
(Andrea Zhok) – Sta muovendo qualche onda l’esclusione del fisico Carlo Rovelli dalla cerimonia di apertura della Fiera del Libro di Francoforte, cui era stato precedentemente invitato. La colpa di Rovelli è stata quella di contestare – peraltro in modo argomentato – le scelte del governo rispetto al conflitto tra Russia e Ucraina.
Avendo fatto parte Rovelli fino a ieri del novero degli “accreditati” dal sistema mediatico, questa volta si è inarcato persino qualche sopracciglio nella borghesia semicolta, nei lettori di corriererepubblica e fauna affine. Purtroppo a quest’influente fascia della popolazione sfugge del tutto la gravità di ciò che accade da tempo, come un andamento sotterraneo, continuo, capillare.
C’è una linea rossa continua che si dipana nella gestione dell’opinione pubblica occidentale da anni e che ha subito un’accelerazione dal 2020. È una linea che si lascia vedere in superficie solo talora, come nella persecuzione di Assange (o Manning, o Snowden, ecc.) fino a censure minori, come quella assurta oggi agli onori delle cronache. Il senso profondo di questo movimento sotterraneo è chiarissimo: perseguimento della verità e gestione del discorso pubblico in occidente sono oramai indirizzi incompatibili.
A Rovelli viene imputato qualcosa di imperdonabile, ovvero di aver tradito l’appartenenza alla cerchia degli onorati dalle élite di potere, mettendole in imbarazzo. Questo non può e non deve accadere. Oggi il discorso pubblico ha il permesso di oscillare tra due poli, a un estremo la polemicuzza innocua e autoestinguentesi sull’orsa o la nutria di turno, all’altro i rifornimenti di munizioni alla linea dettata dal capo, cioè dalla catena di comando a guida americana dietro al cui carro – sempre meno trionfale – siamo legati.
Per le verità più pesanti e pericolose vige l’ordine di distruzione, come evidenziato dal caso di Assange la cui vita è stata distrutta per segnare un esempio e un ammonimento a qualunque altro soggetto eventualmente incline alla parresia. Per le insubordinazioni minori (tipo Rovelli, Orsini, ecc.) basta la caduta in disgrazia presso i cortigiani, che si riverbera in censure, piccoli ricatti silenti, e poi in discredito, blocchi di carriera, ecc.
Tutto ciò si condensa in una sola fondamentale lezione, una lezione implicita che il nostro intero sistema di formazione delle menti, giornali, televisioni, scuole, università, ecc. consapevolmente o inconsapevolmente implementa: “Tutto ciò che è discorso pubblico è essenzialmente falso.”
Questa è la lezione che i giovani ricevono precocemente e da cui traggono tutte le conseguenze del caso, in termini di disimpegno e abulia. A tale lezione si sottrae solo in parte qualche parte della popolazione meno giovane, in cui si agita ancora l’illusione di aspirazioni passate (“partecipazione”, “democrazia”, ecc.).
La “realtà” in cui ci troviamo a nuotare funziona però secondo il seguente ferreo sillogismo:
1) Tutto ciò che abbiamo in comune gli uni con gli altri come cittadini, come demos è il discorso pubblico mediaticamente nutrito;
2) Ma quel discorso pubblico è oggi puramente e semplicemente menzognero (o schiettamente falso, o composto di frammenti di verità ben selezionati, funzionali a creare uno desiderato effetto emotivo);
3) Perciò non c’è più nessun possibile demos, nessun possibile discorso pubblico, e dunque nessuna leva perché un’azione collettiva possa cambiare alcunché. Mettetevi il cuore in pace, si salvi da solo chi può.
In questa cornice peraltro si staglia per interesse l’atteggiamento dei superdiffusori di menzogne certificate, dei mammasantissima dell’informazione e del potere, attivissimi nel denunciare ogni eterodossia sgradita come “fake news”. E così ci troviamo di fronte allo spettacolo insieme comico e ripugnante dove i comandanti di corazzate dell’informazione chiedono il perentorio affondamento di canotti social per non aver benedetto abbastanza l’altruismo di Big Pharma, o per essere stati teneri con Putin, o per non aver rispettato l’ultimo catechismo politicamente corretto, e così via.
Viviamo in un mondo in cui la menzogna strumentale è oramai la forma dominante della verbalizzazione di interesse pubblico.
C’è chi vi reagisce con mero disimpegno rassegnato; chi si chiude angosciato nella propria stanza tipo hikikomori; chi cerca paradisi artificiali in pillole; chi accetta il gioco cercando di usarlo per tornaconti a breve termine (perché nessun altro orizzonte è disponibile); c’è chi cade in depressione; chi impazzisce; c’è chi ogni tanto spacca tutto per poi tornare a battere la testa contro il muro della propria cella; e c’è chi sviluppa quella forma particolare di pazzia che sta nel lottare disarmato contro i giganti sperando si rivelino mulini a vento.
