
(ALESSANDRO DI BATTISTA – ilmillimetro.it) – A volte è tutto così chiaro, basta solo unire qualche punto. «È vero, i Paesi della Nato e dell’Ue hanno esaurito le loro scorte per fornire aiuti all’Ucraina ed è stata la cosa giusta da fare, perché si tratta della nostra sicurezza. Ho sempre detto che tra rispettare le linee guida della Nato sulle scorte di armi o sostenere l’Ucraina è più importante scegliere l’Ucraina. Ora la soluzione è aumentare la produzione di armamenti e i ministri della Difesa della Nato hanno preso la decisione di aumentare lo stock». Distratti dall’effimero spesso si dimentica l’essenziale. Queste parole le ha pronunciate il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg lo scorso 10 gennaio. Mentre di recente il Sipri (l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) ha pubblicato i dati relativi alle spese militari del 2022. È stato un anno record! In tutto il mondo sono stati spesi 2240 miliardi di dollari – più o meno il PIL dell’Italia, ottava economia mondiale – nel settore difesa. Si tratta di una cifra mostruosa. Gli Stati Uniti guidano la classifica globale con 877 miliardi di dollari spesi. Molto più dell’intero prodotto interno lordo della Svizzera. Il dramma è che tale cifra è stata spesa dopo la tragedia del Covid, quella pandemia che appare così lontana nel tempo, che avrebbe dovuto spingere gli stati ad investire nel sistema sanitario nazionale, in ricerca, nelle infrastrutture e nelle tecnologie necessarie per favorire il decentramento urbano. Al contrario siamo ripiombati così velocemente in una guerra fredda sempre più calda e potenzialmente catastrofica. Difficile credere che si sia trattato di un caso. Julian Assange, uno dei migliori giornalisti del secolo, un uomo che sta marcendo in carcere per aver svelato i crimini dei potenti, mentre quei potenti che li hanno commessi si godono maxi-pensioni, consulenze e nipoti in ville, ranch e panfili disseminati in mezzo mondo, nel 2011, poche settimane prima dell’inizio del suo calvario, a proposito della guerra in Afghanistan disse: «L’obiettivo è una guerra eterna, non una guerra di successo. L’obiettivo è utilizzare l’Afghanistan per riciclare denaro delle basi fiscali degli Stati Uniti e dei paesi europei attraverso l’Afghanistan e riportarlo nelle mani delle élite della sicurezza transnazionale». Traduzione? Trasferire le tasse dei cittadini europei e nordamericani dai bilanci degli stati direttamente all’industria bellica, o meglio al complesso militare-industriale, in particolare quello nordamericano. Bene, adesso sostituiamo la parola Afghanistan con Ucraina. A questo punto andrebbero rilette le parole di Stoltenberg.

Il business è la guerra eterna – Un conflitto finanziato dai cittadini
Da mesi ormai russi e ucraini si sparano addosso come fossero i soldati in trincea durante la Prima Guerra Mondiale. I russi controllano una porzione significativa del territorio ucraino (quasi il 20%, un territorio vasto quasi quanto il Portogallo) mentre Zelensky ed i suoi uomini più stretti lamentano di non aver a disposizione le armi necessarie per organizzare la pluri-annunciata controffensiva finale. Questo nonostante la mole di armamenti arrivata a Kiev sia stata assolutamente massiccia tanto che si sarebbero esaurite, a detta di Stoltenberg, le scorte dei paese dell’Alleanza Atlantica. E se le scorte finiscono occorre fare magazzino. Tanto pagano i cittadini con le proprie tasse, mica i vari Biden, Stoltenberg, Macron o Borrell. Per loro (o per i loro familiari) mal che vada, una consulenza assicurata dai colossi delle armi – o, per rendere un eventuale scandalo un po’ meno scandaloso, da qualche banca d’affari o fondi di investimento – ci sarà sempre. Negli anni successivi alle crisi finanziarie si è assistito all’ignobile fenomeno delle porte girevoli tra politica (in particolare i politici che si sono occupati di economia, finanza e titoli derivati) e le banche d’affari. Solo in Italia quattro degli ultimi dieci ministri dell’Economia e delle Finanze (Vittorio Grilli, Domenico Siniscalco, Fabrizio Saccomanni e Pier Carlo Padoan) hanno trovato lavoro nelle banche private. Ma tale fenomeno non si può circoscrivere soltanto all’Italia. José Barroso, Presidente della Commissione europea dal 2004 al 2014, gli anni delle innumerevoli crisi finanziarie, degli aggiustamenti strutturali o delle manovre lacrime e sangue, dal 2016 è presidente non esecutivo e advisor della banca d’affari Goldman Sahcs. La stessa banca dove hanno lavorato tre degli ultimi nove presidenti del Consiglio prima di entrare a Palazzo Chigi. Mi riferisco a Prodi, Monti e Draghi. Oggi è più che mai l’industria bellica a dettar legge e non c’è altro modo per sostenerla che una nuova corsa al riarmo spinta da quella Terza Guerra Mondiale a pezzetti, per usare un’espressione di Papa Francesco, e dall’incapacità (o la mancanza di volontà) da parte europea di lavorare su pace e negoziati. Se poi consideriamo quanto la grande finanza sia ormai interconnessa all’industria bellica, abbiamo unito i punti e possiamo comprendere quel che sta accadendo in Ucraina e non solo in Ucraina. Guerre durature, non guerre di successo, ovvero le migliori garanzie per chi fa affari con le armi.
