
(di Marcello Veneziani) – Da quando è al governo la destra non è cambiato nulla nella nostra vita di italiani, di cittadini, di contribuenti e anche in quella di «intellettuali», di «patrioti» e di uomini «di destra». Tutto è rimasto come prima, nel bene, nel male, nella mediocrità generale e particolare. E perdura anche il clima di intolleranza e censura verso le idee che non rientrano nel mainstream.
Non saprei indicare qualcosa di rilevante che segni una svolta o che dica, nel bene o nel male, al Paese: da qui è passata la destra – sovranista, nazionale, sociale, patriottica, popolare, conservatrice o che volete voi – e ha lasciato un segno inconfondibile del suo governo.
Lo diciamo senza alcun piacere di dirlo, anzi avremmo più volentieri taciuto, occupandoci d’altro; lo scriviamo solo per non sottrarci, almeno a fine anno, a tentare un bilancio onesto, realistico e ragionato della situazione. Le campagne propagandistiche filogovernative e antigovernative raccontano trionfi e catastrofi che non ci sono, sceneggiano paradisi o inferni inverosimili: prevale il purgatorio della routine.
Mediocritas, plumbea o aurea, senza tracolli. Nulla di significativo e di sostanziale è cambiato nella vita di ogni giorno, negli assetti del Paese, nella politica estera ma anche sul piano delle idee, della cultura e degli orientamenti pubblici e perfino televisivi, eccetto l’inchino al governo; tutto è rimasto come prima, salvo le naturali, fisiologiche evoluzioni e involuzioni. E in Rai?
Ancora Vespa, Benigni e Sanremo, per dirla in breve.
Niente di nuovo, da nessuna parte.
Solo vaghi annunci, tanta fuffa, piccole affermazioni simboliche, del tipo «l’oro è del popolo italiano», un po’ di retorica comiziale e qualche ipocrisia.
Non è emerso alcun astro nascente, nessuna nuova promessa in ambito politico, mediatico, culturale o nella pubblica amministrazione. C’è lei, solo lei, il resto è contorno e comparse.
Chi assegna ancora qualche valore alle appartenenze politiche deve abituarsi a considerarle esattamente come le passioni sportive: puoi tifare per una squadra come per un partito, per un tennista come per un leader, ma sai che se vince o se perde non cambia nulla nella realtà, nella tua vita e in quella pubblica.
Non siamo delusi da questa assenza di svolta perché non ci eravamo mai illusi; sin da prima delle elezioni e poi quando s’insediò al governo la Meloni avvertimmo che non sarebbe cambiato nulla di sostanziale, nessuna svolta a destra era all’orizzonte né avrebbe mai potuto esserci; per andare al governo e per restarvi, la Meloni avrebbe seguito alcune linee obbligate e rinunciato ad altre battaglie politiche annunciate quando era all’opposizione, magari lasciandole balenare ancora solo nei comizi. Insomma avrebbe seguito e rispettato gli assetti interni e internazionali e le direttive, si sarebbe attenuta alla linea Draghi, e nei comportamenti avrebbe adottato uno stile mimetico di tipo democristiano. Così è stato.
Per mantenere il consenso ha giocato di rimessa, puntando sugli errori e le intolleranze della sinistra che creano ondate di rigetto e di solidarietà con chi ne è vittima. Del resto non c’era nemmeno una classe dirigente adeguata alla sfida e in grado di poter cambiare veramente il corso delle cose.
Ma anche chi oggi la contesta dall’opposizione non avrebbe fatto diversamente se fosse stato al governo, si sarebbe attenuto alle direttive dominanti, avrebbe seguito le stesse linee di fondo.
La Meloni ha governato con abilità, astuzia, prudenza e con una mimica verace e una verve passionale che suscitano simpatia. Si è affermata a livello interno e internazionale, aiutata dall’assenza di competitori adeguati all’opposizione e di alleati che potessero insidiare la sua leadership, e favorita all’esterno dal vuoto di leader europei, con capi di governo meno forti e meno popolari di lei.
