
(Andrea Zhok) – Pochi temi, anche vista l’intensità del bombardamento mediatico, sono così propensi a perdersi in una miriade di rivoli e distinguo, sono così inclini a suscitare accuse reciproche e sospetti.
C’è chi drizza le orecchie sospettoso non appena si parla di limiti alla crescita e tira fuori dalla cantina qualche impolverata critica a Malthus,c’è chi aggrotta la fronte irritato quando non ci si prosterna all’agenda green del global warming, tirando fuori l’ultimo pamphlet sull’apocalisse alle porte.
Proviamo perciò a metterla giù semplice, in termini di operatività politica, senza perdersi in troppi sottoproblemi che fanno perdere di vista gli obiettivi.
Come si fa a distinguere i soggetti sinceri dai farabutti, le strategie oneste da quelle telecomandate, le istanze costruttive da quelle a libro paga?
E’ semplice.
Si può usare come cartina tornasole l’ORDINE DEL GIORNO con cui si propone che i temi vengano affrontati.
Un ordine del giorno serio che discuta dei problemi della sostenibilità deve partire da due punti.
1) In primo luogo deve far piazza pulita dell’idea, cara al capitalismo, per cui ai problemi ecologici si può porre rimedio con soluzioni di mercato.
Quest’idea è il cardine di tutte le odierne operazioni di greenwashing. Si immagina che con qualche tassa sui consumi, con qualche incentivo ben piazzato, e poi lasciando fare alla creatività umana e alla libera competizione, per ogni problema ecologico si produrrà magicamente una soluzione tecnologica smart, facendo felici tutti: gli utenti e i detentori di capitale.
Questa però è una stupidaggine ipocrita e pericolosa.
In un sistema ad alta innovatività come quello della concorrenza capitalistica, riuscire ad identificare la causa di un problema ambientale, ecologico, organico, è l’eccezione, non la regola. Nel tempo in cui riusciamo ad identificare una causa e ad escogitare una soluzione, cento altri problemi sono all’opera senza che noi si abbia la più pallida idea di cause e soluzioni.
Ogni soluzione di mercato, anche quando fosse reale ed efficiente (cosa che raramente è possibile garantire per problemi di carattere sistemico) è sempre strutturalmente in immenso ritardo rispetto ai mille mutamenti turbolenti e scoordinati che il sistema genera costantemente.
Prendiamo un esempio di relativamente facile identificabilità. Noi sappiamo con certezza che epidemiologicamente condizioni patologiche gravi come l’autismo, i tumori, le malattie autommuni, ecc. ecc. sono da tempo in fase di diffusione esplosiva. Per ciascuno di questi problemi potremmo facilmente creare condizioni per una campagna emergenziale. Per ciascuno di questi problemi non abbiamo però nessuna chiara catena di imputazione causale, e forse non l’avremo mai o per decenni. Dunque visto che non ci sono prodotti sul mercato da fornire, queste emergenze non partono (e anzi, neppure le ricerche epidemiologiche che ne esaminano la dinamica sulla popolazione sono particolarmente curate). E questi problemi di salute, quasi certamente di origine ambientale, sono solo la punta dell’iceberg degli importanti problemi ambientali di cui potremmo occuparci.
Curiosamente oggi stiamo invece identificando come unico urgentissimo, inderogabile problema il “climate change”, in cui le difficoltà di imputazione causale sono enormi e le capacità di verificare l’efficacia delle soluzioni sono minime (dunque i margini di arbitrio sono massimi).
Qui ogni inizio di discussione seria deve mettere in crisi il modello di crescita obbligata che sta al cuore del capitalismo; se non lo fa il resto è fuffa.
2) Il secondo punto da cui deve partire una politica della sostenibilità ambientale seria è la consapevolezza che le differenze economiche massive nel mondo moderno sono, senza se e senza ma, differenze di POTERE.
Un cittadino ricco rispetto ad un cittadino che stenta ad arrivare a fine mese (o che non ci arriva proprio senza aiuti) non sono in un rapporto di potere affine, per quanto questo sia statuito dalla legge. Se litigano e il primo fa una causa per quanto temeraria al secondo, il secondo è finito.
Il primo può utilizzare il proprio reddito in innumerevoli forme di influenza mediata, può lusingare, promettere, assoldare, amplificando indefinitamente le proprie opinioni e volontà.
Il secondo è ricattabile in ogni istante.
Questo tipo di asimmetrie esistono tra individui all’interno di uno stesso stato così come esistono tra stati.
Finché il denaro è POTERE e le differenze di capitalizzazione sono abissali qualunque intervento che tocchi la parte bassa della catena alimentare capitalistica verrà, giustamente, rifiutato. E se all’interno di uno stato si può pensare di utilizzare la coercizione, all’esterno questo è sostanzialmente impossibile.
