
(di Marcello Veneziani) – Nel giorno del suo compleanno repubblicano, una nazione civile e democratica, dove libertà fa rima con dignità, dovrebbe avere in mente soprattutto una cosa: l’amor patrio è il primo valore condiviso di una comunità nazionale e come tale va preservato e alimentato. Ma è anche il luogo in cui, legittimamente, si distinguono e si divaricano le culture della cittadinanza.
Cosa voglio dire? Il 2 giugno è la piazza in cui si incontrano, si salutano e si differenziano, in modo civile, gli italiani. Quali sono i valori comuni che si celebrano nell’amor patrio? Il rispetto del popolo sovrano, della sua storia e delle sue istituzioni, delle sue leggi e della dignità individuale e collettiva; il rispetto della libertà e della democrazia, delle sue regole e dei suoi verdetti; il rispetto dell’Italia, della sua integrità territoriale, del suo paesaggio e del suo linguaggio, delle sue città e delle sue culture, nel quadro di una scelta di civiltà europea e di pace internazionale. E dunque la difesa della patria in caso di pericolo. E’ inutile aggiungere cosa ci unisce in negativo: il rifiuto della violenza, dei totalitarismi e dei regimi oligarchici, ecc. Di tutto questo il presidente della Repubblica dovrebbe essere il supremo garante, ma non il solo: le forze armate e le forze dell’ordine, la magistratura, la cultura e tutti i rappresentanti dello Stato devono farsene garanti. Però non siamo ipocriti: sappiamo che accanto a valori condivisi e a regole comuni e comunemente accettate, ci sono anche motivi di contrasto. Se fingiamo che intorno al 2 giugno e all’amor patrio non ci siano motivi di divergenza, facciamo abortire la festa; ne diamo una versione falsa, puramente cerimoniosa, che nasconde il germe della doppia verità, del finto ossequio.
E allora un paese civile, una democrazia sana, non scaccia le divergenze ma cerca di immetterle nel libero gioco della politica e delle culture plurali. E allora dopo aver indicato i punti che ci dovrebbero unire, da destra a sinistra, passando per il centro e per le periferie, provo a dire onestamente cosa ci divide il 2 giugno. Non prendetelo come un esercizio diabolico, di chi vuol seminare zizzania e secessione il giorno delle nozze, ma come una precisa e leale dichiarazione di intenti e di dissonanze. Dunque provo a puntualizzare le differenze.
1) Le culture di centro-sinistra ritengono che l’amor patrio sia fondato sul patto costituzionale, mentre le culture di centro-destra ritengono che prima della costituzione formale, sancita da una carta, vi sia una costituzione reale o materiale che nasce e si forma nel corso della storia e della vita di una comunità. Patriottismo della costituzione da una parte, patriottismo della tradizione dall’altra. Certo, i primi non possono negare importanza alla tradizione di un popolo, così come i secondi devono rispettare le regole sancite dalla Costituzione. Ma i primi affidano il patto tra i cittadini a quella carta, mentre i secondi la affidano alla storia e alla realtà di una nazione. Magari passando per le patrie locali.
2) Di conseguenza, l’amor patrio dei primi si identifica con la nascita dell’Italia repubblicana e antifascista e si situa storicamente in quel quinquennio che va dalla caduta del regime fascista alla promulgazione della costituzione, passando per la guerra di liberazione, il referendum e il ritorno della democrazia. Per i secondi, invece, l’amor patrio è una consonanza antica, coincide con l’essere italiani, indipendentemente dai regimi e dalle costituzioni; e dunque nell’amor patrio rientra la storia dell’Italia, il sentire comune, civile e religioso, la vita di un popolo e di uno Stato unitario. L’amor patrio dei primi quasi coincide con l’antifascismo; per i secondi, invece, è amore delle radici e del loro sviluppo.
3) Sul piano sociale, l’amor patrio dei primi è legato essenzialmente alla cittadinanza e alle sue regole, mentre nei secondi è legato all’appartenenza e all’identità. Per i primi è un caso privo di significato che si nasca in un luogo anziché in un altro, quel che conta è decidere di vivere in quel luogo, accettando alcune regole. Per i secondi invece il legame con un luogo, con un’origine, non è casuale e insignificante, ma è un segno del destino, di conseguenza è importante nascere in un luogo, in una famiglia, nel solco di una patria anziché un’altra. Non è un discorso di astratti principi ma di concrete conseguenze: i primi ritengono che tra un connazionale ed uno straniero non ci siamo differenze, e che la solidarietà debba essere universale. I secondi, invece, ritengono che la solidarietà per essere concreta e incisiva, debba partire dal più vicino e poi allargarsi al più lontano; di conseguenza, l’amor patrio si manifesta a partire da tuo padre e tua madre, da tuo fratello e poi dal tuo vicino, dal tuo collega, dal tuo concittadino e poi dal tuo connazionale, via via allargandosi.
4) L’amor patrio nelle culture progressiste è una variabile secondaria e subordinata del cosmopolitismo e dell’internazionalismo, dell’amore universale. Quel che conta è essere cittadini del mondo; essere cittadini italiani è solo una caso specifico, una modalità relativa e fortuita. Viceversa, per le culture della tradizione si è cittadini del mondo solo in quanto si è cittadini della propria patria, e dunque l’amor patrio è il fondamento vitale e concreto su cui basare il legame con il mondo. Non siamo apolidi e apatridi abitanti del pianeta, indifferenti al luogo che ci vide nascere e crescere; ma portiamo nella nostra anima e nella nostra vita, il segno di quel legame, di quella provenienza, di quella casa e di quelle comunità.
Ora, non credo che le due diverse culture debbano considerarsi l’un contro l’altra armate, non credo che l’una debba disprezzare l’altra evocando fantasmi del passato e figure del Male. Ma non credo nemmeno che possano combaciare e fondersi. La politica è proprio questo, la passione comunitaria verso ciò che unisce e verso ciò che differenzia; la politica è la corda tesa tra il conflitto e il consenso, la possibilità di divergere senza farsi la guerra, o di raggiungere equilibri e coesistenze senza sognare pacificazioni definitive e unanimità impossibili. Per questo è giusto festeggiare insieme il 2 giugno, sentirsi insieme italiani e uniti, ma nella diversità che sono poi le basi della democrazia.
Quando a Socrate (non propriamente un contemporaneo radical chic di sinistra) chiedevano se fosse un ateniese o un greco, lui rispondeva di essere un cittadino del mondo. Veneziani fa tanto l’alfiere della civiltà occidentale, della tradizione e di tutte le altre fesserie che inanella sempre con una innata predisposizione naturale ma nelle sue pseudotesi si arrocca sempre in quella mentalità da tribù di cavernicoli che ha partorito il concetto di patria, l’alibi perfetto per tutte le grandi stragi della storia.
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Democrazia e Repubblica hanno perso ogni significato da tempo.
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