Anche per lui si palesa il baratro della trombatura…

(Di Giuseppe Vatinno – affaritaliani.it) – Matteo Renzi cerca “soldi e volontari”. Si legge sulla sua “Enews 809” di mercoledì 27 luglio un accorato appello al popolo che dovrebbe aiutarlo a salvarsi le chiappe, peraltro già ampiamente compromesse da anni di errori marchiani e reiterati, con tanto di ambiziosa scissione e caduta del governo Conte 2, quello “giallo – rosso” per intenderci, per futili motivi.
Partiamo dai numeri. Il movimentino di Renzi va dall’1,8 al 2,9% e poiché lo sbarramento è al 3% c’è il concreto rischio che neppure entri in Parlamento. Oltretutto è stato pure sorpassato dal suo “famiglio” Calenda, a riprova che c’aveva ragione Saragat parlando del destino cinico e baro.
Che Renzi sia inesorabilmente avviato verso un mesto viale del tramonto è lapalissiano anche dal titolo della mail di propaganda che ha inviato ai giornalisti: “Chi pensa di comprarci con tre posti, non ci conosce”.
E qui Renzi ha ragione.
Infatti per saziare la sua pantagruelica fame di scranni e potere ce ne vorrebbero ben altro che tre!
Renzi poi cita il fatto che durante la crisi del governo Conte 2 gli avevano offerto di tutto per non farlo cadere ma lui stoicamente ha resistito ed ha voluto a tutti i costi impallinare, per pura soddisfazione personale, l’avvocato pugliese.
Diciamo che il popolo italiano non merita questi politici che fanno del Parlamento la propria personale palestra in cui esercitare il proprio ipertrofico ego.
Far cadere un governo per antipatia personale è proprio una di quelle cose sconsigliatissime nei manuali si sopravvivenza politica. Poi si paga (pesante) dazio.
L’intera mail è farcita da una fastidiosa e fastosa retorica da Istituto Luce con uno strano finale che sa più da rapina in Banca che appello agli elettori:
“L’obiettivo è raccogliere 100.000 mila € in contributi da 5, 10, 50 €, da più persone possibile”.
E qui abbiamo evitato per pochi centimetri l’aggiunta “in piccolo taglio”. La cosa divertente è che pare che Renzi non accetti contributi in banconote da 20 €. Chissà perché? Sono state segnate? e questa è una bella domanda che darà la stura magari a qualche fantasiosa interpretazione complottista che però in questo caso potrebbe anche essere omomorfa alla verità.
Il finale è invece ducesco e fa ricordare le folle oceaniche che in questo contesto di estrema povertà elettorale fa sbellicarsi dalle risate:
“È il tempo della serietà, non di chi vive di populismo.
Io ci sono. Voi?
Insomma Renzi pare proprio essere alla frutta. Un uomo con un grande avvenire dietro le spalle.
I sogni americani con le cenette alla casa Bianca con Obama e Benigni sono solo foto sbiadite di un lontano passato, come il cambiare la Costituzione e corbellate similari che costarono il potere al Piccolo Cesare toscano.
Anche per lui il baratro della trombatura si palesa peggio che un mostro di H. P. Lovecraft.
E visto che Giggino Di Maio è stato già trombato, ha un concorrente in più per uno strapuntino atlantico. Zio Biden non può accontentare tutti…
La caduta
Poi l’incantesimo si ruppe: in Cola il sentimento della grandezza, di Roma e sua propria, cominciò a sconfinare nel delirio. Si proclamò cavaliere, nel battistero di San Giovanni, tra grandi festeggiamenti e proclamazioni (che cominciavano a suscitare resistenze e mormorii). Poi, in Campidoglio, fece arrestare i Colonna e gli Orsini che lo avevano sostenuto minacciandoli di esecuzione. Per quella volta fu convinto a soprassedere, ma quelli ripararono nei loro castelli e i Colonna da Marino cominciarono a fare scorrerie contro Roma.
