Chi ha il Pos deve mettere in conto anche più di 600 euro all’anno per le transazioni. E il governo?

(Ezio Pozzati – affaritaliani.it) – Quanti tipi di carte conosciamo? Diciamo che ne conosciamo di tre tipi: la carta di credito, abbinata ad un conto corrente che ci permette di saldare l’acquisto il mese successivo; la carta prepagata, dove la spesa è limitata all’importo giacente; la carta di debito, un ibrido fra le due carte di cui sopra; oltre alle carte virtuali che vengono utilizzate con l’i-phone o il telefonino in generale, con il computer o con il tablet. Tutte queste carte danno la possibilità ai consumatori di accedere a merci e servizi senza avere la necessità di ricorrere al contante. La soluzione della carta per il pagamento digitale è una soluzione molto interessante ed è giustificata dal fatto che, se ben spiegata, può essere usata anche da persone indipendentemente dalla loro cultura o dalla loro conoscenza finanziaria. Occorreranno molti anni prima che tutti utilizzino le carte di cui sopra e, con un po’ di fantasia, sicuramente assisteremo a delle evoluzioni notevoli. Dal 30 giugno 2022 vi è l’obbligo, da parte di chi ha un esercizio commerciale o esercita una professione, di avere a disposizione il P.O.S. (Point Of Sale) o punto di acquisto dove cliente ed esercente interagiscono per lo scambio merce-servizi-denaro. Purtroppo dobbiamo notare ancora una volta che i costi per chi detiene il P.O.S. sono abbastanza esosi; faccio un esempio: per un anno di attività (su 12 mesi), secondo Axerve, si va da un minimo di 264,88 euro di commissioni se si transano fino a 5.000 euro a oltre 600 euro per chi ha volumi sopra i 20.000 euro.
Tralasciando ulteriori balzelli sull’attivazione, manutenzione e/o altro, a seconda del circuito al quale aderiamo, possiamo trovare ulteriori costi per ogni singola transazione in quota o in percentuale; questi costi, purtroppo sono scaricati sul detentore della P. IVA e, facendo un esempio numerico, se l’importo è di un euro l’esercente non ha nessun guadagno, anzi è in perdita. A livello ragionieristico è logico? La domanda che ci si pone è: con questo tipo di obbligo si vuole diminuire la circolazione del contante e contemporaneamente “limare” l’evasione fiscale? Per anni ho scritto sulla bontà delle carte di pagamento, ma mi aspettavo che il legislatore desse delle disposizioni più vicine ai proprietari dei P.O.S. e non mi si venga a dire che non è di competenza dello Stato, ma del mercato. Ammesso e non concesso che i possessori dei P.O.S. abbiano margine di trattativa con il mondo bancario, allora mi chiedo dove sono le Associazioni di categoria che dovrebbero proteggere i loro iscritti? E’ troppo facile scaricare le incombenze sui singoli imprenditori e aziende ed è per questo che faccio un appello ai partiti: “Non dimenticate mai che gli esercenti sono degli elettori”! Può darsi che la moda di non andare a votare possa essere sopperita da un qualsiasi partito che “prometta”, dimostrandolo, di risolvere presto e bene questa questione. Concludo con un mio paradosso: Non esistono problemi senza soluzioni e non esistono soluzioni senza problemi.
A me risultava che esistano parecchi POS senza commissioni e quindi sono andato a cercare ed ecco il primo risultato di google (mi sento fortunato!)
https://lafinanzaaportatadiclick.com/pos-senza-costi-fissi/
ce n’è addirittura uno che non applica commissioni per transazioni sotto 10€, quindi non ce la vengano a menare. Non sono i costi che tengono lontani alcuni commercianti. È la paura di dover INCOMINCIARE a pagare le tasse.
"Mi piace""Mi piace"
Esatto.
Tra l’altro con gli aumenti che applicano a piacere di questi tempi… E molti campano ancora con l’improvviso raddoppio dei prezzi all’avvento dell’Euro.
Poi se grazie anche alle “lenzuolate” di Bersani sono stati aperti migliaia di esercizi commerciali uno attaccato all’altro, non è certo colpa del POS se non campano in un momento di crisi.
Ricordo, una ventina di anni fa, il leitmotiv ” chi non rischia non vale” e la santificazione dell’imprenditore coraggioso che, a differenza del lavoratore stipendiato, “rischia di suo”.
Ecco, “rischia”, appunto… Non è che va a piangere dalla mamma- stato ( anche troppo accondiscendente, con quegli occhi per lo più chiusi) non appena le cose cambiano.
E non mi si dica che i dipendenti sono dei “privilegiati”: ho avuto fior di amiche che hanno lasciato un “lavoro privilegiato” statale per aprire la boutique e cominciare a girare in Mercedes mentre prima a fatica si permettevano la Panda.
Chi compra la bicicletta deve pedalare.
"Mi piace""Mi piace"