(Marcello Veneziani) – L’unico lato positivo della controversa sconfitta di Donald Trump è che finalmente non sentiremo più ululare cassandre e iettatori, sciacalli e malpancisti su quanto è orrenda l’America dominata dal Maligno col ciuffo biondo. Finalmente cesserà questo coro assordante di gufi e di cornacchie, non svolazzeranno più gli avvoltoi mediatici sul corpo lacerato degli States, tutto sembrerà ridente; compresa la crisi, la disoccupazione e gli uragani. Sarà bello pure il Covid dopo la sconfitta di Trump.

Non sentiremo più in video il solito, quotidiano fervorino di cantanti, attori, intellettuali contro la Casa Bianca, e la temeraria sfida di tutti contro uno, per giunta in favore di telecamere, in mondovisione. Che coraggio, tutti contro Trump.

Non vedremo più mobilitarsi gli antifà, i neri in assetto di guerra, i cortei e gli assalti ai poliziotti, ci risparmieremo di vedere gli inginocchiati e i loro piagnistei planetari. Non vedremo più il sorriso cattivo di Anthony Fauci, la jena personale di Trump.Sarà davvero una liberazione.

Non da Trump ma dall’antitrumpismo ringhioso e lagnoso in servizio permanente. Il mondo tirerà un sospiro di sollievo, tutto andrà meglio nella narrazione dei media. L’umanità sarà più gioconda senza il padre di tutti i razzisti-sovranisti, di tutti i torvi populisti, di tutti i fake-cazzari.

Il potere globale avrà la faccia buona di Xi Jinping e della sua mansueta dittatura cinese che ha il primato mondiale nell’inventare virus da esportazione e nell’infliggere pene capitali e carcere ai dissidenti. Evviva la Cina che sforna Covid come involtini primavera. L’America potrà riprendere persino a far le guerre in santa pace, guerre umanitarie perché fatte da pacifisti, senza quel disturbatore panciuto che le aveva fermate, quel guerrafondaio contro le guerre.

Certo l’America sarà ancora divisa, spaccata, tra i due odii; ma quello dei trumpiani o trumpati coverà sotto la cenere, scorrerà sotto traccia, non disporrà di quel permanente vivavoce planetario di cui ha disposto l’opinione pubblica antitrumpiana in questi quattro anni. Non ne sentiremo parlare.

Dalla Casa Bianca uscirà Trump e non entrerà nessuno. Quel nessuno prenderà il nome e la sembianza di un vecchietto, di quelli che fanno le pubblicità alle dentiere e alle pasticche per la prostata infiammata. Si chiama Joe Biden, eletto solo in sfregio e in odio a Trump; non un leader, ma un trumpifugo, un antibiotico, un vaccino contro l’ingombrante Trump Macigno. Il Bene è ineffabile, può anche non avere un volto, basta che cancelli il Maligno con le sue fattezze.

In realtà, come cambierà il mondo senza Trump? Non cambierà poi tanto perché Trump non ha voluto essere un leader globale ma è rimasto saldamente ancorato alla sua America. America first. America alone. Non ha invaso i mercati, non ha colonizzato il pianeta ma ha protetto i prodotti americani, è rimasto sulla difensiva. Non ha dato vita a nessuna internazionale sovranista, ha mantenuto un rapporto ambiguo con Vladimir Putin; in Europa abbiamo avvertito solo i suoi dazi, non altro. Non ha conteso alla Cina il controllo dell’Africa, ha avuto con l’Asia solo rapporti di concorrenza. Ma soprattutto non ha inteso esportare il modello americano nel mondo, si è limitato a proteggere dal mondo gli Stati Uniti. Per la prima volta l’America non si è identificata con la globalizzazione ma con la difesa dalla globalizzazione.

Per queste ragioni la caduta di Trump non avrà ripercussioni sui nostri scenari se non simboliche. Il tifo per Trump di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni non è stato ricambiato da attestazioni e sostegni. Abbiamo sentito l’effetto Trump solo sul piano commerciale, nell’import/export. L’unica vistosa ingerenza che Trump ha compiuto sull’Italia è stato il tweet d’incoraggiamento a «Giuseppi» mentre formava il secondo governo. Non avrà capito bene di cosa si trattava, magari gli piaceva la pochette nel taschino e l’abitino da Caraceni del gagà, se lo ricordava scodinzolante e un po’ lecchino con lui, lo riteneva un outsider come lui, un corpo estraneo alla politica…

È stata l’unica influenza di Trump sull’Italia, in favore del presente governo. Confermando di non capire molto di politica estera e di non volersi intromettere negli affari altrui.Ma se non è stato Biden, chi ha sconfitto Trump? Dovrei dire l’Apparato, l’establishment, insomma quel blocco globale che lo ha avversato su ogni terreno, per mesi, per anni. Con ogni mezzo. Ma Trump alla fine li avrebbe sconfitti. Lo ha sconfitto invece il Covid, che ha vanificato o fatto dimenticare il grande balzo in avanti che Trump aveva fatto fare agli Usa. E che lui ha fronteggiato in modo spavaldo ma non altrettanto efficace, in una prima fase sottovalutandolo.

