(Alberto Bradanini – lafionda.org) – 1. Di tutta evidenza i tanti segreti di stato che hanno agitato la gioventù e l’età adulta di intere generazioni sono tali solo per il popolo deliberatamente oscurato. Davanti a vicende come quella che segue, le rare riflessioni mediatiche – che incidentalmente emerse sono state subito archiviate dall’azione di sorveglianza di chi ha sempre saputo e taciuto – hanno al più suscitato qualche pubblica ansia passeggera, mai comunque nella psiche di coloro che svolgono occulti ed esecrabili professioni.

Il grande filosofo tedesco F. Hegel affermava che le cose note, proprio perché note, non sono conosciute, di certo non abbastanza. È questo il caso di una vicenda di spionaggio che sembra tratta da un libro di Le Carré. Seppur a suo tempo sviscerata dalla stampa internazionale (poco comunque da quella nazionale), essa merita tuttavia di essere rievocata, affinché non si perda coscienza che molte cose restano occulte nella tragedie che abbiamo davanti e che la qualità politica ed etica dei nostri cosiddetti amici è quanto mai scarsa.

2. L’11 febbraio 2020, per ragioni tuttora ignote, il giornalista del Washington Post[1] (WP) Greg Miller informa i lettori che per mezzo secolo un elevato numero di paesi al mondo ha affidato la tutela delle informazioni sensibili (quelle che si scambiano al loro interno governi, organismi di sicurezza, militari e diplomatici) a macchinari prodotti da un’unica azienda, la “svizzera” Crypto AG. Una notizia priva di rilevanza se non fosse che quella società, nata in Svizzera, poi divenuta una Joint Venture Usa-Germania Cia[2]-Nsa[3]/Bnd[4]), è servita per fabbricare macchine che consentivano di decifrare le comunicazioni classificate dei paesi acquirenti.L’operazione, considerata dalle intelligence dei due paesi un successo al di là di ogni immaginazione, è stata rivelata da un’inchiesta congiunta del Washington Post e dell’emittente tedesca ZDF.

La Crypto viene fondata negli anni del secondo conflitto mondiale dallo svedese di origine russa Boris Hagelin[5] quale filiazione della AB Cryptoteknik, a sua volta creata nel 1920 a Stoccolma da un altro svedese, Arvid Gerhard Damm, consolidato produttore di macchine crittografiche meccaniche. Poco prima della guerra Damm scompare e la società passa sotto il controllo di Hagelin, suo principale investitore.

Nel 1940, la Germania invade la Norvegia e Hagelin si trasferisce negli Stati Uniti dove entra in contatto con il Signal Intelligence Service di Arlington Hall, a cui inizia a vendere  i suoi apparati. Il business si rivela fruttuoso. Sebbene poco sofisticati, quei macchinari si rivelano assai utili per le truppe americane al fronte: durante la guerra ne verranno prodotte 140.000 unità. Il quel periodo, Hagelin stringe amicizia con William F. Friedman, il quale nel 1952 viene nominato responsabile della divisione criptografia della Nsa e insieme al legale della Crypto, Stuart Hedden, che diviene a sua volta vicedirettore della Cia, sarà da allora il riferimento interno all’intelligence statunitense.

Tra il 1948 e il ‘52, per ragioni fiscali, l’azienda si traferisce in Svizzera, a Steinhausen, mentre la holding di controllo viene registrata nel Liechtenstein. Da allora, su impulso di Friedman, la Crypto inizia a sviluppare apparecchiature cifranti complesse, nel quadro di una strategia lungimirante, quella di vendere tali sistemi a chiunque, un’operazione chiamata prima Thesaurus, poi Rubicone e infine (dalla Cia) Minerva.

Nel 1967, l’azienda conta oltre 400 dipendenti e fattura 14 milioni di franchi svizzeri. In quell’anno Hagelin valuta la possibilità di coinvolgere i servizi francesi, ma la Cia si oppone e Hagelin abbandona l’idea. Nel giugno 1970, la società viene segretamente acquistata per 5,75 milioni di dollari da una joint venture Cia-Bnd, che la controllerà fino al 1993, quando verrà assorbita al 100% dalla Cia, la quale solo nel 2018, davanti al progresso tecnologico ormai quotidiano, procederà alla sua dismissione. In quell’anno gli asset[6] della Crypto passano così a due nuove società: la CyOne che dichiara di operare solo sul mercato svizzero (ma nulla è più incerto) e la Crypto International AG (creata dal cittadino svedese Andreas Linde), che acquisisce il marchio storico Crypto AG, insieme ai prodotti e alla rete di distribuzione.

