Tempo di business tra ex nemici. In passato il confine era militarizzato. Adesso i due giganti sono alleati in funzione anti-americana ed europea e si spartiscono l’Africa. “Ci manca l’Africa, soprattutto d’inverno, ma qui stiamo bene e poi è il nostro lavoro”. Sul lungofiume di Blagoveshchensk, tra i giovani russi […]

(DI ALESSANDRO DI BATTISTA – ilfattoquotidiano.it) – “Ci manca l’Africa, soprattutto d’inverno, ma qui stiamo bene e poi è il nostro lavoro”. Sul lungofiume di Blagoveshchensk, tra i giovani russi che sfrecciano sui monopattini e le ragazze incinte che mangiano un gelato guardando la Cina al di là dell’Amur, passeggiano tre soldati in uniforme. Uno viene da Conakry, la Capitale della Guinea, un altro da Bissau e l’ultimo dalla Repubblica Centrafricana. Ex-colonie francesi rimaste sotto l’influenza di Parigi anche dopo l’indipendenza (in Guinea-Bissau e nella Repubblica Centrafricana tuttora si utilizza il Franco Cfa) che tuttavia, oggi, guardano altrove. La Russia continua a vendere armi a molti Paesi subsahariani. La Cina colonizza senza sparare un colpo e i governi di Guinea, Guinea-Bissau e Repubblica Centrafricana inviano centinaia di soldati nell’Estremo Oriente russo a ricevere formazione militare. Il tutto mentre un’Europa divisa affronta la tragedia dei migranti economici ai quali si aggiungono ogni giorno quelli “climatici” o “post-pandemici”.
I tre soldati africani si stanno addestrando in una base militare pochi chilometri fuori Blagoveshchensk, capoluogo dell’oblast dell’Amur, una delle regioni di frontiera che fanno parte della Federazione Russa. Quasi 8.000 km e sette ore di fuso separano la regione dell’Amur dal Cremlino. Quando nella Piazza Rossa non c’è più anima viva, a Blagoveshchensk si è ancora in ufficio. La Russia non è un Paese, è un continente.
Blagoveshchensk è una città piacevole. L’Amur scorre placido e la città è disseminata di decine di monumenti che ricordano i sacrifici fatti dal popolo russo e dall’Armata Rossa durante la grande guerra patriottica. Al di là del fiume c’è la Manciuria interna, come viene chiamata dai cinesi la provincia di Heilongjiang per distinguerla dalla Manciuria esterna, un territorio pari a circa due volte l’Italia ceduto alla Russia zarista dall’Impero cinese nel 1858, nel bel mezzo della rivolta dei Taiping. La Cina di allora non era la Cina di oggi. Così come la Cina di oggi non si può paragonare alla Cina degli anni 60, quando dalla sponda cinese dell’Amur i giovani guardavano Blagoveshchensk come oggi i ragazzi centroamericani guardano a San Diego da Tijuana. Allora, mentre le gesta del compianto Gagarin riecheggiavano in mezzo mondo e l’Urss era la seconda economia al mondo, in Cina si contavano ancora i morti della grande carestia e della Rivoluzione culturale. Allora i rapporti tra Cina e Urss erano tesi. Nel 1967 la Cina contestò i confini con la Russia decisi con la Convenzione di Pechino del 1860. Tra l’altro, Pechino rivendicava anche i territori intorno a Blagoveshchensk. Mosca ammassò migliaia di soldati al confine cinese. Stessa decisione presa da Mao. Una guerra potenzialmente devastante, essendo entrambi i Paesi dotati di testate nucleari, sembrò vicina quando, nel marzo del ’69, a Zhenbao Dao, un’insignificante isola sull’Ussuri – altro fiume che separa i due Paesi in estremo oriente – russi e cinesi aprirono il fuoco. Gli scontri provocarono decine di morti tra i soldati russi e quasi 300 tra le guardie di frontiera cinesi. La Cia riteneva l’Urss pronta a colpire le istallazioni nucleari cinesi per impedire l’espansione del programma atomico, ma la crisi rientrò. Né Mao e né Brežnev potevano permettersi un’escalation. Il confine russo-cinese venne in gran parte smilitarizzato nel 1989 a seguito di un accordo sottoscritto da Deng Xiaoping e Gorbaciov.
