(di Tommaso Montanari – ilfattoquotidiano.it) – Sempre più fitta la nebbia in Valditara. È davvero sconcertante la reazione del ministro dell’Istruzione di fronte al numero crescente di ragazze e ragazzi che si rifiutano di fare l’orale dell’esame di Stato. L’articolo 18 del decreto legislativo 62/2017 stabilisce che ogni prova scritta vale fino a 20 punti, che l’orale ne può valere altrettanti e che i restanti 40 punti sono riservati al credito scolastico maturato negli anni precedenti. A questi si aggiungono 5 punti per chi raggiunge almeno 50 punti nelle prove, e ne ha 30 di credito.

Siccome per superare l’esame servono 60 punti (senza specifiche sul dove li si consegua), chi li ha già superati (tra scritti e crediti), può oggi legittimamente rifiutarsi di fare l’orale. Il che non significa affatto violare le regole: ma anzi applicarle letteralmente.

Che è il modo più civile, nonviolento e appunto maturo per contestarle, le regole.

Ci sono pochi dubbi circa il fatto che questa avvilente ragioneria del “merito” sia esattamente il contrario di ciò cui dovrebbe condurre il ciclo scolastico superiore. Con una reazione tipica del più ottuso autoritarismo, Valditara minaccia invece di cambiare non la degradante contabilità, ma proprio il margine di libertà che essa, preterintenzionalmente, lascia: “Se un ragazzo non si presenta all’orale, oppure volontariamente decide di non rispondere alle domande dei suoi docenti non perché non è preparato, cosa che può capitare, ma perché vuole ‘non collaborare’ e quindi ‘boicottare’ l’esame, dovrà ripetere l’anno”. In altri termini: se un candidato fa scena muta perché non ha aperto libro, sarà promosso (laddove abbia altrove accumulato crediti sufficienti); ma se la scena muta è argomentata con un discorso ‘contro’ questa scuola, allora sarà bocciato. È una misura in flagrante contrasto con l’articolo 21 della Costituzione, e che non reggerebbe a un incidente di costituzionalità; ma è soprattutto una finestra spalancata sulla visione politica di Valditara. E lo spettacolo è agghiacciante: “La valutazione finale – aggiunge il ministro – terrà conto anche del grado di maturazione complessiva, dell’autonomia e della responsabilità. Abbiamo deciso di fare chiarezza. Lo studente che, senza giustificato motivo, non si presenterà all’orale o rifiuterà di rispondere, dovrà ripetere l’anno. Atteggiamenti che deliberatamente intendano boicottare gli esami sono offensivi verso il lavoro dei commissari e verso la scuola, che è una cosa seria”. Ma la maturazione, l’autonomia, la responsabilità non sono forse dimostrate in sommo grado proprio dalla decisione di non partecipare al gioco truccato di una scuola indotta a insegnare tutto tranne che il pensiero critico? E non sono forse certificati dalla scelta di farlo con argomentazioni mature e assai bene esposte, e di farlo giocando contro il sistema le regole del sistema stesso? Queste ragazze e questi ragazzi appaiono infinitamente più maturi del ministro della scuola: che invece, sì, meriterebbe una sonorissima bocciatura.

Maddalena Bianchi, la studentessa di Belluno, ha rifiutato l’orale per denunciare (parole sue) “i meccanismi di valutazione scolastici, l’eccessiva competitività, la mancanza di empatia del corpo docente”, e ha raccontato: “Ho fatto un discorso ai professori, me l’ero preparato a lungo. Ho provato a descrivere nel dettaglio quello che secondo me a scuola non funziona”. Fossi stato un commissario, l’avrei ascoltata e ringraziata per la sua evidente maturità, e le avrei fatto osservare che forse proprio questa sua capacità di assumersi una responsabilità pubblica dimostrava che la scuola, malgrado tutto, le aveva dato una vera formazione. E poi avrei chiesto a colleghi e dirigente un dibattito serio e profondo su quelle parole. Bisognerebbe riprendere le riflessioni di Virginia Woolf su quanto una scuola che formi alla competizione, forma in realtà alla guerra: intesa come tentativo continuo non di comprendere l’altro, e di coabitarci, ma di schiacciarlo, di sconfiggerlo. Le ragazze e i ragazzi più sensibili sentono sulla loro pelle questa dimensione alienante della scuola: e coloro che la denunciano andrebbero pubblicamente lodati. Al posto delle lodi, Valditara ha sibilato giudizi e minacce. E il commento migliore è quello di Gianmaria Favaretto, l’altro studente veneto che ha contestato l’esame: “Sono senza parole. Non c’è alcun dialogo con gli studenti. Sono dell’idea che un problema, che evidentemente esiste, si possa provare a risolvere in due modi: o con il dialogo, oppure violentemente. E quella del ministro mi sembra una risposta violenta, per cui sono molto dispiaciuto”. Nella scuola e nell’università siamo davvero in tanti, per fortuna, a essere del tutto d’accordo con Gianmaria e Maddalena: che io qui ringrazio pubblicamente, come rettore di una università della Repubblica.