Intervistato al riguardo, (v. reportage BBC: Archive on 4Radio 4), Linde ha affermato di essere venuto a conoscenza dei legami dell’azienda con Cia-Bnd per averlo appreso dai giornali (!). Essendo la holding registrata nel Liechtenstein, l’identità degli azionisti resta misteriosa, protetta dalle barriere etiche del più impenetrabile e nefando paradiso fiscale d’Europa.

Nel 2020, un’indagine del Parlamento svizzero rivela che Berna e la sua intelligence sono sempre stati a conoscenza delle attività della Crypto, traendone tangibili benefici. Nel maggio 2021, la vicenda forma oggetto del citato reportage BBC, che pur lasciando molti aspetti nella nebbia, non esclude che la Crypto continui tuttora a operare sotto altre coperture. Tradotto in lessico esplicito ciò significa che Cia/Nsa continuano tuttora a sottrarre informazioni classificate a una dozzina di paesi che per misteriose ragioni starebbero ancora utilizzando apparati truccati.

Negli anni di attività, l’azienda ha venduto macchine del genere a più di 120 paesi, tra cui la maggioranza dei governi occidentali, le giunte militari in America Latina, India e Pakistan (rivali nucleari!), Iran (anche dopo la rivoluzione Khomeinista del 1979!) e Vaticano, a beneficio di americani, britannici e tedeschi. Nel 1981, il più grande cliente di Crypto era l’Arabia Saudita, seguita da Iran, Italia, Indonesia, Iraq, Libia, Giordania e Corea del Sud.

Mentre sottraevano a nazioni sprovvedute segreti di alto valore strategico, Cia/Nsa e le altre benemerite sorelle accumulavano profitti ingenti che poi reinvestivano nelle note operazioni di grande valore umanitario che abbiamo imparato ad apprezzare da ottant’anni[7]. Secondo il WP, i governi acquirenti pagavano fior di quattrini agli Stati Uniti e alla Germania Federale per il privilegio di vedersi sottrarre preziose informazioni riservate.

Dopo aver distribuito nel mondo migliaia e migliaia di trappole di questo genere, le spie americane e tedesche potevano prendere posto in salotto, fumarsi un buon sigaro e ascoltare il dialogo segreto tra militari, servizi di sicurezza, diplomatici e via dicendo dei paesi allocchi, amici e nemici. Che storia ragazzi![8]

Solo una manciata di paesi riesce a sottrarsi a un piano diabolico che è stato paragonato a una teoria di colpi di stato silenti ma assai efficaci. Le informazioni sottratte avevano natura politica, militare, tecnologica e commerciale, e le vittime erano nazioni ostili e alleate. Tale stato di cose sarebbe cessato – e nemmeno del tutto! – solo dopo la pubblicazione dell’inchiesta del WP e ZDF che ha fatto emergere e circostanze, ingenuità e corruzione di tante nazioni.

Solo per far degli esempi – ma l’iceberg nascosto sotto la superficie deve esser stato gigantesco – gli statunitensi: a) vengono a conoscenza degli intenti di Khomeini al tempo della crisi degli ostaggi (1979); b) passano informazioni critiche agli inglesi durante la guerra delle Malvinas; c) acquisiscono negli anni ’70 e dintorni le prove dei crimini dei dittatori sudamericani, tenendoli così per il bavero; d) verificano la lealtà degli alleati europei (non si sa mai!); e) raccolgono dati economici, tecnologici e finanziari a vantaggio del sistema americano (ma anche tedesco, britannico e israeliano), e via dicendo.

Quanto al fronte avverso, è evidente che Unione Sovietica, Cina e rispettivi alleati non hanno mai avuto l’anello al naso, eppure anche su di essi l’intelligence Usa dispiega le sue antenne intercettando i messaggi su cui i paesi del Terzo Mondo (tutti clienti della Crypto) riproducevano i contenuti dei loro contatti con gli interlocutori di quelle nazioni.