Dunque se qualcuno vuole prendere sul serio il tema della sostenibilità in termini di contrazione dei consumi o di limitazione delle ambizioni, il punto di partenza è uno e uno solo: la drastica riduzione delle differenze di potere economico (tra individui e tra stati).
Volete ridurre consumi e limitare la spinta acquisitiva della parte bassa della classifica? Benissimo, la prima cosa da fare, proprio solo per cominciare, è l’eliminazione di ogni “consumo vistoso” nei ceti affluenti. Finché ci saranno signori che si recheranno con il jet privato, chessoio, a Davos a predicare l’austerità per il bene del pianeta, l’unica risposta civile che possono ricevere è un garbato vaffanculo. E questo non è populismo, questo è realismo e senso di preservazione.
Se l’uomo con l’arsenale pensa che troppe armi nel mondo siano un problema, non può cominciare col chiedere all’inerme di consegnare il temperino. Certo potrà provare a costringerlo con l’arsenale, ma si aspetti di veder volare parecchi temperini.
Dunque, in sintesi, se qualcuno dei magnifici esemplari delle elite benpensanti vuole portare avanti seriamente la sua agenda per la sostenibilità e il bene del pianeta, va benissimo. Per valutarne la serietà bisogna vederne le priorità.
Se la priorità che porta avanti è la rinuncia alle “soluzioni ecologiche di mercato” e la drastica riduzione della forbice reddituale tra nazioni e tra cittadini all’interno della propra nazione, ha i titoli per essere preso su serio.
Se sbamba di miracoli tecnologici, risposte di mercato e ascetismo dei poveri, sappiate che avete davanti un cacciapalle.
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Ridurre le disuguaglianze?
Non si può.
Evitare la guerra?
Non si può.
Evitare il deterioramento climatico?
Non si può.
Ma c’è qualcosa che riusciamo a fare?
(Che non siano pippe, ovvio).
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Hi hi hiiii… CIAO UNTU!
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Poesia inversa
Danno molto fastidio .
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La chitarra è andata, corde rotte, corde scambiate per una musica Soltanto stonata.
La prigione di cristallo si è rotta, infranta in mille barlumi,
Il pegaso è uscito dallo spettro di luce di una ferita sopra le nuvole.
Ora al galoppo!
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Sciogli lingua.
1- un portento uscì da una porta ed entrò in cento porte, un portento uscì da cento porte, ed entrò in sessanta, da sessanta porte ed un portico di venti arcate e da lì in una porta sola..
Che portento tutto il firmamento! Entra da una porta e esce da miliardi di porte, una luce piccola e lontana esile, come capillari o fili di capelli.
Se l’uno vale uno, mi congratulero’ con il Signor Qualunque;.
Se l’uno vale l’altro, alzerò in le mani o le infilero’ in tasca.
Se lui vale me o se lai vale l’altra, in rebus è già cominciato.
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Lei- non lai.
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Mi congratulo con me stessa! Ho imparato bene a fare la Signora Nessuno! Sarà una parte del nulla? Un viaggio a ritroso nell’assurdo?
Un diaframma nell’etere? .
Io: il signor Nessuno, mi congratulo con tutto ciò che non e me , per cercare di essere qualcosa e forse qualcuno, che so: la Signora Aragosta!
Prevedere le mosse è sempre il cavallo vincente , il cavallo di battaglia è il pronostico.
Pronostico e onomastico, la casistica dei santi in acquario , in venere e in Scorpione. Giusto una triade mensile in altalene di probabilità ed equilibrismi che si ripeteranno in modi diversmente simili e ugualmente dissimili di anni in anni.
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Il problema è sempre il medesimo: siamo in troppi, ed ovviamente tutti desiderosi di consumare all’ Occidentale.
Inutile girarci intorno.
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Esiste un modo soltanto per essere felici? Esiste il modulo della felicità? Lo posso acquisire ?
O esistono mille modi spalmati sul tempo di vita? Chi sono io per decidere della felicità altrui se non dando i mezzi economici e le possibilità di realizzarsi professionalmente e di vivere una vita buona? Ma cos’è buono? Lo stato non è una barretta di cioccolato, anche se ci stiamo riuscendo perché ci stiamo provando.
È la palla al piede dell’irrazionale ordinato che non vuol provare ad essere razionale neanche approssimativamente , cioè per gioco. Se la tale razio sociale potrà incidere positivamente lo si può e lo si potrà vedere nella felicità che crea e che creerà, il passato non esiste se non negli irrazionali negativi che loro sì, che sono bravi a razionalizzare fermando il tempo al dato costrutto storicizzato e memorizzato a ricordo.
In fondo siamo numeri, siamo le date che inseguiamo e che ci chiudono. ,
Siamo i numeri di noi stessi, imperfetti , come da vocabolario, sommati ad eserciti , di modici e professori, tutti a decantare il cibo e le feci del agone massimo, la mente, la meta, la casa politica, la casa comune, la patria, la nazione .
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