(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Un lettore si è offeso perché ieri, in tv, a L’aria che tira ho detto che la strategia del Pd è quella del “morto a galla”. Mi viene perciò richiesto maggiore rispetto per il partito che (riassumo) tiene in vita i valori della sinistra, e che (riassumo) fa da argine al populismo più becero. Concordo, e a dimostrazione che l’immagine adoperata non era affatto denigratoria, suggerisco la lettura in Internet dei numerosi apprezzamenti per questa tecnica di galleggiamento. Che “non è per tutti, richiede la capacità di non avere paura dell’acqua e di rilassarsi completamente, il corpo e la mente abbandonati tra le onde”. E poi, aggiungerei, con la corrente adatta si può lo stesso procedere verso la meta senza per questo sollevare fastidiosi spruzzi.

Del resto, sul Foglio di ieri, quotidiano non certo animato da pregiudizio verso i dem, Salvatore Merlo a proposito di Nicola Zingaretti scrive di un “galleggiatore da palude”, che “rifugge dall’azione, perché l’azione provoca attrito e l’attrito conduce al pericolo”. A parte che la palude fa venire in mente gli alligatori, non posso fare mia la cattiveria secondo cui il segretario “vuole sconfiggere Conte con Renzi, e poi, vuole anche sconfiggere Renzi con Conte”.

No, credo piuttosto che l’attuale condizione del Pd sia paragonabile a quella di chi, dopo aver subito un forte e prolungato trauma psichico (per esempio la possessione da parte di Matteo Renzi), segua le raccomandazioni del medico specialista: niente emozioni, molto riposo e una minestrina la sera.

Se dal Nazareno non esce uno spiffero è dunque perché tutti bisbigliano come a Villa Serena, tanto che l’esponente più ardimentoso, il vicesegretario Andrea Orlando, a un giornalista che gli chiedeva della crisi di governo, ha sussurrato: “Se c’è volontà politica le formule si trovano”. Sembra però che subito dopo si sia molto raccomandato con l’autore dello scoop con un io non le ho detto niente. A smentire la leggenda di queste acque chete ci sarebbe Dario Franceschini, che nei retroscena dei giornali emerge sempre come un tipo piuttosto agitato, uno che alla mattina si scontra con Renzi, al pomeriggio alterca con la collega Azzolina, e alla sera complotta per sostituire Conte. A noi risulta, al contrario, che lo schivo ministro dei Beni culturali, nonché affermato scrittore, presenzi alle riunioni di governo immerso negli appunti della sua prossima fatica dal titolo: Io non sono cattivo, è che mi disegnano così.