Il business è la guerra eterna – L’industria delle armi
A proposito di fabbriche di armi, le prime cinque al mondo sono nordamericane. Paliamo della Lockheed Martin, della Boeing, della Northrop Grumman, della General Dynamics e della Raytheon Technologies. La sesta, la BAE Systems è britannica. Sarà un caso ma i due paesi che spingono di più al mondo sull’invio di armi a Kiev e, dunque, sul prolungamento del conflitto sono, per l’appunto, Stati Uniti e Gran Bretagna. Per intenderci alcune delle armi che avrebbero dovuto garantire una svolta al conflitto in Ucraina (così ci avevano detto) sono prodotte proprio da questi colossi bellici. I razzi FGM-148 Javelin, che a detta de La Stampa (11 marzo 2022) avrebbero dovuto cambiare le sorti della guerra, vengono prodotti in collaborazione dalla Lockheed Martin e dalla Raytheon Technologies. I lanciarazzi multipli Himars, che a detta di Adnkronos, avrebbero cambiato le sorti della guerra (23 giugno 2022) sono un prodotto USA e britannico. Nello specifico la BAE ha inizialmente progettato il telaio mentre il sistema di lancio è prodotto dalla Lockheed Martin, la più grande fabbrica di armi al mondo. I missili Patriot che nelle ultime settimane stanno arrivando a Kiev e che, a detta di La Repubblica, cambieranno la guerra (24 gennaio 2023) li produce la Raytheon Technologie. I tank M1 Abrams, carri armati di terza generazione promessi da Biden a Kiev e che certamente cambieranno le sorti della guerra quando (e se) arriveranno in Ucraina, sono stati progettati dalla General Dynamics. Adesso diamo uno sguardo ai principali azionisti dei colossi delle armi. I primi tre investitori istituzionali della Lockheed Martin, con rispettivamente il 15%, il 9% e il 7% delle azioni, sono State Street Corporation, Vanguard Group e BlackRock, tre immensi fondi finanziari americani. BlackRock, tra l’altro, è la più grande società di investimenti del pianeta. Gestisce quasi 8000 miliardi di dollari, quanto il PIL della Germania, della Francia e dell’Italia messi insieme. E sempre Street Corporation, Vanguard Group e BlackRock (in più c’è Newport Trust, altra società americana) sono i principali azionisti di Boeing. E ancora una volta Street Corporation, Vanguard Group e BlackRock risultano essere i tre principali investitori istituzionali di Raytheon Technologies.