Nonostante l’impegno, tuttavia, ogni tanto qualcosa trapelava. Nel 1986, ad esempio, Ronald Reagan mette una pulce all’orecchio del governo libico con alcune dichiarazioni imprudenti. L’allora inquilino della Casa Bianca accusa pubblicamente la Libia di essere implicata nell’attentato alla discoteca di Berlino Ovest dove avevano perso la vita due marines e una donna turca. Alcuni giorni dopo Reagan ordina attacchi di rappresaglia (che uccidono anche una figlia di Gheddafi), citando quali prove inoppugnabili le comunicazioni dell’ambasciata libica a Berlino Est (l’ordine di agire e il resoconto dell’operazione il giorno successivo). Tripoli capisce in tal modo di essere stata intercettata. Sorprendentemente, però, quale ennesima dimostrazione dell’efficacia della propaganda, un’abile campagna mediatica mette a tacere la vicenda riuscendo a distrarre i paesi acquirenti, e tutto continua come prima.

La portata e la durata dell’operazione Crypto aiuta a spiegare la propensione degli Stati Uniti verso quell’insaziabile, patologico e imperiale appetito per la sorveglianza universale, che il coraggio di Edward Snowden avrebbe smascherato nel 2013, quando emerge che persino il telefono della Cancelliera Merkel era sotto ascolto da parte delle agenzie Usa. E non andremmo fuori dal seminato se immaginassimo che i cellulari dei nostri dirigenti siano sorvegliati da quegli stessi amici! Solo i lettori di Sant’Agostino possono ancora credere nella correttezza del Grande Fratello, da tempo incurante finanche delle apparenze quando si tratta di estrarre ricchezze e privilegi dal resto del mondo, nemici o cosiddetti amici, i quali ultimi si caratterizzano come noto per un umiliante e incondizionato asservimento.

Come noto, taluni file d’intelligence vengono periodicamente desecretati. Quasi mai, tuttavia, vengono rivelati tutti i risvolti di un’operazione. Al WP è stato consentito di leggere i documenti, ma di pubblicarne solo alcuni estratti. Cia e Bnd, pur rifiutando di commentare la vicenda, non hanno contestato l’attendibilità della ricostruzione, il contenuto delle 96 pagine redatte dalla Cia nel 2004 e del resoconto orale curato dall’intelligence tedesca nel 2008.

Oltre che per gli attriti sull’utilizzo dei proventi, i tedeschi erano sconcertati dall’entusiasmo con cui gli americani si prendevano gioco degli alleati, tra cui Spagna, Grecia, Turchia e Italia, tutti paesi Nato. Secondo le rilevazioni di cui disponiamo, almeno 120 paesi hanno utilizzato apparecchiature contraffatte di crittografia. 62 dei quali sono stati identificati: Algeria, Angola, Arabia Saudita, Argentina, Austria, Bangladesh, Birmania, Brasile, Cecoslovacchia, Cile, Città del Vaticano, Colombia, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Filippine, Gabon, Ghana, Giappone, Giordania, Grecia, Guinea, Honduras, India, Indonesia, Iran, Iraq, Irlanda, Italia, Jugoslavia, Kuwait, Libano, Libia, Malesia, Marocco, Mauritius, Messico, Nazioni Unite, Nicaragua, Nigeria, Oman, Pakistan, Perù, Portogallo, Qatar, Rep. del Congo, Romania, Siria, Spagna, Sud Africa, Sudan, Tanzania, Thailandia, Tunisia, Turchia, Ungheria, Uruguay, Venezuela, Vietnam, Zaire, Zimbabwe. Almeno quattro paesi, Israele, Svezia, Svizzera e Regno Unito, erano a conoscenza dell’operazione, beneficiandone a loro volta.

Davanti a un quadro del genere, si fa fatica a rassegnarsi all’evidenza che tutto ciò sia davvero accaduto. Se ho qualche scrupolo? Zero” – così s’era espresso (ripreso dal WP) Bobby Ray Inman, direttore della Nsa e vicedirettore della Cia tra gli anni ’70 e ’80 – “era una fonte preziosa d’informazioni da tante parti del mondo, tutte nell’interesse degli Stati Uniti“. Ed è difficile dargli torto, alla luce del mestiere che faceva. Solo credulità, corruzione, asservimento mentale/politico, morale o ideologico dei paesi acquirenti riesce a spiegare in parte tale incredibile imbroglio.