Sul fondo fluisce la corrente della storia dove il nostro vascello occidentale ha preso un ramo digradante e con inerzia irreversibile accelera verso la cascata. Una volta che la parola pubblica ha perduto la propria capacità di veicolare verità, ridarvi peso è impossibile. Ogni ulteriore parola spesa per correggere le falsità del passato, se raggiunge la sfera pubblica viene per ciò stesso percepita come debole, logora, impotente. La società che abbiamo apparecchiato è una società senza verità e togliere la verità al mondo sociale significa condannarlo ad una malattia terminale. Quanto dureranno gli scricchiolii, quanto la caduta di intonaci, quanto le infiltrazioni d’acqua, quanto dureranno ancora gli spazi abitabili sempre più ristretti, questo non è facile prevedere, ma un mondo senza verità è un mondo senza logos, e non può che sfociare in quella dimensione dove le parole sono superflue perché violenza e morte ne hanno preso il posto.
Categorie:Cronaca, Editoriali, Interno, Politica
Angosciante.
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Ineccepibile. Purtroppo.
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Reintegrato
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A me sembra che da quando è malauguratamente “caduto in disgrazia”, la carriera di Orsini sia decollata, altro che “bloccata”: un anno e mezzo fa nessuno sapeva chi fosse, ora è talmente ricattato e screditato da aver trovato spazio come ospite fisso sulla tv pubblica (oltreché scrivere su un quotidiano a tiratura nazionale come il Fatto).
Se questo è cadere in disgrazia, piacerebbe tanto anche a me.
Incommentabile e ai limiti del lisergico il paragone tra Assange e Rovelli.
Se il teorema di Zhok fosse giusto, ci sarebbe da chiedersi come abbia fatto lui stesso a non cadere in depressione, a non impazzire o a non “spaccare tutto per poi tornare a battere la testa contro il muro della propria cella”: non sarà mica un servo del sistema anche lui?
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“mi piacerebbe cadere in disgrazia come Orsini”: fammi capire Jonny: tu vuoi capire o far parte di quella cerchia cui è permessa, anzi suggerita, ogni menzogna in cambio dell’attestato di intellettuale? Sappiamo bene che per i lecchini, chi dice la verità ed è pure stimato da un nutrito gruppo di persone, è il nemico numero uno perché ricorda loro quanto piccola sia la loro mente. Ma l’invidia dei piccoli uomini si dimostra ancora più squallida con frasi tipo: “perché non sei impazzito Shock?” Che sottintende: “perché mi ricordi ancora quanto schiavo sono delle mie idee e nessuno ti fa tacere?”
Questa guerra ha portato definitivamente alla distruzione dello stato sociale che significa morte silenziosa per tanta parte della popolazione e chi ne parla è dileggiato da personaggi che solo la storia consegnerà al buio della ragione, infatti il discorso dettagliato che Zhok fa sul Demos è troppo difficile da comprendere per chi è irretito nella propaganda e sogna di far parte di un salotto televisivo.
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Quello che voglio fare io è irrilevante. Invece per te evidentemente è troppo difficile comprendere che c’è chi, pur di tirare acqua al proprio mulino del presunto pacifismo, è disposto a santificare e a far passare per martiri gente che dalle proprie posizioni “scomode” finora ha ricavato solo vantaggi.
Forse sei troppo giovane per ricordare quando le epurazioni mediatiche avevano come esito la sparizione totale del personaggio oggetto di stigma (tipo Biagi, Santoro, Luttazzi, v. alla voce “editto bulgaro”), mentre ora i presunti epurati finiscono col diventare più famosi e di conseguenza più seguiti di quando erano dei non-censurati Signor Nessuno.
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Non si capisce perché quello di Rovelli sarebbe presunto pacifismo, quindi per lei andrebbero epurati come Luttazzi sia lui che Orsini come dimostrazione di onestà intellettuale?
A proposito di Luttazzi: recentemente ho letto un suo bellissimo articolo su chi controlla le fake news su f.b e i maggiori social occidentali, guarda caso tutti ex uomini della c.i.a. (ci sono nomi e cognomi). Anche lui un presunto putiniano, sedicente pacifista?
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Considero quello di Rovelli (e in generale quello di chi è contrario all’invio di armi) un pacifismo sincero ma presunto, perché si basa su un assunto indimostrato e alquanto bislacco, riassumibile in: basta armi italiane = basta guerra.