Il business è la guerra eterna – Interessi e bugie
Non tutti i cittadini europei conoscono nel dettaglio tali informazioni. Se così fosse, probabilmente, in molti si ribellerebbero alla folle strategia che sta consumando giorno dopo giorno l’Ucraina e l’Europa intera. Persino coloro che si lasciano inebriare dalla propaganda bellicista si farebbero alcune domande. Una propaganda che funziona sempre meno ma che funziona ancora. Altrimenti media e politica non spingerebbero così forte. Negli ultimi mesi oltre a volerci far credere che ad ogni nuovo pacchetto di armi sarebbe seguita una svolta nel conflitto, che le sanzioni durissime avrebbero fatto crollare l’economia russa e che l’esercito di Mosca fosse composto da un branco di incapaci e potenziali disertori costretti a combattere con le pale (La Repubblica, 6 marzo 2023), hanno provato a convincerci che le scorte di missili russe fossero ormai praticamente esaurite. L’11 ottobre del 2022 La Stampa pubblicava un pezzo con questo titolo: “Soldati esausti, i missili stanno per finire”. I missili stavano per finire anche il 18 ottobre scorso per l’HuffPost:“L’intelligence USA è sicura, la Russia sta finendo i missili”. Anche per il Messaggero (22 novembre 2022) le scorte di missili russi stavano terminando: “Ne restano solo per tre attacchi”. Purtroppo, dal 22 novembre scorso ad oggi gli attacchi sono stati decisamente più di tre. Anche per Il Giornale, Putin era in procinto di terminare i missili (5 maggio 2022). Evidentemente i russi si saranno messi tutti a fabbricarli. Oppure ci hanno raccontato un mucchio di balle per convincerci che questa guerra fosse uno scontro di civiltà, una lotta tra il bene ed il male (come del resto la guerra in Afghanistan quella in Iraq o quella in Libia), che Putin fosse il nuovo Hitler e che la vittoria fosse imminente. Al contrario si trattava (e si tratta ancora) dell’ennesima guerra duratura combattuta, o favorita, per interessi che nulla hanno a che vedere con gli scontri di civiltà. C’è di mezzo, ancora una vota, il vile denaro, lo strapotere della finanza e l’assenza della politica. Nulla di nuovo, insomma, sul fronte occidentale. Anzi sì, qualcosa di nuovo c’è. Oggi la sola grande potenza che osa pronunciare le parole pace, negoziato, accordo, compromesso, è la Cina. Nessuno dalle nostre parti si azzarda a ricordarlo. Figuriamoci. Dopo la Russia sarà Pechino il nemico da abbattere. Il problema è che all’estero la prendono sul serio eccome. Anche paesi teoricamente alleati dell’Occidente come l’Arabia Saudita. Grazie alla diplomazia cinese, Iran e Arabia Saudita, che da anni utilizzano lo Yemen per farsi la guerra, hanno riallacciato le loro relazioni. I primi a gioire sono i cittadini yemeniti che sperano di poter campare più serenamente nei prossimi anni o, banalmente, di poter guardare il cielo senza il terrore di vedere arrivare un missile. Missili che non hanno fatto notizia negli ultimi anni, ma morti sì. D’altronde gli yemeniti vivono lontano e per qualcuno sono meno importanti degli ucraini perché – un po’ come i palestinesi – hanno un colore di pelle diverso dal nostro ed un’altra religione. Eppure, anche la guerra in Yemen era (e speriamo che non lo sia più) una guerra duratura. Ovvero l’eldorado per chi fabbrica strumenti di morte. Ad ogni modo è stata la Cina a ridare un briciolo di speranza a quella gente. La Cina e non l’Europa. Europa divenuta un protettorato USA. Per i popoli europei è e sarà un dramma, ma le classi dirigenti qualche briciola sotto al tavolo la troveranno. Assieme a tonnellate di vergogna, se sono ancora capaci di provarla.
Categorie:Alessandro Di Battista, Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Caro Alessandro mi permetto di darti un consiglio, continua a fare questo lavoro di giornalista d’assalto e non ti fare invischiare nella tela del ragno.
Continua a darci contributi veri, almeno io te ne sarò grato.
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Fuori tutti. Fuori tema.
Un cervello grande così.
Una scatola cranica capace di contenere un cervello grande così, così grande.
Così inutile.
Intorno, come satelliti, le scimmie di Darwin seggiolini di un infinito calcinculo, girano.
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Grazie Diba…. vale più un tuo scritto che qualche azione di politico.
Cert unire i puntini….ma chi lascia i puntini da unire? Nessuno…. A kabul nel TG di ieri al commentatore è scappato detto che ci sono gli USA che sonmo attivi per chiedere il cessate il fuoco…e te pareva che non fossero pure lì, ma poi a che fare?
Gruppi paramilitari … infatti si chiamano tali perchè organizzati militarmente…. e le armi e glio indirizzi chi li da loro? Indovina indovinello….dove c’è Guerra C’è PROFITTO DEGLI usa!
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Tutto giusto, come sempre qundo parla (scrive) Di Battista, ma poi c’è, secondo me, da aggiungere un fattore essenziale, al funzionamento di questi meccanismi diabolicamente perversi: mantenere nel “popolo-bove” (e bove è una epiteto che uso con estremo disappunto, come sempre quando devo fare paragoni tra umani e altre specie) una condizione di costante paura e terrore. È fondamentale per piegarlo – spingendolo suo malgrado al diventarne affascinato demenziale sostenitore – al volere delle élite di cialtroni nazisti che guidano, ahimé, questo nostro ultraliberista e iperconsumista mondo occidentale. Una figata pazzesca, insomma. 😦
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Pur nutrendo enorme stima per la tua onestà politica(ti lascerei le chiavi di casa)
Caro dibba
ti stai avviluppando su te stesso in un ragionamento cacofonico,continuando a puntare su questo disco rotto.