3. Tutto inizia con l’angoscia imperiale Usa di vedere il mondo precipitare nell’oscurità se si fosse diffuso l’impiego degli impenetrabili sistemi di codificazione sovietici, cinesi o nordcoreani. I macchinari di Hagelin (e dei suoi compagni di merenda), erano dunque indispensabili per scavallare i secoli bui della crittografia americana. Negli anni ’30, William Friedman, il padre di tale nobile arte, stringe con Hagelin un’amicizia che durerà tutta la vita, basata su medesimi interessi, retroterra comune, stessa origine russa e il fascino per la crittografia.

Forse l’Operazione Rubicone non sarebbe mai nata se i due non si fossero stretti la mano a una cena al Cosmos Club di Washington nel 1951. L’accordo prevedeva che Hagelin, dietro adeguato compenso, limitasse le vendite degli apparati sofisticati ai paesi approvati dagli Stati Uniti, mentre tutti gli altri avrebbero ottenuto macchinari truccati.

Per lungo tempo, Friedman non osa chiedere ad Hagelin di far modificare le sue macchine dalla Nsa. Il momento giunge a metà anni ’60, quando la diffusione dei circuiti elettronici e Hagelin si vede costretto ad accettare un aiuto esterno, adattarsi alle nuove tecnologie o cambiar mestiere. È così che nel 1967, nasce l’H-460, una macchina elettronica Crypto i cui circuiti interni erano progettati dalla NSA (Jahi Chikwendiu/Il Washington Post). Sulla carta, i circuiti integrati promettevano un’era di crittografia inviolabile, ma un geniale analista, Peter Jenks, ne identifica le vulnerabilità. Se “progettato da un abile cripto-matematico, un sistema di circuiti può apparire capace di produrre flussi infiniti di caratteri generati casualmente, mentre in realtà questi si ripeterebbero a intervalli sufficientemente brevi”, tali da consentire ai computer dell’Nsa di decifrarli. Due anni dopo, nel 1967, la Crypto lancia un modello elettronico ancor più avanzato, l’H-460, interamente concepito dalla NSA.

La decodifica di messaggi cifrati è un’operazione complessa. La manipolazione degli algoritmi Crypto riduce a pochi secondi un’attività che, anche quando è possibile, richiede molto più tempo. L’azienda produceva almeno due versioni dei suoi prodotti: un modello sicuro, riservato a governi selezionati, e un modello truccato per tutti gli altri.

Avvicinandosi agli ottanta, Hagelin pensa di passare il controllo dell’azienda a suo figlio, ma l’intelligence statunitense non si fida. Hagelin morirà nel 1983 in un incidente automobilistico sulla tangenziale di Washington (sembra si sia trattato di un vero incidente, ma tutte le ipotesi sono sul tavolo). Sta di fatto che subito dopo la Crypto passa di mano e subentra la JV Cia-Bnd.

Le due agenzie hanno, tuttavia, un problema da gestire: nessuno all’interno della Crypto deve sapere che le macchine sono truccate. Sebbene i dipendenti siano ben pagati e godano di notevoli fringe benefits, ingegneri e progettisti dei prototipi mettono talora in discussione gli algoritmi (anche quando vengono presentato come fossero imposti da autorevoli entità esterne, Siemens e altri), cosicché quando alcuni difetti crittografici vengono alla luce gli ingegneri non sono autorizzati a porvi rimedio.

Nel 1977, l’AD di Crypto, Heinz Wagner, licenzia su due piedi Peter Frutiger, un ingegnere che aveva mangiato la foglia e che durante alcuni viaggi a Damasco aveva risolto le vulnerabilità dei prodotti Crypto davanti alle lamentele di quel governo, a quanto pare senza l’autorizzazione del quartier generale, rendendo improvvisamente illeggibile il traffico dalla Siria. La Nsa esprime però disappunto per il licenziamento, facendo presente che in questi casi la soluzione è quella di mettere l’interessato sul libro paga. Contattato al riguardo, Frutiger declina ogni commento.

