(Elena Basile – lafionda.org) – Gentilissima Senatrice Segre,

Vorrei tornare a rivolgermi a Lei sperando che questo mio nuovo tentativo di dialogo non sia causa di una sua seconda querela civile e penale.

Mi è terribilmente dispiaciuto che, in base a quanto riferitomi dagli avvocati, lei mi abbia querelato per “diffamazione e istigazione all’odio”.

Sono sgomenta all’idea che la mia difesa dei diritti umani e delle politiche umanitarie possa essere fraintesa fino al punto da farmi considerare un’antisemita. Oggi intervengo in favore del martoriato popolo di Gaza. Negli anni trenta l’avrei fatto per il popolo ebraico.

Sebbene mi sia pubblicamente scusata in un articolo apparso sul Fatto Quotidiano per avere utilizzato un paragone che, tenendo conto della sua veneranda età e della sua atroce esperienza di vita, avrebbe potuto ferirla, Lei non ha voluto credere nella sincerità delle mie scuse.

Mi ha in questo modo offeso gratuitamente, dubitando della buona fede  di un funzionario diplomatico che per 38 anni ha servito lo Stato Italiano.

Eppure nel video nel quale mi rivolgevo a Lei, mi premeva soprattutto, sulla scia di Hannah Arendt, sottolineare come i nazisti non siano stati mostri ma persone comuni, buoni padri di famiglia, sensibili alle malattie dei figli, alla morte di un cane. La doppia morale nazista è analizzata nel film meraviglioso “Zona di Interesse” del regista Glatzer che racconta la storia del comandante di Auschwitz e della sua famiglia. Vede, a mio avviso è importante, come la filosofa Arendt sottolineava nel suo bellissimo libro “La banalità del male”, comprendere che i crimini nazisti non sono una parentesi eccezionale della storia dell’umanità ma sono insiti nel cuore umano e possono sempre reincarnarsi in forme diverse, dando vita a nuove tragedie della storia.

Voler sottolineare l’unicità dell’Olocausto e del genocidio degli ebrei credo ci possa portare lontano dal riconoscimento di quelle forme di azione e di pensiero che, lasciate alla deriva, generano i nuovi mostri dovuti al sonno della ragione. La disumanizzazione del nemico è alla base di quella doppia morale che trasforma il gentile padre di famiglia in belva. I crociati, i colonialisti, i nazisti, i nemici in guerra, restano indifferenti di fronte alle sofferenze e alla morte delle loro vittime.

Diviene quindi cruciale utilizzare la memoria dei crimini nazisti contro gli ebrei non per celebrare asetticamente il passato ma per chiedersi quali siano oggi le nuove vittime, quali popoli subiscano lo sterminio di cui ha sofferto il popolo ebraico, anche se le dimensioni, il metodo disumano e scientifico utilizzato nel genocidio degli ebrei ha costituito un unicum speriamo irripetibile.

A Gaza un popolo muore. 35.000 vittime civili non è la cifra che include i bambini, le donne e gli anziani, agonizzanti sotto le macerie, i morti per fame, i morti per la distruzione della sanità, i feriti e gli amputati in ospedali fatiscenti e senza anestesia. Non c’è una guerra a Gaza ma un esercito che utilizza armi tecnologiche avanzate contro una popolazione inerme con la scusa di voler colpire i terroristi di Hamas. Come se per colpire un brigatista nascosto in un palazzo, il Governo italiano avesse dato mandato di radere al suolo l’immobile con gli anziani, le donne  e i bambini che lo abitavano. Un delirio difeso purtroppo dagli editorialisti della stampa occidentale.

La Corte Internazionale di Giustizia, sulla base delle accuse presentate dal Sud Africa, Paese che ha subito l’infamia dell’Apartheid, ha invitato Israele a creare tutte le condizioni affinché il genocidio a Gaza non si verifichi. Lo ha quindi considerato plausibile.

In Cisgiordania non c’è Hamas ma la ANP, riconosciuta soggettività palestinese eppure i crimini di Apartheid sono stati denunciati dalle Nazioni Unite. Il Governo di Israele in Cisgiordnia non ha più alibi, non sta combattendo i terroristi ma sta  in ogni caso commettendo crimini contro l’umanità e trasgredendo il Diritto Internazionale.

Il Procuratore della Corte Penale Internazionale, Karim Amad Khan, ha richiesto il mandato di arresto internazionale per crimini di guerra per Netaniahu e per il Ministro della difesa  israeliano Gallant, oltre che per tre dirigenti di Hamas. I crimini contro la popolazione civile ebraica e quelli di Gaza contro la popolazione palestinese sono giustamente messi sullo stesso piano. Una lezione morale contro i doppi standard che imperversano nello spazio politico mediatico occidentale.

Qualcuno è insorto per la comparazione tra il primo Ministro di un governo democraticamente eletto e i capi di un’organizzazione terroristica. In effetti il paragone è indebito. Un’organizzazione che utilizza la lotta armata per la liberazione di un popolo sotto occupazione è giustificata se colpisce l’esercito dello Stato occupante. Hamas è quindi coperta dal diritto internazionale se esercita la violenza contro le forze armate israeliane. Naturalmente è condannabile in base alla normativa delle Nazioni Unite se utilizza metodi terroristici colpendo, come ha fatto il 7 ottobre, la popolazione civile ebraica.

