Ucraina, le armi inviate dall’Occidente rischiano di finire nelle mani dei trafficanti. Una volta terminata la guerra, parte degli aiuti bellici inviati all’Ucraina rischia di finire nelle mani dei trafficanti. E rientrare illegalmente in Europa dove i prezzi sul mercato nero sono più alti. La mancanza di trasparenza di molti governi sugli invii certo non aiuta.

(Stefano Iannaccone – tag43.it) – Un grande supermercato di armi, prezioso rifornimento dei trafficanti. Sfruttando tutto il know-how sviluppato negli ultimi decenni. Così rischia di trasformarsi l’Ucraina, oggi vittima dell’aggressione della Russia, e per questo supportata dall’Occidente con l’invio di equipaggiamenti militari, sempre più pesanti – come testimonia la decisione statunitense di spedire missili con gittata sempre più lunga – per resistere all’attacco deciso da Vladimir Putin.
Il commercio di armi da e per l’Ucraina
«Kyiv ha avuto, fin dalla nascita della Repubblica Ucraina, un’industria militare molto sviluppata. Fino al 2014 è stato un Paese grande esportatore di armi, poi con la vicenda in Donbass è cambiato qualcosa», spiega a Tag43 Carlo Tombola, coordinatore del comitato scientifico dell’Osservatorio permanente armi leggere (Opal) di Brescia e fondatore di Weapon Watch. «L’Ucraina», sottolinea l’esperto, «insieme ad Andorra, non ha ratificato il Trattato internazionale sul trasferimento delle armi convenzionali (Att). Quindi dal punto di vista della trasparenza lascia molto a desiderare. Di fatto non ha alcun obbligo dal punto di vista internazionale». E, ricorda ancora Tombola, «l’Ucraina non ha solo venduto armi, prese dagli stock dell’ex Unione sovietica, ma le ha anche recuperate da altri Paesi, rivendendole in Africa, dal Ciad alla Liberia. E più di recente faccio un nome: Myanmar. Un Paese a cui le armi non devono arrivare». Le uniche informazioni sono quelle fornite dalla Ukroboronprom, la società statale che sovrintende l’attività di molte industrie legate alla produzione di armi. Certo, come sottolineano esperti internazionali, negli ultimi quattro anni c’è stato uno sforzo per contrastare il fenomeno: stando ai dati ufficiali, sono state sequestrate 1.600 armi leggere, un milione e mezzo di cartucce e 900 lanciarazzi.

Il precedente dei Balcani
Con questo scenario non è più un mistero: è possibile che si riproponga qualcosa di simile a quanto avvenuto nei Balcani alla fine del conflitto, con le armi finite nelle mani della criminalità organizzata. E talvolta rivendute a organizzazioni terroristiche. È successo con l’Isis: in Iraq e in Afghanistan, i jihadisti avevano in dotazione molte armi provenienti dall’ex Jugoslavia. L’allarme è stato rinnovato direttamente dall’Europol, attraverso la sua direttrice, la francese Catherine de Bolle. «A un certo punto, la guerra finirà e vogliamo evitare di vivere la stessa situazione di 30 anni fa, durante la guerra nei Balcani», ha detto a France Info. Per questo Europol intende creare «un gruppo di lavoro internazionale per sviluppare strategie» contro il potenziale contrabbando, ha ribadito de Bolle a Die Welt. Un concetto rafforzato da Jürgen Stock, segretario generale dell’Interpol, secondo cui «l’ampia disponibilità di armi durante l’attuale conflitto porterà alla proliferazione di armi illecite nella fase postbellica. I criminali si stanno già concentrando su questo». E l’Europa è particolarmente a rischio «perché i prezzi delle armi sul mercato nero sono significativamente più alti in Europa, soprattutto nei Paesi scandinavi».
La mancanza di trasparenza agevola i trafficanti
Oggi è impossibile avere una mappatura completa della quantità di armi arrivate in territorio ucraino. Si sa che la Svezia ha fornito lanciarazzi anticarro AT4, il Portogallo ha spedito fucili automatici G3, il Belgio ha inviato almeno 5 mila fucili. Inoltre, gli Stati Uniti avevano anche dotato l’esercito di Kyiv di 5.500 missili anticarro, almeno 1.400 sistemi antiaerei Stinger e 7 mila armi leggere. Ma è una goccia nel mare, molti Paesi non hanno riferito informazioni precise in merito. A cominciare dall’Italia, che ha secretato i documenti: solo il Copasir è stato informato degli equipaggiamenti militari destinati all’Ucraina. E su questo punto Tombola di Opal evidenzia un aspetto: «Delle forniture italiane sappiamo quel poco che è trapelato qualcosa sulla qualità delle armi. E parliamo di armi facili da far sparire». Uno dei problemi, infatti, è che queste attrezzature raggiungono la Polonia o la Romania per poi prendere la direzione dell’Ucraina. Ma diventa difficile poi tracciare la rotta e la destinazione finale. Anche solo una minima parte persa per strada, magari con operazioni illegali che coinvolgono trafficanti, sarebbe un patrimonio per la criminalità. Senza dimenticare che, durante gli assedi, sono state messe a disposizione armi per la popolazione. Con tutto lo sforzo possibile, è difficile che le autorità di un Paese in guerra possano ottimizzare la lotta al commercio illegale. Tombola non nasconde la sua preoccupazione: «C’è un know how su questo tipo di commercio che bisogna tenere presente. Ci sono armamenti che possono avere un valore, cash, in maniera immediata. Per questo inviare armi italiane, al di là del dibattito sull’articolo 11 della Costituzione, è molto pericoloso. Lo abbiamo detto fin dall’inizio ma l’appello non è stato ascoltato».
Grandi traffico da sempre, e noi lo sappiamo, e sappiamo anche che sono e saranno ottime partite di giro per foraggiare gli amici vicini e lontani.
Mi meraviglio della meraviglia. Dal primo giorno di guerra in Ucraina, si comprendeva perfettamente che gli “aiuti” in armi avrebbero costituito la spina dorsale di vecchi e nuovi movimenti paramilitari, mafiosi, sovversivi e integralisti di tanta parte di mondo: dalla fabbrica all’Ucraina e poi di nuovo a casa nostra, e dove altro occorre.
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Tutto prevedibile, tutto previsto.
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Ho scelto un post a caso
Per chi non è con biden e draghi
Per chi non è con la NATO
Per chi ama un po’ il punk rock intelligente e ironico
Per chi è capace di caricarli da YouTube perché io sono un deficiente e non ci riesco
3 video da YouTube
Punkreas terrorista Nato
punkreas American dream
Punkreas wto
Per chi li conosce e’ un ripasso
Per chi non li conosce piacevole sorpresa
A chi non piace…Amen
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Già sapevamo ! Ma vogliono piu armi !! E diamogliele!cosi prima o poi ci troveremo anche noi tutti ad armarci per difesa !! Non vogliono altro che comprare armi per sostenere le lobby!
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Jannaccone e’ nato ad Avellino, vive ad Atripalda; avrebbe potuto fare un salto a Napoli e chiedere…
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