ROMA\ aise\ – Al prossimo referendum costituzionale gli italiani all’estero potrebbero votare solo in presenza, nelle sedi di Ambasciate e Consolati – o in altre sedi da loro “garantite” – , e non più per corrispondenza. È quanto prevede un ordine del giorno alla Legge di Bilancio che, presentato da Andrea Di Giuseppe (Fdi), è stato accolto ieri dal Governo.
“Un passo che considero di giustizia verso milioni di italiani all’estero”, commenta il deputato eletto in Centro e Nord America. “Il voto è sacro. È la voce di ogni cittadino. E proprio per questo non possiamo più accettare che, fuori dai confini nazionali, quella voce sia esposta a dubbi, vulnerabilità e ingiustizie”. Secondo Di Giuseppe “il sistema del voto per corrispondenza oggi lascia spazio a troppe criticità: rischi di brogli, plichi smarriti o intercettati, e soprattutto una domanda che nessuno dovrebbe mai porsi davanti a un’urna: “Chi ha davvero votato?” E mentre crescono le segnalazioni di irregolarità, lo Stato spende circa 60 milioni di euro a consultazione, risorse che finiscono per pesare anche sui bilanci dei nostri Consolati”.
Con l’odg approvato ieri, sottolinea il parlamentare, “ho ottenuto un impegno chiaro: il superamento del voto postale, per arrivare a un modello fisico, trasparente e controllabile, con sezioni elettorali nelle Ambasciate e nei Consolati o aree da loro garantite, come già avviene per le elezioni europee nei Paesi UE. Perché la democrazia non può essere “a metà” a seconda di dove vivi. Gli italiani all’estero meritano lo stesso rispetto, la stessa protezione, la stessa certezza. Più garanzie per l’elettore. Più controllo sulle procedure. Più serietà nell’uso dei fondi pubblici. Il mio impegno in Parlamento continua: perché il voto degli italiani all’estero – conclude – deve essere libero, sicuro e senza ombre”. (aise) 

Referendum, verso la stretta last minute sul voto all’estero: passa l’odg della destra alla manovra. Il Pd: “È antidemocratico”

Il governo si impegna a valutare lo stop alle schede per posta: la mossa per anticipare le urne e ridurre il peso di un elettorato tendente al No. Maruotti (Anm): “Ennesima forzatura”

Referendum, verso la stretta last minute sul voto all’estero: passa l’odg della destra alla manovra. Il Pd: “È antidemocratico”

(di Paolo Frosina – ilfattoquotidiano.it) – Niente più schede inviate per posta, ma solo depositate in presenza nelle ambasciate e nei consolati, trasformati per l’occasione in seggi elettorali. Si fa concreto il piano di limitare il voto degli italiani all’estero al referendum sulla riforma Nordio: un’altra mossa pensata dalla maggioranza per anticipare la data delle urne, con l’ulteriore effetto – senza dubbio non sgradito – di ridurre il peso elettorale di un bacino considerato tendente al No. Nella notte tra lunedì e martedì, durante l’esame della manovra alla Camera, il governo ha accolto un ordine del giorno del centrodestra che lo impegna a “valutare la possibilità di introdurre ulteriori disposizioni normative nel sistema di voto all’estero”, consentendo di esprimerlo solo “presso le sezioni elettorali appositamente istituite nelle ambasciate e nei consolati italiani nel mondo”. Insomma, i nostri connazionali residenti in altri Paesi non riceverebbero più a casa la scheda da rispedire in Italia per corrispondenza, come prevede la legge Tremaglia del 2001 (un provvedimento simbolo della destra) ma dovrebbero recarsi di persona in una sede diplomatica, spesso distante centinaia di chilometri.

Il rischio per la destra

Nelle premesse dell’atto si fa riferimento all’esigenza di evitare brogli elettorali, nonché al potenziale risparmio per le casse pubbliche (stimato, in realtà, in soli sessanta milioni di euro). Ma non è un caso che il tema, dopo 25 anni d’inerzia, sia salito proprio ora in cima alla lista delle priorità: organizzare il voto per posta, infatti, sarebbe difficilmente compatibile con l’esigenza del governo di andare alle urne il prima possibile in modo da scongiurare una rimonta del No. Negli ultimi anni, inoltre, l’elettorato estero non ha dato molte soddisfazioni al centrodestra: alle Politiche del 2022 il Pd ha quasi doppiato la percentuale ottenuta in Italia, eleggendo tre senatori su quattro e quattro deputati su sette, superando da solo Fratelli d’Italia, Forza Italia e la Lega, riuniti sotto un solo simbolo. E se nelle elezioni delle Camere il peso della circoscrizione Estero è ridotto dall’assegnazione di un basso numero di seggi, al referendum questo correttivo si annulla: ogni voto conta come gli altri.

