La Setta delle bestie, la denuncia di una delle vittime: “Stupri e pestaggi, era l’inferno. Sono scappata per non morire”

In corso a Novara il processo. Secondo l’accusa a capo dell’organizzazione ci sarebbe stato Gianni Maria Guidi, da poco scomparso

(di Andrea Galli -. corriere.it) – Coraggiosa allora, coraggiosa adesso. Non ci fosse stata lei, all’epoca ragazzina e oggi donna di 30 anni, forse avremmo ancora e nuove vittime della cosiddetta «Setta delle bestie», chiamata per i nomi di animali scelti dai 28 adepti: secondo l’accusa, dal 1990 sarebbero avvenuti sistematici stupri anche di bimbe, ripetuti pestaggi, reiterate torture per vendetta, manipolazioni mentali, minacce di morte, foto scattate di nascosto che servivano come (ulteriore) arma di terrore: ovvero la prima che parla, vedrà le immagini spedite a genitori, amici, conoscenti. Fin quando, per appunto, questa vittima ha deciso di scappare e denunciare: «Era l’inferno, sono dovuta fuggire per non morire» ha raccontato nella deposizione al processo in corso a Novara. 

Novara: una geografia non casuale poiché lì v’era, sperduta in mezzo ai boschi in località Cerano, settemila abitanti, la cascina base centrale dell’organizzazione segreta; ma geografia non certo esaustiva in quanto i covi comprendevano appartamenti a Milano specie in via Imbonati, nonché nella provincia pavese, a Vigevano e Montù Beccaria. Nell’udienza a porte chiuse, la donna ha riconosciuto ogni luogo e in aggiunta ha riconosciuto gli strumenti custoditi negli immobili e utilizzati per compiere le violenze.

Sovente le vittime giudicate ribelli oppure che non si «applicavano» nelle pratiche sadomaso venivano agganciate ad anelli appesi al soffitto, con i discepoli di Gianni Maria Guidi a infierire, e infierire, e infierire. Ma chi è costui? Guidi, un lungo passato da erborista, residenza a Milano verso il quartiere di San Siro, si è spento di recente, logorato da una malattia. Nell’impianto della Squadra mobile di Novara, coordinata dalla Dda di Torino, sarebbe stato il gran maestro della setta, l’indiscusso capo, l’ideatore delle aberrazioni e sovente anche il principale esecutore; per sé, Guidi aveva scelto la definizione di «pontefice». 

Lo avevamo cercato e non era stato possibile ascoltarlo (si era rifiutato); il suo legale ne aveva evidenziato la totale innocenza. Inutile rilevare come le dichiarazioni del «pontefice» sarebbero state dirimenti al processo, ma risulta pur vero che permangono quei 28 adepti, in maggioranza donne, e di nuovo provenienti, non in misura minima, dal Pavese. Dopodiché, come davvero si articolasse l’associazione lo si capisce nei passaggi dell’ordinanza del gip: «In particolare adescavano giovani che venivano inserite sfruttando il vincolo di fiducia dei familiari già appartenenti al gruppo, alle quali venivano inculcate le teorie della setta tramite iniziazioni a “pratiche magiche” (…) Venivano indotte a subire plurimi abusi sessuali fino ad arrivare, per le prescelte su ordine di Guidi, a pratiche estreme come congiunzioni con animali, bruciature, tatuaggi praticati a freddo nelle parti intime…». 

Proseguiamo, qui narrando il trattamento rivolto a chi protestava: «Costringevano le ragazze durante le serate a servire tutti, denudarsi, effettuare un addestramento di salti, flessioni e camminare a quattro zampe, e mangiando da una ciotola messa a terra. Quindi venivano messe su una poltroncina rossa e legate, bendate, fustigate…». Gli adepti reclutavano le prede in punti predeterminati e considerati funzionali alla setta: una casa editrice, una bottega celtica, una scuola di danza, un centro psicologico. 

A Cerano, paese che sorge vicino al Ticino, la cascina serviva per le «grandi cerimonie» officiate da Guidi, che girava con un bastone per le pratiche sessuali e insieme per raffigurare il proprio ruolo di comando. Uno dei filoni dell’inchiesta è quello economico, essendo convinti poliziotti e pm che la setta approfittasse dello stato delle vittime per farsi consegnare ingenti somme di soldi e farsi intestare abitazioni. Ci sono state esistenze devastate con indicibile accanimento.

Categorie:Cronaca, Inchieste, Interno

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1 reply

  1. Il titolo mi ha fatto pensare ad un Convento di Suore, dove vengono portate ragazze indiane, africane, ecc.
    Però, ad essere onesti, qualche differenza c’è.
    Anche se non molte.

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