L’unica vera novità politica deriva da un riflesso d’oltreoceano: l’elezione di Donald Trump nel bene e nel male ha ridisegnato il campo e gli scenari. A livello internazionale, quell’elezione ha aumentato il peso della Meloni, come sponda europea dell’Atlantico, e lei si è barcamenata a livello internazionale tra le due linee. Ma il peso dell’Italia resta relativo e permane la doppia dipendenza euroatlantica. Il margine di autonomia è tutto nel sapersi destreggiare tra le due sponde. Una sola raccomandazione: si tenga almeno lontana dallo scellerato eurobellicismo.
Per la Meloni è una situazione favorevole che non ha precedenti, che le garantisce la navigazione fino a conclusione della legislatura, durata e stabilità, salvo inciampi e imboscate; prima di lei i cicli politici non sono durati più di tre anni (Renzi, Conte, Draghi più altre più brevi meteore).
Mezza Italia non va a votare ma in quell’altra metà la Meloni con la sua coalizione riesce a prevalere. Tre quarti del popolo italiano, dice il Censis, non crede più alla politica.
È nato un nuovo populismo anti politico. È questo l’ultimo stadio del populismo, quello di chi diffida ormai della politica e se ne tiene alla larga. Ma questo malumore generale vive nella sua dimensione privata e individuale, senza sbocchi politici.
La politica tramonta, come è tramontata la religione, e pure l’amor patrio e ogni altra appartenenza significativa; il nuovo populismo anti politico si fa virale ma molecolare, miscredente e autoreferenziale.
Tutti lasciano la piazza, ognuno se ne va per conto suo. Non crediamo, come taluni sostengono, che la Meloni, appena varcata la soglia dei 50 anni, età minima per candidarsi, abbia in mente di puntare al Quirinale dopo il lungo regno di Mattarella; sarebbe un salto prematuro, quasi un prepensionamento precoce, che avrebbe senso solo con una riforma presidenzialista: ma non è alle viste, mentre l’ipotesi di rafforzare il premierato è concreta, trova consensi trasversali e conferma che il progetto meloniano sia quello di restare ancora a Palazzo Chigi, con maggiori poteri. Peraltro non è mai accaduto che un vero leader politico in Italia sia diventato capo dello Stato: nessuno nella decina di leader e premier forti che abbiamo avuto nella nostra storia repubblicana è mai diventato presidente della Repubblica.
Con questa analisi disincantata sappiamo di scontentare sia i lettori che sostengono con entusiasmo o quantomeno con fedeltà di schieramento la Meloni e il suo governo; sia quanti, viceversa, trovano troppo indulgenti e benevoli i nostri giudizi sul governo Meloni che ai loro occhi avrebbe invece tradito gli italiani e le sue promesse.
Questo dissenso bilaterale tra i lettori ci spinge ancor più a parlare sempre meno di politica e di governo; ma riteniamo che sia nostro primo dovere, una tantum, dire ciò che ai nostri occhi ci sembra essere la verità della situazione. Possiamo sbagliarci, naturalmente, ma ci rifiutiamo di fingere e di ingannare. Se poi ad altri fa piacere credere alle fiabe, fatti loro.
Articolo piu’ che condivisibile…..!!!!!!
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La Via della Seta firmata senza “il consenso di Trump”, il reddito di cittadinanza, la riforma della Giustizia di Bonafede, il PNRR, la riduzione del numero dei parlamentari, le redistribuzioni dei migranti a livello europeo: tutte cose fatte dai fantasmi e cancellate da gioggia, vero fazioso Veneziani!!???
Quindi all’opposizione ci sarebbe chi in 3 anni avrebbe fatto qualcos’altro di utile davvero per la Repubblica Italiana( torniamo a chiamarla con il vero nome)!!!
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e l’inflazione che corre …a nascondersi 1,4% di rivalutazione delle pensioni questo quando i generi di prima necessità sono raddoppiati prendiamo la carta igenica per esempio ah! già se ne può sempre fare a meno
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Caro signore Veneziani, mi permetta di dissentire, anche se in linea generale la sua analisi è abbastanza veritiera. Ma non è vero che non è cambiato niente. È peggiorata tutta la baracca. E continuerà a farlo. E vedremo chi, come e quando pagherà il conto. Ed è questo il vero cambiamento. Perché, piace o no, la meloana è solo un’altra affiliata alla casta, ma con una bocca che emette più decibeli degli altri. Ma di sostanza, non c’è nulla. E il vuoto, prima o poi, inghiotte tutto.