Di Pietro: “Evitare brogli”

Così la maggioranza, attraverso l’ordine del giorno, si è attivata per scongiurare il rischio. “Negli anni ci sono stati casi di brogli oltre che di schede scomparse, arrivate a destinazione troppo tardi oppure non conteggiate a causa di errori procedurali. Il sistema è inoltre molto oneroso per lo Stato, dato che le schede vanno stampate, spedite a destinazione e poi di nuovo in Italia”, afferma il primo firmatario, il deputato meloniano Andrea Di Giuseppe (eletto in America settentrionale e centrale). A sponsorizzare l’odg anche l’ex pm Antonio Di Pietro, ora membro fondatore del Comitato per il Sì costituito dalla Fondazione Einaudi: “Ora ci auguriamo che il Parlamento promuova rapidamente un provvedimento ad hoc. Come ho avuto modo di denunciare nei giorni scorsi, dobbiamo evitare che si verifichino fenomeni già accaduti in passato, ovvero che gruppi di persone, che hanno come riferimento specifici partiti e sindacati, possano preparare le buste contenenti voti espressi all’insaputa dei diretti interessati. Permettendo agli elettori di votare in presenza, con il proprio documento di identità, eviteremmo il rischio di brogli”, afferma.

Provenzano (Pd): “Forzatura antidemocratica”

Protesta invece il Pd, con il responsabile Esteri Peppe Provenzano che denuncia “l’ennesima forzatura antidemocratica per provare ad anticipare la data del referendum”. “Con le procedure attuali”, spiega, “le operazioni di voto dovrebbero partire almeno 15 giorni prima che in Italia, con un lavoro preparatorio che renderebbe impossibile votare a marzo. Conculcare il diritto di voto di sei milioni di nostri connazionali, alla vigilia di una consultazione referendaria, precludendo qualsiasi reale informazione sul quesito, rappresenterebbe l’ennesimo vulnus democratico di un governo impaurito dal possibile esito elettorale e accecato dagli interessi di parte”, afferma. Anche il vicecapogruppo dem alla Camera Toni Ricciardi, eletto nella ripartizione Europa, parla di un “precedente istituzionale molto grave”: “Con una legge di bilancio, e addirittura tramite un ordine del giorno, si impegna il governo a mettere mano alla legge elettorale e alle modalità di voto degli italiani all’estero a meno di novanta giorni da una consultazione elettorale. La legge di bilancio è lo strumento con cui si discutono risorse, diritti e politiche pubbliche, non può diventare il veicolo per modificare le regole del gioco democratico a ridosso del voto“, incalza. “Basta forzature”, chiede anche il capogruppo dem in Commissione Giustizia a Montecitorio Federico Gianassi: “Dopo quella che ha imposto al Parlamento di fare da passacarte sulla riforma della giustizia, si fermi questo maldestro tentativo di bloccare il voto degli italiani all’estero. Sulle date del referendum non si facciano accelerazioni. È in corso una raccolta di firme che sta riscuotendo un grande successo, si rispettino regole e la prassi”.

Maruotti (Anm): “Si vuol complicare l’esercizio del voto”

Severo il giudizio del segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati Rocco Maruotti: “Paventando indimostrate problematiche attinenti alla sicurezza del voto e l’esigenza di contenere i costi, si è prodotta l’ennesima forzatura”, commenta al Fatto. “È difficile non pensare, infatti, che la reale esigenza sia un’altra: rendere più complicato l’esercizio del diritto di voto, che non potrà essere adempiuto da casa ma in un lontano ufficio consolare, e consentire un’anticipazione del voto rispetto a quanto previsto dalla legge sui referendum costituzionali, senza dovere attendere l’espletamento delle procedure previste attualmente per il voto dall’estero”.

La costituzionalista: “Potenziale violazione delle norme”

“Dall’accademia esprime serie perplessità la costituzionalista Roberta Calvano, professoressa ordinaria all’università Unitelma Sapienza di Roma, che segnala la potenziale “violazione del principio di stabilità delle regole elettorali sancito dalla Commissione di Venezia”, organo consultivo del Consiglio d’Europa in materia elettorale, “e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”. La Corte Edu, infatti, “si pronuncerà a breve su di un ricorso sul Rosatellum, in cui si lamentava proprio la modifica della disciplina elettorale a pochi giorni dalle elezioni, mentre il codice di buone pratiche in materia elettorale indica il “principio dell’anno“, per cui la legge elettorale non dev’essere toccata nell’anno che precede le elezioni”. La Commissione di Venezia, spiega, “ha ammesso delle eccezioni a quel principio, ma sicuramente questa non rientrerebbe tra quelle consentite: qui siamo addirittura a procedimento referendario già avviato. Anche la Corte costituzionale non potrebbe che giudicare illegittima la modifica. Voglio sperare non si arrivi a tanto“, chiosa.