Oggi nelle basi militari russe dell’Amur non si pensa più a come rispondere a un’eventuale invasione cinese. Piuttosto si predispongono attività formative per soldati africani o esercitazioni militari come quella che negli ultimi giorni ha avuto luogo nel Mar del Giappone e nel Mar di Okhotsk, tra le coste della Siberia orientale e quelle della Kamciatka. Vi hanno partecipato Russia, Cina, India, Armenia, Mongolia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan, Laos, Siria, Nicaragua e Algeria. Settant’anni fa cinesi e russi si sparavano addosso. Oggi fanno esercitazioni militari congiunte. Settant’anni fa, sull’Amur c’erano corvette sovietiche con l’ordine di sorvegliare la frontiera. Oggi, davanti a Blagoveshchensk, le imbarcazioni colme di turisti si avvicinano alle coste russe dell’Amur per vedere dal fiume gli edifici sovietici così diversi dagli immensi palazzi che dominano la sponda cinese. Di notte i palazzi si illuminano con luci che disegnano figure o ideogrammi con i quali i cinesi inviano messaggi di amicizia.
Guardando di notte la Cina dalla Russia si ha la sensazione di guardare il primo mondo da un Paese che deve ancora svilupparsi del tutto. Non è vero che le sanzioni non servono a nulla. L’obiettivo reale lo stanno ottenendo. Non la fine della guerra e neppure il crollo del Pil russo. Sono state pensate per allontanare sempre più politicamente ed economicamente Europa e Russia e ci stanno riuscendo. A Mosca, Pietroburgo o Volgograd ciò desta preoccupazione. A Blagoveshchensk meno. Dall’altra parte dell’Amur, i cinesi sono nuovamente in lockdown e in Russia non vedono l’ora che le restrizioni finiscano per poter accogliere nuovamente turisti o businessmen con yuan freschi da investire.
In tutti i centri commerciali della Russia d’altro canto, dalla regione del Volga fino al far east passando per la Siberia, nei centri commerciali i negozi “occidentali” vengono sostituiti da brand cinesi o indiani, mentre crescono le esportazioni russe verso Pechino. Le statistiche ufficiali parlano di +50% di export. E se le vendite di gas verso l’Europa potrebbero fermarsi a giorni (sebbene, ancora una volta, l’UE si sta dimostrando divisa) quelle verso Pechino aumentano a dismisura. È in costruzione un enorme gasdotto che porterà gas siberiano in Cina via Buriazia e Mongolia. Mosca e Pechino stanno pensando a nuovi progetti energetici anche per la regione dell’Amur.
Il mondo è molto più complesso di quanto appaia. Basti pensare all’Algeria, diventato primo fornitore di gas dell’Italia. Anche l’Algeria ha partecipato alle esercitazioni militari russe nel Pacifico. Anche l’Algeria compra armi su armi dai russi e oggi lo fa anche grazie ai denari che l’Italia le garantisce in cambio di miliardi di metri cubi di gas. Quel gas che continua ad arricchire la Russia e che consente a Mosca di investire miliardi di rubli in lavori pubblici. Come quelli che caratterizzano le città della regione dell’Amur desiderose di diventare più moderne, meno sovietiche e più attrattive per quei cinesi che quando attraversano l’Amur pensano di entrare in Manciuria esterna. Un tempo casa loro, oggi una regione dove si sentono sempre più a casa.
(4. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 4 luglio, il 17 luglio e il 1° agosto)
Categorie:Alessandro Di Battista, Cronaca, Interno, Politica
Vallo a spiegare alle zucche senza semi riempite di propaganda e spazzatura che con le sanzioni ci siamo sparato nei piedi e non contenti ci stiamo sparando nelle ginocchia
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Sono in ansiosa attesa di vedere all’opera la Meloni. Di vederla alla presa con la crisi d’autunno prossima ventura , con la carenza energetica e le fabriche che chiudono, mentre gli Usa premono da una parte e Zelnski dall’altra per una nostra partecipazione più impegnativa nel conflitto ucraino. Se non fossimo parte della tragedia ci sarebbe da divertirsi nel vedere in azione La Russa, Crosetto, Gasparri e… Salvini con la maglitta di Putin che fa,magari, il ministro degli esteri.
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Non credo che Meloni diventerà PdC. Se lo sarà, avrà “consiglieri” molto potenti. Più di lei.
Per ora abbiamo visto i Migliori,a non è stato un gran bel vedere…
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