Nel 2021 la spesa per strutture non pubbliche era di 41 mld. L’anno scorso è aumentato del 5% chi ha pagato di tasca propria. Le mancanze del Servizio sanitario nazionale ingrassano la sanità privata, specialmente grazie alla spesa diretta […]

(DI MARCO PALOMBI – Il Fatto Quotidiano) – Le mancanze del Servizio sanitario nazionale ingrassano la sanità privata, specialmente grazie alla spesa diretta delle famiglie (cosiddetta “out of pocket”) che aumenta da anni, escluso il 2020 dei lockdown, e che nel 2022 è stata spinta in particolare dalle lista d’attesa infinite. Questo, in estrema sintesi, il contenuto di un’audizione dell’Istat di ieri in Senato. È l’altra faccia della notizia che Il Fatto ha riportato sempre ieri, cioè l’allarme sul sistema sanitario lanciato al governo dalle Regioni: mancano medici, infermieri, strutture territoriali e ovviamente soldi, perché dopo un sotto-finanziamento durato un paio di decenni e lo choc del Covid l’universalità del Ssn e persino il suo funzionamento sono a rischio. Le Regioni chiedono subito le spese “pandemiche” non ripianate dallo Stato (circa 4 miliardi), ma anche un percorso pluriennali di aumento dei fondi sulla salute: non pare aria visto che l’Italia si è impegnata con l’Ue a riportare il bilancio in avanzo primario, impegno messo nero su bianco dal governo nella Nota di aggiornamento al Def.
E ora veniamo all’Istat: altri dataset possono dare numeri diversi, persino “peggiori” di quelli dell’Istituto statistico nazionale, ma è il trend che conta. Nel 2021, ultimo dato definitivo disponibile, la spesa sanitaria in Italia era complessivamente di circa 168 miliardi di euro: lo Stato ne finanziava il 75,6%, il resto – che in soldi fa 41 miliardi – era a carico delle famiglie, in gran parte mettendo direttamente mano al portafogli (35,6 miliardi di spesa “out of pocket”) e per una quota molto minore attraverso assicurazioni volontarie (4,5 miliardi). Il 2021, è bene tenerlo a mente, è uno dei due anni in cui la spesa sanitaria dello Stato è cresciuta per l’emergenza Covid: se prendiamo il periodo 2012-2019 (escludendo gli anni della pandemia) la spesa pubblica è salita dello 0,8% l’anno in media (meno dell’inflazione, il che si traduce in un taglio, tanto più che l’inflazione sanitaria normalmente è assai più alta di quella generale), la spesa diretta delle famiglie del 2,1% annuo e quella assicurativa del 4,3%. Cosa ci compravano le famiglie con quei soldi? Visite e cure ambulatoriali (36,5% del totale), farmaci (29,3%), degenza ospedaliera a lungo termine e apparecchi terapeutici da usare a casa (10,4% per ciascuna voce).
Il trend, secondo i dati preliminari comunicati dall’Istat in Parlamento, è proseguito nel 2022 probabilmente peggiorando: la percentuale di cittadini che hanno rinunciato alle cure è tornata ai livelli pre-Covid (il 7% contro l’11,1% del 2021 e però il 4% del 2008), ma con diversa composizione geografica (aumenta il peso del Nord) e sociale (sale la quota dei benestanti). Questa l’interpretazione di Istat: “Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente” di rinuncia alla prestazione medica, persino più dei motivi economici (il 4,2% della popolazione contro il 3,2).
Questo comporterà, quando avremo i dati definitivi, un probabile corposo aumento della spesa privata diretta: “Un altro aspetto che potrebbe evidenziare una maggiore difficoltà di accesso alle cure è che per soddisfare il bisogno di prestazioni sanitarie è stato necessario un maggior ricorso all’“out of pocket” o a spese sanitarie garantite da copertura assicurativa”.
L’anno scorso, dice Istat, la composizione della spesa per visite e accertamenti “si sposta di alcuni punti percentuali da prestazioni a carico del Ssn o gratuite a quelle pagate di tasca propria o con rimborso parziale o totale da parte delle assicurazioni private o aziendali”: nel 2019 il 37% degli intervistati dichiarava di aver pagato del tutto privatamente una visita specialistica, l’anno scorso erano il 41,8%; stesso discorso per gli accertamenti diagnostici (dal 23 al 27,6%). Prestazioni tra le più colpite dalle infinite liste d’attesa nella sanità pubblica che diventano sempre più profitto privato: da notare che la quota del campione coperta da un’assicurazione è un residuo 5% e che – specie per il “welfare aziendale” – si parla della parte più ricca dei lavoratori (il quinto col reddito più basso vale il 2,5% della spesa).
”’Nel 2021, ultimo dato definitivo disponibile, la spesa sanitaria in Italia era complessivamente di circa 168 miliardi di euro: lo Stato ne finanziava il 75,6%, il resto – che in soldi fa 41 miliardi – era a carico delle famiglie, in gran parte mettendo direttamente mano al portafogli (35,6 miliardi di spesa “out of pocket”) e per una quota molto minore attraverso assicurazioni volontarie (4,5 miliardi). ””
La cosa che fa più incaxxare è che la spesa te la paga lo STATO e nonostante questo, vai alle cliniche e spendi 200 euro per un caxxo di visita! Ma rendiamoci conto!
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