(di Michele Serra – repubblica.it) – Invece di braccare i fagiani, il giovane pointer Cricket inseguiva le galline, con grave detrimento dell’onore venatorio della sua padrona cacciatrice. Che dunque lo ha eliminato sparandogli una fucilata, “perché andava fatto”.

Sarebbe solo una delle tante storie di brutalità e idiozia umana a discapito delle bestie, non fosse che la signora in questione è l’attuale governatrice del South Dakota, Kristi Noem, e ha raccontato l’esecuzione a freddo del suo cane in un libro autobiografico, con una certa fierezza: una specie di prova di iniziazione (a che cosa?), la dimostrazione che Kristi, di fronte alle difficoltà della vita, non arretra. Come un vero ometto.

Mal gliene incolse: un inevitabile putiferio politico e mediatico ha accolto il racconto, effettivamente ripugnante, dell’uccisione di Cricket. E poiché la signora Noem è una delle più accreditate candidate alla vicepresidenza — ovviamente al fianco di Trump — è fortemente possibile che questa storia le costi la candidatura. Per una ragione specifica: non esiste argomento più trasversale dell’animalismo, e sparare a un cane o a un gatto non solo è reato perfino laggiù nel South Dakota, ma genera uno stigma immediato, con grande rimbalzo sui social. Poi c’è una ragione più generale: il tasso di intelligenza di una persona che non solo ammazza il suo cane per futili motivi, ma lo racconta pure, è con ogni evidenza piuttosto basso. È probabile che questo secondo argomento, in una campagna elettorale, sia meno importante. Vale comunque la pena ribadirlo, inviando nel contempo un malinconico saluto a Cricket.