Nel Paese dilaniato da oltre dieci anni di guerra civile il terremoto favorisce il regime ora Bashar può perfezionare il suo disegno di una Siria abitata solo da fedelissimi

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – Aleppo, Idlib: un coccio di Siria dove da un decennio i morti sono così impastati con le macerie che è spesso inutile separarli, formano un unico strato, alzano la terra. Il braciere della guerra civile, poi il terremoto: per chi ci vive e ci muore che differenza fa? I palazzi smottati a valanga, le strade spianate, i minateti fracassati come immensi grissini. La falce della Natura rende forse più facile rispondere alla domanda: perché? Cinquemila morti si aggiungono alle decine di migliaia della guerra, delle battaglie urbane, degli agguati, dei regolamenti di conti, delle pulizie fanatiche. I siriani, arabi curdi sciiti sunniti cristiani, sono sospesi dentro un dramma che replica infinitamente se stesso. Volgono le stagioni, i cieli mutano, tutto appartiene qui a un muoversi terribile, inarrestabile, decretato. Spero che la feroce spallata della terra abbia fatto crollare anche le gigantografie del presidente Bashar e gli striscioni con le parole d’ordine jihadiste.
Nelle immagini del sisma ti cali sentendo il gelo. Ti addentri solitario in un abisso dimenticato, sì dimenticato da anni, mentre la televisione dissipa squarci e si apre incredibile, inumana la polemica se sia opportuno, politicamente, aiutare. Dio mio! Eccola qua la diplomazia serpentina, la politica omicida che spunta subito vispa dalle macerie: le sanzioni necessarie, avere a che fare con il dittatore subdolo e pronto a tutto per consolidare la vittoria, la partita aperta tra Occidente e i suoi orribili alleati, Russia e Iran che, oggi più di ieri, stanno dall’altra parte della Cortina di ferro planetaria. Tutto vero, politicamente pesante anche in questo alveare di drammi. Ma la retrospettiva del dolore non riesci più a togliertela di dosso, e neanche vuoi , di fronte a un popolo, di nuovo, per colpa della Natura e degli uomini, con le spalle al muro.
La geopolitica degli aiuti umanitari: definiamola così, e suona come una bestemmia. E’ più sudicia della guerra perché non ne ha neppure le mediocri e pretestuose scuse, eredità storiche, territoriali incongruenze, conflitti ‘’giusti’’ o sbandati come tali. Eppure la guerra degli aiuti funziona da sempre, con micidiale precisione. Dove si muore di catastrofi naturali o di miseria o di ladrocinio dei potenti controllare il sacco di farina, il pacco di medicine, il buldozer per scavare le macerie, le tende per trovar riparo sono arma: potente, decisiva.
Per questo despoti, canaglie in uniforme, doppiopetto, boubou e jallabiah hanno sempre lavorato con cura sugli aiuti ai disperati: speculandoci politicamente per avere riconoscimenti e licenze di rubare, riempire galere e moltiplicare forche; e ancor più efficacemente lucrandoci sopra, ovvero vendendo ciò che doveva esser donato per sopravvivere. O peggio scegliendo, loro, chi doveva sopravvivere e chi doveva morire di inondazione, terremoto, carestia: quelli della propria tribù o partito, della propria confessione, gli obbedienti e consenzienti, i possibili alleati costretti dalla necessità.
Ecco: la Siria rischia di esser un caso perfetto. Le zone che il terremoto ha malmenato sono campi di battaglia e recinti di milioni di fuggiaschi smarritisi nella Storia. Idlib è l’ultimo fortino delle formazioni jihadiste dai mille nomi ma dall’unico scopo, un mini califfato di sharia e fanatismo. Condiviso in fragili equilibri con le formazioni armate sostenute dalla Turchia che, per i suoi scopi, impedisce al regime di Bashar di completare lo spietato programma di vittoria. Il Presidente dal 2016 tiene in pugno le rovine di Aleppo. e poi, unificate dal sisma, ci sono le zone curde su cui pendeva la minaccia di un’altra operazione di pulizia turca che il terremoto forse solo rinvierà.
Gli alleati di Bashar non sono in grado di aiutare le popolazioni: devono affrontare la guerra in Ucraina e la rivolta interna. A fianco dei siriani che vagano tra le macerie scavando con le mani, flagellati dal freddo terribile dell’inverno solo alcuni paesi arabi che avevano appena avviato il dialogo con il detestato e eretico sciita Bashar. La misericordia dovrebbe far saltare tensioni, strategie meschine, equilibri minuscoli. Accadrà?
La Siria è stata tenuta da dieci anni fuori dalla Storia, relegata in un angolo popolato di vittime e di piccoli boia ordinari. Serviva a rovesciarvi bombe, suscitare e eliminare milizie tutte della stessa risma, è stata un immenso poligono di tiro popolato non di sagome ma di essere viventi.
Anche il terremoto rischia di entrare in questo scenario. Bashar già intravede vantaggi. La possibilità di dar fiato al dialogo in boccio con il nemico turco, anch’egli reso fragile dalla catastrofe, far cadere Idlib spezzonata dal terremoto meglio che dalle sue artiglierie. E usare gli aiuti per perfezionare il suo disegno di una Siria abitata solo da genti a lui fedeli, legati dal patto infrangibile della sopravvivenza. Un sospetto? Di più: dopo esser sopravvissuto il regime ha ripreso con i superstiti il suo consueto meccanismo di violenza e corruzione. A guidarlo una sigla STD, ‘’Syria Trust for Development’’. La comanda la implacabile moglie di Bashar che è stata definita uno dei più efficienti pescecani di guerra della Storia. Sfruttando le sanzioni a cui Damasco è sottoposta dallo scoppio della rivolta, dietro l’etichetta umanitaria, controlla la distribuzione attraverso carte annonarie di quanto serve per vivere, combustibile riso zucchero e the. Un potere immenso in un Paese dove l’ottanta tre per cento della popolazione è povera. Anche l’Onu per operare in Siria con le agenzie umanitarie deve passare attraverso la organizzazione clanica della Prima Signora. Gli aiuti internazionali per le vittime del terremoto sembrano destinati a dover sottostare per essere distribuiti al suo controllo.
Ma anche nelle ‘’libere’’ zone jihadiste lo scenario non cambia: gli aiuti dipendono dalle milizie armate dando nuova linfa al loro potere.
E noi, Occidente, gli stati uniti, che fare in questo terribile esercizio di sopravvivenza, di carità obbligatoria e difficile? Le sanzioni non sono servite a niente, 500 mila siriani sono morti, Bashar e i suoi terribili alleati hanno vinto la guerra. La comunità di Sant’egidio, la Mezzaluna rossa siriana hanno chiesto di cancellarle o sospenderle per far affluire gli aiuti più facilmente ad esempio consentendo i collegamenti aerei, correre il rischio che il regime ci speculi, ne approfitti. Il nostro scopo non deve essere confondersi con la sola umanità possibile: i siriani sopravvissuti che la insensatezza della Storia tiene al cappio? Se il nostro tempo è questa lucida usura, ebbene, reggiamola, aiutiamo gli uomini. Si può domandare miglior avventura?
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Mondo, Politica
Chissà perché Hillary Clinton ha firmato questo articolo come Domenico Quirico
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Così Quirico si nutre delle tragedie ! Ma, a pensarci bene, la vera tragedia è lui …no il suo giornale che gli paga lo stipendio.
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Concordo! Quirico dovrebbe tornare a scrivere i necrologi come faceva prima di ” essere riscoperto per la questione ucraina ” …
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