Personalmente, ritengo il vero pacifista quello che chiede la pace e basta, non quello che, oltre a chiedere la pace, vuole sindacare sul modo in cui questa deve essere raggiunta, perlopiù non avendo la competenza per esprimere un parere nel merito (banalmente, perché non dispone di sufficienti informazioni), col bel risultato di spaccare il fronte pacifista, ottenendo un risultato opposto a quello prefissato (ma facendo guadagnare visibilità a chi alimenta un certo tipo di polemiche, segnatamente quella sull’invio di armi nostrane, totalmente ininfluenti ai fini dell’andamento del conflitto).
Luttazzi è solo un altro che ha capito che il vittimismo paga, soprattutto se unito ad una certa presunta “controinformazione”, che perlopiù si abbevera a fonti molto discutibili, o fa sensazionalismo raccontando come se fossero chissà quali segreti cose perlopiù note o normalissime (almeno per chi è in grado di contestualizzarle correttamente).
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Capisco, per lei è meglio l’equazione di Repubblica: bombe=pace come è meglio il servilismo della realpolitik europea che toglie soldi a sanità e previdenza per comprare pallottole. Eh sì: questo è davvero pacifismo sincero. Poi chi è colpevole di dire la verità non si lamenti se viene radiato e non faccia la vittima, impari dai vari Riotta, Sarzanini e dalle varie penne prezzolate cosa bisogna dire e cosa no, impari da Mattarella che dice a Zelensky: :”Siamo con lei presidente” quando più della metà degli italiani è contrario alla partecipazione attiva in questa maledetta guerra.
Con questo ho concluso,
Buona giornata
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Di cosa scriva Repubblica non mi può fregar di meno (se fosse per me sarebbe fallita da quando c’era ancora la lira), più modestamente io non ho la presunzione di sapere quale sia il modo migliore per ottenere la pace, non è compito mio occuparmi di queste cose e non intendo sostituirmi a chi è nella posizione adatta per prendere questo genere di decisioni.
Mi limito a constatare che il fronte pacifista è spaccato tra pacifisti con le armi e pacifisti senza, ognuno con la propria verità in tasca: certo che ci vuole una bella presunzione per impartire lezioni di pacifismo al mondo intero, quando è fin troppo evidente che non siamo capaci nemmeno di fare la pace tra noi pacifisti.
Ai tempi della guerra nell’ex Jugoslavia (una pace ottenuta con le bombe, come si è visto dopo) questo genere di divisioni non esisteva, si marciava tutti compatti chiedendo una cosa sola: la pace.
Ma ormai siamo disposti a dividerci e scannarci anche su inezie come la vita di un orso, col bel risultato di disturbare sempre meno i manovratori.
Per curiosità: chi è che sarebbe stato radiato, e da che cosa?
Ancora una cosa: dato che l’Italia è una democrazia rappresentativa e non governano i sondaggi, se davvero “più della metà degli italiani è contrario alla partecipazione attiva in questa maledetta guerra”, avrebbe potuto pensarci prima di andare a votare in massa per delle formazioni politiche la cui linea in materia è sempre stata chiarissima per tutta la campagna elettorale (o prima di astenersi, un comportamento che di fatto agevola le medesime formazioni), adesso è un pochino tardi per ripensamenti e piagnistei.
Buona giornata anche a te.
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Non ho mai sentito di movimenti per la pace a favore delle armi: potrebbe fondarne uno e credo che gli estremisti di ultradestra che giustamente teme, si iscriverebbero subito (assieme a Renzi, Calenda e PD…non dimentico che i 5 s con Draghi hanno votato a favore dell’invio di armi)…
… votazioni di massa non lo sono proprio state, viste la percentuale di votanti che dimostra sempre più quanto il potere sia scollegato dal popolo.. Per quanto riguarda la presunzione mi sembra di essere in una bella compagnia.
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Tranquilli, un’ ottima pubblicità per il Nostro.
Spero solo non sia tentato dalla politica, abbiamo bisogno di ottimi fisici teorici…
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Un’ottima pubblicità per il Nostro? Ovvero uno scenziato già noto internazionalmente? Quale pubblicità, la censura di un servo? Un pò la cazzata del giorno.
Abbiamo bisogno di meno cazzari, altro che.
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Non credo proprio che ai nostri concittadini ( quelli a cui sono diretti i suoi libri di divulgazione) sia granché noto l’ottimo Rovelli se non per le ospitate in TV.
Per quanto riguarda il suo lavoro, poi, azzarderei il 99,9 % di ignoranza ( nel senso di non conoscerlo).
Nel mio post intendevo ” tutta pubblicità” in senso positivo: più si parl a del suo lavoro e meglio è.
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Uno scrive libri per chi è interessato ai loro contenuti. Sul 99.9% di ignoranza di cui parli, pensa che in Italia il 17% che ha votato Herr Melon non solo non ha la benchè minima idea dei danni che il fascismo ha causato e quel che il postfascismo sta causando e causerà, ma su richiesta non riuscirebbero nemmeno a trovarsi una chiappa, una delle due a caso. Che non conoscano Rovelli ci sta (alla seconda pagina gli si friggerebbe il cervello) e non credo freghi molto a lui, strapubblicato all’estero (il suo “The order of time” è sulla mia scrivania) e nemmeno a chiunque altro.