Non puoi mettere i carri davanti ai buoi.
Non far passare,nel tuo scritto,il business come causa principale della strategia odierna del conflitto,
È sicuramente un effetto collaterale conosciuto e pompato a dovere per interessi finanziari.
Ma Può essere “volutamente e abbondantemente anche”ma non “esclusivamente per”. Causa necessaria non sufficiente.
E non puoi paragonare una guerra(la prima volta ) fatta per interposta nazione al tuo avversario militare numero 1 con una guerra in medio oriente.
Non si fanno questi giochetti del genere con certi avversari.
È stato a volte un limite,(la profondità di ragionamento),che ha condizionato anche la tua carriera politica all’interno dei recinti parlamentari.
La voglia di arrivare a trovare la soluzione in maniera pulita c’è però.
A mio avviso dovresti ribaltare il ragionamento: e solo allora troverai uno dei main goals della strategia yankee.
Nel tuo scritto vi sono tutti buoni argomenti ma non sono legati fra loro.
Però mettere nella stessa pentola e cuocere zucchine,carote,piselli,patate,mele,fragole e fichi (tutte primizie naturali bio dell’orto di casa)
Non farà un buon minestrone convincente per il palato “causa effetto”
Rimandato.
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Be che migliaia di miliardi siano finiti nelle tasche dei sempre più ricchi non mi sembra cosa da poco pensando che potevano essere spesi invece per gli ultimi nel mondo evitando allora si le guerre e le migrazioni forzate e popoli prigionieri come i palestinesi della striscia di Gaza che manco possono scappare
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Certamente,tutto giusto.
Ma il punto è un altro.
Secondo lei,gli americani hanno provocato questa guerra (contro la Russia…non certamente degli scappati di casa)e hanno intenzione di prolungarla il più possibile solo per arricchire determinate lobbies e fondi di investimento?Dibba dice di unire i puntini ed è tutto chiaro. A me sembra chiara un’altra cosa…
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Ec
far passare ,nel tuo scritto, il business delle lobbys armi come obiettivo e/o causa principale
No “ Non far passare,nel tuo scritto,il business come causa”
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Comincia pure a dire che non siamo paese sovrano
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Buon 25 Aprile con una “profezia” di Sandro Pertini !
🖋️ “Noi siamo contro il Patto Atlantico (ndr. NATO), prima di tutto perché questo Patto è uno strumento di guerra. (…) noi siamo persuasi che il Patto Atlantico è uno strumento di guerra.
Basterebbe leggere i giornali. Proprio su quelli di stamane ci si comunica che mai come oggi in Inghilterra si è constatata, dopo il Patto Atlantico, una così diffusa psicosi di guerra. Esso è quindi uno strumento di guerra per noi, ed abbiamo il dovere, perciò, di votare contro. (…)
Ma il nostro voto è ispirato anche ad un’altra ragione. Questo Patto Atlantico in funzione antisovietica varrà a dividere maggiormente l’Europa, scaverà sempre più profondo il solco che già separa questo nostro tormentato continente.
Non si illudano i federalisti – mi rivolgo ai federalisti in buona fede – di poter costruire sulla Unione europea la Federazione degli Stati uniti d’Europa; essi costruiranno una Santa Alleanza in funzione antisovietica, un’associazione di nazioni, quindi, che porterà in sé le premesse di una nuova guerra e non le premesse di una pace sicura e duratura.
Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica. Perché non dimentichiamo, infatti, come invece dimenticano i vostri padroni di oltre Oceano, quello che l’Unione Sovietica ha fatto durante l’ultima guerra. Essa è la Nazione che ha pagato il più alto prezzo di sangue. Senza il suo sforzo eroico le Potenze occidentali non sarebbero riuscite da sole a liberare l’Europa dalla dittatura nazifascista. Questo noi non lo dimentichiamo. (…)
Per tutte queste ragioni noi voteremo contro il Patto Atlantico. Sentiamo che votando contro questo Patto, votiamo contro la guerra e per la pace, serbando fede, in questo modo, al mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori.”
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▪ Sono passati quasi 75 anni dall’entrata dell’Italia nella NATO. Nel suo intervento al Senato del 27 marzo 1949, le parole di Pertini, pronunciate quasi trent’anni prima che diventasse Presidente della Repubblica, rappresentano non tanto una profezia, ma la perfetta lettura di quello che sarebbe accaduto nei decenni successivi e che vediamo oggi sotto i nostri occhi
➡️ Link al discorso integrale:
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-27…/82_49179/
➡️ Link al documentario di RAI CULTURA su Sandro Pertini: https://bit.ly/RAIculturaPertini
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