LA SFIDA SULLA RIFORMA – La leader: “Chi se ne importa”. Accusa La7: “Decide il popolo, non i radical chic”. Apre alla destra europea ed è cauta su Toti

(DI GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – Da “o la va o la spacca” a “chissene importa”. Nel mezzo solo quarantotto ore. D’altronde il rischio di personalizzare ancora una volta il referendum sul premierato era ormai concreto. E Giorgia Meloni voleva evitare di fare lo stesso errore di Matteo Renzi. Così, tra sabato e domenica mattina, i suoi collaboratori le hanno consigliato di cambiare versione. Lo scivolone comunicativo è stato commesso, bisogna correggere, è la linea. La premier va a In Mezz’ora da Monica Maggioni e sulla riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del premier dice: “Non lo considererò mai come un referendum su di me”. E ancora: “’O la va o la spacca’ era perché mi hanno chiesto se ‘non pensa che il referendum potesse essere pericoloso’. Ma chi se ne importa! – ha aggiuntoMeloni– se la riforma non passa vorrà dire che gli italiani non l’avranno condivisa ma io arrivo alla fine dei miei 5 anni e chiederò di essere giudicata”.

Quella di ieri è la prima volta in cui Meloni dice apertamente che non si dimetterà in caso di sconfitta referendaria, anche se stiamo parlando di una riforma i cui tempi sono piuttosto lunghi: la prima lettura al Senato si concluderà il 18 giugno ma il rischio è che la seconda alla Camera slitti al 2025 perché in autunno Montecitorio sarà impegnato con la legge di Bilancio. Non è escluso quindi che alla fine il referendum possa tenersi a ridosso delle elezioni politiche, o anche successivamente. Ad ogni modo la premier ieri ha detto che non vuole legare, come fece Renzi, il suo mandato di governo alla riforma costituzionale. E il leader di Italia Viva le ha subito risposto: “Non è così – ha scritto sui suoi social – perdere un referendum significa perdere la fiducia del Paese, quindi se ne dovrà andare”.

La giornata di ieri però è servita alla premier per sferrare un nuovo attacco contro l’informazione. Se sabato aveva inscenato una sorta di “Tele Meloni” sbeffeggiando le opposizioni dalla sua scrivania di Palazzo Chigi, ieri la premier ha diffuso il suo messaggio elettorale autogestito per La7 in cui ha attaccato i giornalisti della rete considerati “nemici” a Palazzo Chigi rivolgendosi anche ai telespettatori: “Spero di trovarvi rincuorati – spiega Meloni in apertura dello spot– per lo scampato pericolo della deriva autoritaria, del collasso dell’economia, dell’isolamento dell’Italia a livello internazionale. Perché mentre molti discutevano di questi fantasmi noi lavoravamo senza sosta, per migliorare le condizioni dell’Italia”. Poi Meloni ha elencato tutti i risultati del suo governo e concluso con un attacco duro alla rete: “L’8 e 9 giugno non sono i salotti radical chic a parlare ma il popolo e quello del popolo da sempre è l’unico giudizio che ci interessa”. A risponderle è il conduttore di Piazza Pulita Corrado Formigli secondo cui Meloni fa “un salto di qualità”: “Stavolta la presidente del Consiglio non attacca i giornalisti di La7. Va oltre e sbeffeggia e insulta milioni di italiani che guardano la nostra rete”. Il direttore del Tg Enrico Mentana, che dal festival della tv di Dogliani ha ipotizzato un confonto tv ancora possibile tra Meloni e Schlein dopo quello saltato in Rai, invece replica con una battuta: “Se Meloni sente la mancanza dei telespettatori di La 7 potrà incontrarli nella sera più importante della campagna elettorale, il 7 giugno, visto che è stata invitata come tutti i leader”.

Nell’intervista a Rai 3, però, la premier fornisce anche un’idea su quale potrebbe essere la strategia dopo le elezioni europee. Per la prima volta apre le porte all’estrema destra europea di Identità e Democrazia, dopo lo sdoganamento di Marine Le Pen: “Non sono abituata a dare le patenti di presentabilità – dice Meloni – Il mio obiettivo è costruire una maggioranza alternativa. L’obiettivo è una maggioranza di centrodestra e mandare la sinistra all’opposizione in Ue”. Sull’inchiesta che riguarda il Presidente della Liguria, Giovanni Toti, che si trova agli arresti domiciliari, ancora una volta è cauta: sulle sue dimissioni dice che “solo lui può conoscere la verità” ma fa trapelare la tesi della giustizia a orologeria. Per il futuro – ha concluso Meloni – vorrei che tra quando c’è una richiesta di misure cautelari e quando viene eseguita non passassero mesi. Non aspettare campagne elettorali”.