Cola prima devastò le loro terre, poi li sconfisse nella battaglia di Porta San Lorenzo (20 novembre 1347). Ma intanto la sua mente svaniva: si convertì in tiranno, si abbandonò al lusso e alla gola e spesso non faceva parlamento per la paura che aveva dello furore dello puopolo. Il legato pontificio lo abbandonò, i baroni rialzarono la testa, il popolo non accorse più alle scampanate. Spaventato a morte e dicendosi vittima dell’invidia («Ora nello settimo mese descenno de mio dominio»), Cola si rifugiò a Castel Sant’Angelo, mentre il legato lo dichiarava eretico e nominava nuovi senatori.
Il ritorno e la morte ignominiosa
Cola riuscì a fuggire da Roma, travestito da frate, rifugiandosi prima in Boemia presso il re Carlo IV (1346-1378), dove riprese la vita di studioso ed ebbe grandi onori, poi, contro l’opinione generale, decise di andare a presentarsi al papa in Avignone. Il papa era allora Innocenzo VI, che prima imprigionò blandamente Cola, poi lo esaminò, riconobbe che non era eretico e si convinse a revocare il suo processo e a rimandarlo a Roma, con il cardinale di Spagna Egidio Albornoz, suo legato: «Cola de Rienzi con questo legato iessìo de Avignone purgato, benedetto e assoluto». Era il 24 settembre 1353.
Durante il viaggio verso Roma fu fatto segno a grandi manifestazioni di meraviglia per essere scampato e, almeno a parole, di consenso politico. Ma il potere chiede denaro. A Perugia il legato non sborsò uno scudo, ma nominò Cola senatore e lo autorizzò a rientrare a Roma. Cola riuscì con qualche fatica a farsi finanziare il viaggio e una compagnia di qualche centinaio di armati, fra mercenari tedeschi e cittadini di Perugia, da Arimbaldo de Narba, perugino, che aveva convinto di poter diventare, con lui, signore di Roma (“lo fantastico piace allo fantastico”, chiosa l’Anonimo).
Arrivato a Roma, il popolo gli uscì incontro con grande cordialità, mentre «li potienti stavano alla guattata», e lo accompagnò festoso da porta Castello fino al Campidoglio, ascoltò entusiasta il suo discorso – tuttavia alla fine delle cerimonie di rientro «non fu chi li proferissi uno povero magnare.» Presto però si vide che l’uomo, pur mantenendo la sua grande abilità oratoria, era diventato un grasso ubriacone incline a straparlare, assetato di vendetta contro chi lo aveva scacciato da Roma, traditore per giunta, giacché fece condannare i suoi sostenitori perugini per confiscarne i beni, e, costretto com’era a procurarsi denaro per mantenere i suoi soldati, anche esoso.
Le nuove gabelle che infliggeva lo resero presto inviso. L’8 ottobre 1354, un suo capitano che aveva destituito sollevò il popolo e lo condusse sul Campidoglio. Là Cola, abbandonato da tutti i suoi, tentò per l’ultima volta di arringare i romani, che risposero dando fuoco alle porte. Cola allora cercò di scampare travestendosi da popolano pezzente, alterando anche la voce. Ma fu riconosciuto dai braccialetti che non si era tolto («Erano ‘naorati: non pareva opera de riballo»), smascherato e condotto in una sala per essere giudicato:
«Là addutto, fu fatto uno silenzio. Nullo uomo era ardito toccarelo», finché un popolano «impuinao mano ad uno stocco e deoli nello ventre.»
Gli altri seguirono, ad infierire, ma Cola era già morto. Il cadavere fu trascinato fino a San Marcello in via Lata, di fronte alle case dei Colonna, e lì lasciato appeso per due giorni e una notte. Il terzo giorno fu trascinato a Ripetta, presso il Mausoleo di Augusto, che era sempre un territorio dei Colonna, lì bruciato (commenta l’Anonimo: «Era grasso. Per la moita grassezza da sé ardeva volentieri»), e le ceneri disperse.
COLA DI RIENZO ( MATTEO RENZI?)
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SONO MENO ESIGENTR DI RENZI. . POSSO FARE A MENO DEI VOLONTARI E ACCETTO ANCHE BANCONOTE DA 20,00 EURO. Votate ME. Non RENZI
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Io riparei in arabia saudita ( con famiglia tutta ) e soprattutto per sempre !! What else ?
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Mi faceva pena, gli ho mandato una banconota da 30 euro
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Frenkie con le mie fanno 60
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