E i brogli? Può essere, ma una cosa è certa: la culla della democrazia ha una chiavica di sistema elettorale; aspettano ancora le diligenze postali come nel Far West…Sarebbe facile dire che con lui c’era il popolo, con Biden c’erano le élite. Ma è vero fino a un certo punto: diciamo che gli Usa, come quasi tutto l’occidente, è spaccato in due parti più o meno equivalenti. E sarei cauto a rovesciare il razzismo progressista e presentare il popolo di Trump come la parte sana e migliore dell’America.

C’è anche tanta marmaglia, come sempre succede quando i numeri sono grossi. Con questi onesti distinguo possiamo però dire che Trump e il suo popolo, alla fine, con tutti i loro difetti, erano preferibili ai loro tanti nemici. Infine, la vergogna della censura di tv e social a Trump; avevano tutto il diritto di commentare dopo con asprezza il discorso di Trump ma censurare mentre parla il presidente ancora in carica, è un’intolleranza e una violenza istituzionale che lascerà conseguenze. Il fatto è che da quando fu eletto lo considerate un intruso. Poi vi lamentate se lui ora disconosce il verdetto.

L’America rimanda a casa Trump. Joe Biden vince grazie al Covid

(Luca Telese – tpi.it) – Stavolta si può dire davvero: ha vinto Joe Biden. E ha vinto perché ha avuto un alleato feroce, implacabile e prezioso: il Covid. È stato il virus ha intaccare il mito dell’uomo forte, fino a tramutarlo – malgrado la guarigione dalla malattia a tempo di record – nella Storia di un leader vulnerabile. È stata l’emergenza Covid a distruggere il capitale di consenso di una ripresa portentosa, è stato il Corona Virus a produrre i due grandi esiti di questa campagna elettorale: lo spostamento dei lettori anziani e delle donne scolarizzate, nel campo dell’opposizione al Trumpismo.

Malgrado questo la campagna di Trump è stata tecnicamente perfetta: candidato repubblicano ha combattuto come un leone, ha messo il proprio corpo nella battaglia senza rete, senza risparmiarsi, in modo addirittura spericolato. Trump conosceva la sua America, e l’ha mobilitata perfettamente. Il punto è che mentre questo accadeva, gli anticorpi dell’Altra America, mobilitavano un altro esercito, contro di lui, di segno e forza speculari ed opposti. Biden non ha cancellato l’inedita carta geografica del consenso che il trumpismo ha disegnato nella società postmoderna. Non ha ribaltato la fiducia conquistata negli Stati della ruggine: ma questa minoranza di massa, arrabbiata, aggressiva e credula, ha prodotto quello che con a Hillary Clinton non era accaduto. Un rigetto. Biden non è stato l’artefice di questo processo, ma ne è stato il catalizzatore. Il suo volto botulinizzato, la sua aria démodé, la sua anzianità incolore lo hanno reso il nome giusto per non respingere nessuno dei diversissimi fiumi di opposizione carsici che la presidenza carismatica e dispotica di Trump aveva alimentato. E a questi affluenti lunghi ha aggiunto l’ultima e decisiva famiglia politica: quella dell’americano medio spaventato dalla spericolatezza, dalla sfrontatezza, dall’imprevedibilità.

È così che alla fine l’evento che diventa il punto di svolta è stato davvero quella malattia, il modo in cui il presidente l’ha affrontata. Ed è forse questo il fenomeno più interessante dal punto di vista mediatico: la fiaba superonistica del Regeneron guaritivo ha esaltato gli ultras ma non ha tranquillizzato la classe media, non l’ha rassicurata dai suoi timori esistenziali. È stata una salvazione individuale, prodigiosa, ma non è stata una catarsi collettiva. Il racconto del presidente combattente, non è mai diventato quello di un re taumaturgo capace di cambiare il destino di un’intera nazione, non ha convinto gli americani, che il Trumpismo potesse vincere anche la lunga e drammatica guerra del Covid.