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Cerchiobottista…. hhaha… non è cambiato nulla…. fette di prosciutto negli occhi!
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Interessa assai poco sapere cosa avrebbe fatto il campo avverso (alla Melona) se fosse al governo. Forse niente di più o niente di meno di ciò che sta facendo LEI, viste le proposte atlantiste in politica estera soprattutto del Pd che è pur sempre il partito prevalente dell’opposizione. Indicativo, in questo senso, l’inquietante silenzio (complice?) del PD – che è pur sempre il partito maggioritario dell’opposizione – alle preoccupanti dichiarazioni di Mattarella su politica estera e di difesa, bellicista in particolare.
In ogni caso è il cdx al governo, e da esso vien fuori la stessa identica posizione a favore di ceti privilegiati di tutti gli altri governi di cdx con in più – e questa è la novità che Veneziani sottovaluta – il progetto di stravolgimento istituzionale anti poteri-di-controllo costituzionali (referendum già deciso su giustizia in vista di quello su premierato, per non dire di attacchi giornalieri a chi ha compiti di vigilanza). Quindi non direi proprio che FdI & Co. stiano promuovendo una semplice, normale, tipica politica di centrodestra, in realtà… reazionaria.
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”La Meloni ha governato con abilità, astuzia, prudenza e con una mimica verace e una verve passionale che suscitano simpatia” Niente da dire, una gran bella leccata di qulo che contraddice pesantemente il resto dell’articolo. Per quanto riguarda la reputazione dell’Italia all’estero stendiamo un pietoso velo di cemento…
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Un’ articolo scritto da un’ altro che crede di chiamarsi giornalista alla pari di Giannini ,Mieli,Sallustri,Gruber ,Mentana,Vespa e la lista è lunga ancora .I primi responsabili della decadenza di questo paese e dell’ avvento della scempiaggine al governo della nazione.🤔
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Insulso
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“Non saprei indicare qualcosa di rilevante che segni una svolta o che dica, nel bene o nel male, al Paese: da qui è passata la destra – sovranista, nazionale, sociale, patriottica, popolare, conservatrice o che volete voi”
Marcello, come potevi pensare che appena arrivata a sedersi sulle poltrone del governo potesse cambiare il “Deep-State” che si era sedimentato nel cinquantennio del regime Demo-Comunista? Per cominciare a cambiare qualcosa bisognerà al referendum vinca il SI affinché i magistrati non facenti parte di MD prendano il coraggio ed escano dall’angolo in cui sono stati costretti dai compagni. Poi sarà necessario che il centro destra vinca le prossime elezioni e che il partito di Giorgia Meloni ottenga una percentuale superiore a quella del 2026, tanto da far capire ai soci della coalizione che non devono fare gli schizzinosi. Poi essere compatti nella scelta del prossimo Presidente Repubblica, il quale quando dovrà nominare i giudici costituzionale li scelta di destra e non fra i soliti fili sinistri. A quel punto i magistrati sabotatori dell’azione di governo capiranno che dovranno agire secondo il sentire del popolo italiano e non secondo il loro sentire antigovernativo. Insomma, per smantellare il regime demo comunista non bastano 3 anni di governo di centro destra.
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Chi assegna ancora qualche valore alle appartenenze politiche deve abituarsi a considerarle esattamente come le passioni sportive: puoi tifare per una squadra come per un partito, per un tennista come per un leader, ma sai che se vince o se perde non cambia nulla nella realtà, nella tua vita e in quella pubblica.
E’ da almeno trent’anni che è così.
Ma anche chi oggi la contesta dall’opposizione non avrebbe fatto diversamente se fosse stato al governo, si sarebbe attenuto alle direttive dominanti, avrebbe seguito le stesse linee di fondo.
Ci siamo quasi Veneziani; ma non si chiamano direttive dominanti: si chiama DEBITO PUBBLICO
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