
(Raffaele Pengue) – Una pizza con un amico, che è sempre una cosa bella, e poi due passi nel centro storico di Guardia, che è sempre una cosa giusta. Già! Perché il centro storico del mio paese è una piccola bomboniera di Storia e Bellezza e viverlo è sempre un’emozione. A tarda sera poi offre il meglio di sé: più intimità, niente a che vedere con il caos della vicina Telese.
Il giro che faremo sarà sempre quello: la ‘discesa’ da piazza Castello, che ha visto tutte le generazioni di guardiesi e per una settimana all’anno anche i “cultori” del vino di ogni edizione di Vinalia, poi largo Supportico, la “movida” vinaiola, quindi la popolana piazza Croce, il lavatoio – detto dei due Mascheroni – che conosco bene, poi giù per porta Ratello, via Costarella, via dietro gli Orti, via F.M. Guidi; e si chiuderà con la vecchia chiesa sconsacrata dell’Annunciata in Piazza antica, palazzo Marotta e infine il Santuario, per poi risalire in direzione porta Francesca e di nuovo piazza Castello; tutti luoghi iconici dove intere generazioni di guardiesi vivevano, si conoscevano e poi si frequentavano.
Intanto parliamo, di ricordi e delle cose di cui si parla fra amici, e del tutto presi dalle nostre cazzate ci mettiamo un po’ a capire che in giro ci siamo solo noi. Nessuno, nemmeno un gatto vagabondo. Una situazione così inquietante che avrebbe reso “caotico” persino il periodo del lockdown più rigoroso. Durante tutto il percorso contiamo una decina di persone in tutto, compreso noi due e un paio di stranieri seduti davanti un portone di alluminio, e quattro o cinque auto parcheggiate in piazza Castello: una con dentro un umano che attraverso il suo impianto da cinquemila watt ci teneva a fare ascoltare a tutti la musica che ascolta lui.
Dove sono finiti tutti? Ci siamo chiesti se fosse successo qualcosa, i tempi sono strani, gli effetti tardivi delle restrizioni della pandemia, ma niente di diverso dal solito peggio. E allora la risposta a questa desolazione non può essere che una: nel nostro centro storico mancano i viventi. Proprio così! Manca la “vita”. Eppure, all’incirca dieci anni fa, quando lo spopolamento di Guardia emergeva in tutta la sua gravità, qualcuno – magari mosso da buone intenzioni – lanciò addirittura lo slogan sui network internazionali “Guardia, un paese in vendita”: vendere, alienare, a costi quasi simbolici, interi aggregati urbani disabitati del centro storico a forestieri, artisti, che volevano trasferirsi da Paesi, città e metropoli a Guardia, dove la vita sarebbe stata – secondo una sua visione neoromantica – più semplice, lenta, autentica, a dimensione umana. “Guardia, un paese in vendita” già allora ci sembrava una formula ingenerosa, inefficace, irrispettosa del paese che si sarebbe dovuto “salvare” o “ripopolare”. Guardia antica non è un’accozzaglia casuale di abitazioni, una sommatoria informe, fredda, di manufatti senza un filo che li connette, dove oggi i pochi anziani rimasti convivono soltanto con defunti, santi, lapidi; al contrario, è uno straordinario artefatto complesso di architetture, di strade, vicoli, case, che sicuramente non si ripopola con gli slogan, con proposte estemporanee e apparentemente accattivanti, semplificanti. Il ritorno in “vita” di qualche casa non sarà sufficiente per consentire una vita dignitosa ai pochi residenti e ai forestieri, artisti, che nel frattempo vi si sono trasferiti e a contrastare il declino. C’è bisogno di altre visioni, di ribaltare gli sguardi, di un vigoroso impegno civile.
Quindi andate in strada, che adesso la stagione lo permetterà anche di sera, e fatevi due passi. Con gli amici, se nel frattempo ve n’è rimasto qualcuno di quelli veri, ma anche da soli, voi e i vostri pensieri: la combinazione perfetta. Portateli a spasso, quei neuroni, dategli aria, riattivateli! Le idee non mancano! Cercatele fra i vostri concittadini. Andate in strada. Perciò, cari amministratori, non fermatevi in piazza Municipio e nelle sale convegni. Riempite anche voi le strade del centro storico (soprattutto quello trascurato), e ogni tanto uscite dai social, prima che vi fottano anche quel po’ di cervello rimasto.