(di Marcello Veneziani) – Io so chi è il vero capo della sinistra in Italia, la figura più rappresentativa del mondo dem, attualmente in campo nel ruolo di massima visibilità e autorevolezza. Io so chi sostiene dall’alto il Partito Democratico, non lo abbandona ai suoi spettacoli indecenti, alla malapolitica e alle sue risse, le sue malombre e i suoi pasticci; ma interpreta al livello più alto il passaggio dalla vecchia falce e martello all’ulivo con margherita. Non è Prodi come voi pensate, perché il professore è ormai fuori dai giochi e dai circuiti di potere, ha un ruolo da ayatollah o da papa emerito; ogni tanto, come la sfinge emette i suoi responsi oracolari, ma è ormai il ritratto di un antenato. E non è nemmeno Papa Francesco che alterna le sue posizioni da leader morale della sinistra mondiale a riscoperte inattese della morale cattolica, almeno in tema di famiglia, nascite e aborti. 

Io so, invece, chi mantiene in vita il Pd, lo soccorre con l’ossigeno quando è in crisi respiratoria, è il regista occulto di molte sue operazioni, anche internazionali, dà un crisma istituzionale alle scomposte campagne di piazza, trascrive nella lavagna delle istituzioni il dettato pidino del giorno, tramutandolo in dettame costituzionale; trasforma gli slogan in sure o passi biblici indiscutibili: dall’allineamento europeo all’atlantismo militante e militare, seppure ammantato nel gergo pacifista, dall’accoglienza ai migranti al politically correct in tutte le salse, fino a ogni rievocazione possibile del nazifascismo. È lui il Presidente ombra del Pd o l’ombra del Pd nella presidenza della repubblica. 

La volenterosa cornacchia appollaiata ai vertici del partito è solo una stagista sorteggiata alla segreteria e votata da estranei al pd; ma si vede che sta facendo tirocinio, non ha potere sui cacicchi dem, non esercita alcuna influenza. Svolazza da una parte all’altra per dare l’impressione che ha studiato, non è del tutto impreparata, cerca vanamente di andare oltre la supercazzola e l’armocromia che sono state sin dall’inizio la sua condanna. 

Il vero capo della sinistra siede al Quirinale, ha un colbacco bianco di capelli sulla testa, incassata direttamente sulle spalle e si chiama Sergio Mattarella, in arte Matt Dem. Forse ricordo male ma da quando è lì, da oltre un decennio, appollaiato sul Colle con la sua lieve gibbosità andreottiana e gli artigli ben saldi sulla postazione, non ha mai contraddetto, urtato o smentito il Partito da cui proviene. Ne ha sempre rispecchiato in modo soft, o subdolo secondo taluni, il messaggio e l’interesse politico, la religione civile antifascista, il bigottismo ideologico e l’orizzonte internazionale. Ha bacchettato la destra in mille forme, spesso allusive e oblique, ha tuonato contro ogni forza identitaria e nazionale; ha bistrattato Salvini, che lo ha poi sciaguratamente confermato al Quirinale; sterilizzò Berlusconi che pure votò la sua riconferma; ha trattato a corrente alternata i grillini a seconda se alleati al suo pd o al governo Draghi o populisti sciolti. Ha trattato coi guanti bianchi Draghi, a cui però gli fregato il Quirinale. Ma non ha mai messo in difficoltà o in imbarazzo il Pd; ne ha ripreso quasi tutte le campagne, pur tradotte nell’aplomb istituzionale e paleodemocristiano che gli si addice. E’ felpato, sussurrante, anche se da qualche tempo alza il tono della voce e dimostra che il quirinale è un gerovital prodigioso, malandati ruderi riacquistano vigore e giovinezza.

Tutta la campagna su cui regge la linea della sinistra, l’antifascismo come religione civile e il fascismo come male assoluto, minaccia presente, perenne e incombente, ha trovato in Mattarella il sommo sacerdote officiante. A volte sembra il gemello della Segre, Liliano Serge. 

Mattarella ha superato in antifascismo il suo predecessore comunista, Giorgio Napolitano e perfino un antifascista vero che realmente combattè il fascismo e finì nelle patrie galere per poi espatriare: Sandro Pertini. Mattarella tratta il fascismo come Male Assoluto, fenomeno solo criminale, privo di lati positivi, così vanificando la ricerca di storici come Renzo De Felice e mille altri; e sulla sua scia fascio-criminogena altri sbandieratori sono andati con le loro cazzullate e scuraterie.

Dopo i tre re sabaudi, il Capo dello Stato più duraturo al Quirinale è lui. Inventato da Matteo Renzi, Mattarella lo scaricò quando questi ruppe con la Casa Madre Dem. Restio a prolungare il suo settennato solo di un anno per scaldare il posto a Mario Draghi, all’epoca premier, Mattarella accettò subito la sua riconferma al Quirinale quando gli prospettarono un altro pieno mandato. Non aspettava altro, nonostante la sceneggiata delle prove tecniche di trasloco dal Quirinale. Il centrodestra si era incartato con l’impossibile candidatura Berlusconi e Salvini compì una delle sue piroette autolesioniste, rivotando Mattarella al Quirinale. Ora ha superato il decennale, ha sorpassato il record di durata del precedente inquilino del Quirinale, Napolitano, unico presidente col bis.

Mattarella era una figura minore della prima repubblica, un gregario della corrente demitiana, aveva qualche briciolo di fama perché proveniva dalla Notabile Famiglia Mattarella, assai influente in Sicilia, figlio di quel Bernardo ministro e fratello di Piersanti ucciso dalla mafia. Il suo nome era legato al Mattarellum che non è un suo antenato latino ma uno dei tanti artifici elettorali della seconda repubblica, come il porcellum, il tatarellum o altro pasticcellum parlamentare. Mentre il suo capocorrente Ciriaco De Mita diventava sindaco di Nusco, l’affiliato siciliano diventava Presidente della Repubblica.

E’ Mattarella che dovrebbe figurare col suo nome nel simbolo del Partito Dem. La povera Elly Schlein si era illusa di inserire il suo nome straniero nel simbolo del Pd, pensando di trasformarlo nel citofono di casa sua. Più facile che avvenga il contrario, che la Schlein inserisca il Pd nel suo cognome, rendendolo anche meno astruso e vagamente nobiliare: Elly demoschlein.  

Per mantenere il profilo di Capo dello Stato e insieme il ruolo di influencer pro-dem, Mattarella traveste in sobri e ineccepibili appelli costituzionali i messaggi che tirano la volata al Pd. Ogni sua parola, anche ovvia e banale, è accompagnata da cori elogiativi, da sinistra a destra, più sciami di esegeti leccapiedi. Nell’assenza di ogni altra figura eminente, e approfittando del ruolo di custode supremo della Repubblica, Mattarella raccoglie un largo consenso da parata. Ma è tutto meno che super partes, non rappresenta l’Italia unita e i valori condivisi ma solo un pezzo, una parte, il mondo di sopra. Mezza Italia non si riconosce in lui e non lo regge, non sopporta i suoi sermoni e le sue tirate a senso unico. Ogni volta che sento Mattarella mi sento uno straniero in casa mia.

La Verità