Un altro passaggio critico emerge negli anni ’90 quando Mengia Caflisch, un ingegnere di grande talento, si accorge della sorprendente vulnerabilità delle macchine Crypto (Washington Post). La Caflisch aveva trascorso alcuni anni come ricercatrice di radioastronomia presso l’Università del Maryland prima di tornare nella sua nativa Svizzera ed essere assunta dalla Crypto. La Nsa segnala immediatamente che la ricercatrice “è troppo intelligente per non accorgersi della trappola“. La Caflisch, per di più, negli anni successivi progetta un algoritmo così avanzato che secondo la Nsa avrebbe reso tutte le macchine illeggibili. Almeno 50 apparati HC-740 di questo tipo escono dalla fabbrica, prima che i dirigenti dell’azienda trovino modo di interromperne il flusso. “Avevo idea che qualcosa non andasse nel verso giusto“, afferma la Caflisch, interrogata in merito, “non tutte le domande erano benvenute“. In ogni caso, l’azienda reinserisce l’algoritmo truccato, vende i 50 modelli sicuri ad alcuni istituti bancari, per tenerli lontani dai governi, e la musica riprende.

Poiché le acque restano agitate, Cia e Bnd decidono di reclutare un consulente risolutivo rivolgendosi ai servizi svedesi, con i quali Hagelin era sempre rimasto in contatto. Ecco quindi apparire sulla scena Kjell-Ove Widman, professore di matematica a Stoccolma, riservista militare, collaboratore dell’intelligence svedese, personalità consolidata nel campo della crittologia e con un’apprezzata intimità con gli Stati Uniti, dove aveva studiato per alcuni anni.

In qualità di consulente scientifico della Crypto, Widman lavora a stretto contatto con Cia e Bdn e riporta direttamente a Wagner, divenendo ben presto l’uomo insostituibile e l’arruolamento più importante nel programma Minerva. Il suo spessore scientifico intimoriva, disponeva di conoscenze tecniche che nessuno osava contestare e la sua abilità a sviare i sospetti di qualche governo era straordinaria: quando veniva evidenziato qualche difetto, egli riusciva a convincere chiunque che si trattava di un errore tecnico o di un’interferenza umana impropria.

Nel 1982, l’Argentina si convince che qualcuno aveva decifrato i suoi messaggi a favore dei britannici nella guerra delle Falkland/Malvinas. Widman viene spedito a Buenos Aires dove racconta che con ogni probabilità la Nsa aveva decifrato gli apparati obsoleti che l’Argentina aveva ancora in uso, ma che le macchine Crypto più recenti (le CAG 500) restavano impenetrabili. Incredibilmente, la menzogna viene creduta e gli argentini continuano a comprare quella immondizia. Widman, che vive in pensione a Stoccolma, ha declinato ogni commento.

Nel 1992, emerge una nuova crisi, quella più dura. L’Iran, seppur con incredibile ritardo, dà corpo ai suoi sospetti e arresta un dirigente Crypto della direzione vendite. Hans Buehler aveva all’epoca 51 anni, ed era considerato uno dei migliori venditori dell’azienda. L’Iran era un grande cliente e Buehler vi aveva fatto molti viaggi. I servizi iraniani lo avevano già interrogato nel 1986, dopo l’attentato alla discoteca di Berlino e gli attacchi missilistici sulla Libia, senza giungere ad alcuna conclusione. Nel 1994 è di nuovo a Teheran, dove si scopre del suo arresto perché non fa ritorno nei tempi previsti. Visitandolo in prigione, i funzionari consolari svizzeri lo descrivono “in condizioni mentali critiche“. Buehler viene rilasciato dopo nove mesi, quando la Crypto accetta di pagare agli iraniani un milione di dollari, una somma esigua invero, per di più corrisposta dal BND, secondo quanto è dato sapere. È anche possibile, sebbene appaia inverosimile, che Buehler non fosse al corrente dei rapporti di Crypto con Cia e Bnd, e dunque delle cimici negli apparati che piazzava ai quattro venti. Sta di fatto che rientrato da Teheran traumatizzato si convince che l’Iran conosceva della Crypto molto più di lui che vi lavorava[9]. Buehler muore nel 2018, non prima però di aver raccontato alla stampa la sua versione della vicenda.

Ci vollero anni prima che tutto ciò si placasse e, a dispetto dell’impegno profuso dai protagonisti, la principale vittima della crisi “Hydra” (nome in codice del caso Buehler) fu la JV Cia-Bnd. Alla luce delle notizie che appaiono sulla stampa, alcuni dipendenti iniziano a cercare lavoro altrove e alcuni paesi, tra cui Argentina, Italia, Arabia Saudita, Egitto e Indonesia, cancellano o sospendono i contratti Crypto. Sorprendentemente, secondo la CIA, l’Iran non è tra questi, e riprende quasi subito ad acquistare macchinari Crypto: ulteriore mistero nella giungla di tanti misteri. Il caso Buehler, dunque, non è stato fatale, se all’inizio del secolo Minerva era ancora viva e vegeta.