Abbiamo bisogno di più fisici teorici che denuncino tanto la porcata dell’invio insindacabile di armi in Ucraina che l’untuosità dei maggiordomi nostrani al governo. Più si parla di questo schifo e meglio è.
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JD, guarda che il paragone tra Assange e Rovelli non esiste nell’articolo di Zhok. È un ragionamento per gradi. Ti è sfuggita forse la premessa che Zhok attribuisce a Rovelli, il novero degli “accreditati”, e lo ritiene “imputato” di aver tradito la cerchia degli onorati di Sistema. Assange non è nulla di tutto questo e non a caso Zhok denuncia la sua persecuzione come “distruzione della sua vita”, non come vittima di piccoli dispetti o qualche discredito che possa penalizzare la carriera. Quindi ben altro.
Il senso dell’articolo è enorme.
E matura nelle righe finali.
C’è chi lo comprende e chi no.
E chi non lo comprende…vive meglio…ma farà la stessa fine.
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A me questo sembrava proprio un paragone, ma se preferisci “ragionamento per gradi” non ho nessun problema nel riformulare: trovo lisergico mettere Assange e Rovelli nella stessa frase.
Per inciso, da una parte ritengo puerili queste ripicche da quarta elementare su Rovelli (la cui carriera esemplare, in ogni caso, non potrà mai venire intaccata nemmeno in minimissima parte dalla sua partecipazione o meno a qualunque Fiera del Libro) ma, per contro, trovo che tra tutte le cose che Rovelli poteva dire dal palcoscenico del Primo Maggio a proposito della pace, tra tutti responsabili che ci sono, di ogni livello e caratura, ha scelto di chiamare in causa proprio quello che c’entra di meno (Crosetto è in palese conflitto di interessi, come peraltro arcinoto fin da prima della sua nomina, ma se parliamo di guerra in Ucraina, quali sarebbero le sue eventuali responsabilità?), dimostrando così un gusto speciale per la polemica fine a sé stessa, pertanto non c’è poi da stupirsi se chi vuole tenersene alla larga (dalle polemiche) ora cerca di allontanarlo.
Non tutti i responsabili dell’organizzazione di eventi sono disposti ad invitare un ospite che, pur di prendersi la scena, rischia di sollevare un polverone tale da far passare l’evento in secondo piano (e c’è da capirli).
In caso te lo fossi perso, sappi comunque che questa immane sciagura (l’eventuale non partecipazione di Rovelli a Francoforte 2024) potrebbe anche venire precocemente scongiurata (vedremo adesso lui che cosa deciderà di fare): analogamente a quanto successo ad Orsini con la più modesta Fiera di Torino, il Megadirettore Levi si è infine rimangiato tutto, per cui staremmo discorrendo esattamente del nulla.
https://www.rainews.it/articoli/2023/05/dietrofront-su-rovelli-alla-fiera-del-libro-di-francoforte-levi-ci-ripensa-rinnovato-linvito-780d243c-5f65-4f97-8c21-466d47788516.html
Anche chi non comprende che il vittimismo paga “…vive meglio…ma farà la stessa fine”.
P.S.: noto con piacere che sulla carriera orsiniana in brillante ascesa non hai avuto nulla da eccepire, e la cosa mi rallegra: vuol dire che almeno su una cosa siamo d’accordo.
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Mi scusi, @cohibara ma io intebndevo il suo lavoro di fisico, non quello, accessorio, di divulgatore. Per questo ho indicato il 99,9%.
E in quanto a “friggere il cervello” non è così: Chiunque sia laureato in Fisica o in Matematica, o un ingegnere (quelli di un tempo, con la Magistrale, magari), comprende il suo lavoro.
Dobbiamo smetterla di pensare a chi si dedica allo studio della scienza ad alto livello come dei fenomeni irraggiungibili: basta studiare le medesime cose. Non tutti raggiungono i livelli dei più bravi, ovviamente, ma questo non significa che non ci capiscano.
Detto questo, apprezzo certemente Rovelli anche per il suo impegno per la pace, ma non sento tanto la mancanza di Fisici teorici che denuncino l’ invio di armi in Ucraina, ma di Politici che lo facciano. Tra l’ altro li paghiamo per questo.
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“dalla catena di comando a guida americana dietro al cui carro – sempre meno trionfale – siamo legati.”
Proprio così.
Io farei attenzione a quello che scrive (confusamente ma ormai costantemente) Caracciolo.
Siamo al lungo addio dell’egemone.
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