatto. E dunque avanti con le insostituibili valvole cardiache, ma pure con le sostituibili cannucce e ci teniamo la plastica e pure il senso di colpa (sarà woke?) di non saper riciclare abbastanza bene. E certo non gli viene il dubbio che si potrebbe ancora fare come si faceva una volta con il vuoto a rendere e che non è che siamo più ricchi e moderni perché buttiamo ogni cosa dopo averla utilizzata una volta sola. Magari più americani, però.