Alla caduta del muro di Berlino, la Germania riunificata sviluppa nuove sensibilità. La vicenda aveva scosso la dirigenza politica. Con le rivelazioni sull’operazione Hydra essa teme di suscitare critiche e indignazione in Europa (oggi tutto ciò verrebbe digerito senza analgesici di sorta, ma i tempi cambiano) e generato contraccolpi non facilmente gestibili.

Il 9 settembre 1993, il capo della stazione della Cia in Germania, Milton Bearden, raggiunge un accordo con la Bnd per l’acquisto della partecipazione tedesca nella Crypto per la somma di 17 milioni di dollari. L’intelligence tedesca si rammarica con il proprio governo per l’abbandono di un’operazione da essi largamente concepita e che pone fine a uno dei programmi di spionaggio di maggior successo. I tedeschi vengono così tagliati fuori da ogni flusso d’informazione segreta, mentre accumulano i sospetti, quanto mai fondati come abbiam visto, che essi stessi siano stati posti sotto sorveglianza dai loro ex colleghi.

Ma la storia non si conclude con l’uscita della Germania, poiché alcuni segnali sembrano suggerire che l’operazione sia ancora in corso a danno di diversi governi, sia per inerzie burocratiche che per l’assenza di alternative (sebbene, di nuovo, si faccia fatica a crederlo), in specie nei paesi meno avanzati. La crittografia tradizionale, passata dalle scatole metalliche ai circuiti elettronici, dalle telescriventi ai sistemi vocali cifrati, non riesce più a tenere le posizioni in un mondo spostatosi dall’hardware al software. L’attenzione della Nsa è oggi centrata altrove, in specie nei campi battuti da Google, Microsoft, Verizon e altre simili realtà.

Nel 2017, l’edificio della sede centrale di Crypto vicino a Zugo è stato venduto a una società immobiliare. Nel 2018, le attività rimanenti, i pezzi principali dell’attività di crittografia iniziata quasi un secolo prima, sono state anch’esse divise e alienate, forse per fornire una copertura all’uscita della Cia. Questa storia si basa sulla ricostruzione del WP e ZDF, e su interviste con ex funzionari delle citate intelligence e dipendenti Crypto, tutto disponibile sul web. Molti hanno parlato a condizione di anonimato, alla luce della sensibilità della vicenda. Sullo sfondo, resta l’amaro dell’abissale fragilità di molti sistemi di governo, i cui dirigenti politici, burocrati o militari, e a diversi livelli di responsabilità, hanno obliterato interessi cruciali delle nostre nazioni. Se anche la ragione di ciò debba essere ricercata nella dabbenaggine, nella subordinazione psicologica, nella codardia, nella corruzione, in un’ingiustificabile servitù politico-valoriale o altro, fa poca differenza.

Una cupa tristezza penetra nel nostro animo al prendere coscienza della condizione in cui giace lo Stato, il solo strumento, nella concezione filosofica di Hegel, che avrebbe potuto realizzare gli ideali della Rivoluzione Francese: libertà, fraternità e uguaglianza. Nel mondo che ci circonda, la distanza da quel traguardo non potrebbe essere maggiore.


[1] https://www.washingtonpost.com/graphics/2020/world/national-security/cia-crypto-encryption-machines-espionage/

[2] Central Intelligence Agency

[3] National Security Agency

[4] Bundesnachrichtendienst,

[5] https://en.wikipedia.org/wiki/Crypto_AG

[6] Jahi Chikwendiu/Washington Post

[7] O’Rourke, Covert Regime Change, Ed. Cornell University Press, 2018

[8] Questa storia si basa su interviste da WP e ZDF con ex funzionari dell’intelligence occidentali ed ex dipendenti Crypto, alcuni a condizione di anonimato, alla luce dell’intuibile sensibilità della questione e della sua straordinarietà sotto ogni intuibile profilo.

[9] Vedi anche gli articoli investigativi sulla NSA pubblicati dal Baltimore Sun nel 1995, tra cui uno dal titolo  “Rigging the Game” che illustrano i rapporti di quell’agenzia con la Crypto.