L’“unica democrazia del Medio Oriente” è a maggior ragione difficilmente giustificabile per i suoi crimini di apartheid in Cisgiordania e per lo sterminio di vittime civili a Gaza che non sono danni collaterali ma veri e propri obiettivi di punizioni collettive perpetrate da Israele anche in passato. La chiusura dei tre valichi alla frontiera di Gaza impedisce agli aiuti umanitari di raggiungere la popolazione civile. Ho letto con costernazione sulle pagine del Corriere della Sera – se lo ricorda, Senatrice, che bel giornale che era quando ospitava un dibattito di idee tra Pasolini, Moravia, Bobbio i tanti esponenti di una intellighentia meravigliosa che ha consolato la mia adolescenza?- che gli aiuti americani via mare possano essere una realistica alternativa per la carestia e la fame a Gaza. Quindi la chiusura da parte del Governo israeliano non costituirebbe un crimine contro l’umanità. E’ possibile ragionare in questo modo?

Ho letto anche oggi l’articolo di un ex collega sulla Stampa che sottolineava come la richiesta del procuratore della CPI, giustificabile dal punto divista morale, allontanasse di fatto la pace perché gli Stati Uniti e tanti Governi occidentali si sarebbero schierati in difesa di Netanyahu, dandogli maggiore respiro politico e dimenticando le pressioni contro l’azione militare a Rafah.

L’Occidente crea il mondo e poi afferma di dover essere realista e fare i conti col mondo quale è, cioè col mondo che ha creato. Di fatto la richiesta del procuratore della CPI avrebbe potuto accelerare la fine politica del Primo Ministro Netaniahu. Se Biden avesse preso le distanze come hanno fatto i Paesi europei più illuminati, (Spagna, Irlanda, Belgio, Francia, Norvegia, non il Governo Meloni complice dei crimini di guerra del governo israeliano), si sarebbe colta una opportunità per tentare un cambiamento di politica in Israele. La richiesta di un cessate il fuoco immediato e durevole a Gaza, unica vera condizione per il rilascio degli ostaggi e l’avvio di negoziati, sarebbe stata possibile.

Sa, Senatrice, quale sarebbe il mio sogno? Vedere la comunità ebraica e i suoi maggiori esponenti prendere le distanze dai regimi israeliani che stracciano la carta delle Nazioni Unite, non rispettano le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, si coprono di crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza come in Cisgiordania. Su Haretz, il noto giornale israeliano, tante sono le voci di denuncia dei crimini di Israele a cominciare da Gideon Levy. Haretz è un esempio di quella libertà di stampa di cui siamo carenti in Italia.

Se lei, Senatrice, difende la peculiarità dell’Olocausto e del genocidio degli ebrei, senza voler riconoscere le affinità di mentalità, di doppia morale e disumanizzazione del nemico, tra i carnefici della storia nei confronti delle vittime, potrà forse essere male interpretata. La falsa e crudele associazione tra i crimini di Israele e la posizione delle comunità ebraiche nel mondo prevarrà. E con essa temibili e condannabili rigurgiti di antisemitismo. Come Finkelstein e Moni Ovadia predicano ogni giorno, confondere l’antisemitismo con l’antisionismo non aiuta la ragione ma semina odio.

La convenzione sul genocidio del 1948 determina i parametri nei quali le azioni di genocidio possono ricadere. La convenzione fu scritta  dopo la scoperta delle miserie della seconda guerra mondiale. Essa era una lezione affinché il buio non colpisse nuovamente l’umanità. Non bisogna attendere che un intero gruppo etnico sia trucidato per far scattare l’allarme. La convenzione intende prevenire il genocidio non solo condannarlo a fatti avvenuti.

Mi rivolgo a lei, Senatrice,  in quanto sono convinta della sua buona fede (in questo divergiamo, nella fiducia nell’altro, presupposto di ogni dialogo costruttivo umano). Vorrei che le forze positive della nostra società che combattono oggi contro le guerre, contro lo sterminio di innocenti, siano questi i poveri ragazzi ucraini  o le tragiche vittime a Gaza, unissero le forze contro la barbarie. I giovani che finalmente hanno lasciato le loro stanze e i loro computers e sono scesi in piazza contro i crimini di Israele, hanno tanto da condividere con lei, Senatrice, e la sua testimonianza contro l’Olocausto.  L’indignazione contro le stragi di Gaza, che vediamo in diretta televisiva, è la testimonianza che la moralità, non il moralismo benpensante, ancora esiste nella società civile. L’indignazione per le centinaia di migliaia di giovani ucraini, per il lutto e la disperazione delle loro famiglie, per il fallimento di un Paese svenduto dalle proprie classi dirigenti agli interessi economici, energetici e geopolitici statunitensi, è viva nel paese.

A volte non si manifesta verbalmente. Le persone hanno paura. L’omertà non esiste solo sotto le dittature. Il dissenso, come sa Senatrice, è dileggiato, oscurato, diffamato e querelato oggi in Italia. Il mio caso credo  sia un esempio evidente. Stiamo attenti perché gradualmente ci stiamo allontanando dall’humus culturale delle democrazie costituzionali.