Così Ignazio Benito si è preso l’originale della Costituzione

NONOSTANTE IL “NO” DEGLI ARCHIVI – “Me ne frego” Il parere sfavorevole del Comitato tecnico scientifico al trasferimento della Carta ha rinverdito il celebre motto del Ventennio fascista […]

(DI TOMASO MONTANARI – ilfattoquotidiano.it) – Il senso di Ignazio Benito La Russa per la Costituzione. Quello che gli fa dire che non c’è scritto da nessuna parte, nella Costituzione, che la Costituzione stessa sia antifascista. Che è come dire che nel Vangelo non c’è scritto da nessuna parte che sia cristiano. Ma anche quello che lo ha indotto, per festeggiare il 75° anniversario della Repubblica nata dalla Resistenza, ad appropriarsi dell’originale della Carta, per esporlo nel “suo” Palazzo Giustiniani, in una mostra aperta in questi giorni. Il camerata presidente del Senato ha chiesto e ottenuto quel preziosissimo palladio della Repubblica dal Ministero della Cultura a trazione Fratelli d’Italia: nonostante il pesantissimo e unanime “no” del Comitato tecnico scientifico per gli Archivi, presieduto dall’autorevole archivista Diana Toccafondi, già vicepresidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, e di cui fanno parte altrettanto autorevoli personalità come Micaela Procaccia e Stefano Moscadelli.

Vale la pena di riportare per intero il passo saliente di questo alto diniego: “L’originale della Costituzione della Repubblica conservato all’Archivio centrale dello Stato costituisce il documento fondamentale di garanzia dei diritti civili e politici di ogni cittadino, oltre che dei principi che regolano la vita della Repubblica. Già nel 2017, di fronte ad analoga richiesta del Senato, il soprintendente pro tempore dell’Archivio centrale dello Stato aveva richiamato il parere unanime espresso in via di principio dal Consiglio scientifico dell’Istituto, “contrario al prestito della Costituzione; documento caratterizzato da un forte valore simbolico, difficilmente stimabile anche da un punto di vista assicurativo”. La sua conservazione in una apposita stanza dell’Archivio, dotata di speciali misure di sicurezza, assicura che l’originale della Costituzione (come anche dei Trattati di Roma, considerati il primo segno della nascita di una Unione europea e conservati nello stesso locale) resti a garanzia per i cittadini, trattandosi, oltretutto, dell’unico originale – fra i tre esistenti – inserito nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti. L’originale della Costituzione conservato all’Archivio centrale dello Stato è una testimonianza giuridica e storica non destinata alla fruizione estemporanea in una mostra. In precedenza né l’Archivio centrale dello Stato, né la Direzione generale Archivi hanno concesso in prestito l’originale, neppure al Senato che ne ha fatto due volte richiesta per mostre (2017 e 2018). Manca, inoltre, il progetto scientifico della mostra, indispensabile per il procedimento di autorizzazione”.

Come ha risposto il superiore Ministero a queste sagge e ferme parole? Ovviamente con un sonoro e fascistissimo “me ne frego!”. E la Costituzione è stata estratta dalla sua teca, alla quale si recarono come in pellegrinaggio, senza nemmeno pensare di farla scomodare, i presidenti Ciampi e Napolitano. Ma vuoi mettere con La Russa?

Esistono altri due originali della Costituzione: uno conservato presso la Camera e l’altro presso la Presidenza della Repubblica. Quest’ultimo è stato prestato per ben due volte al Senato, e poteva ben tornarci una terza. E invece no: Ignazio Benito ha voluto proprio l’intoccabile numero uno. E se dovesse, iddio non voglia, bruciare o finir nell’acqua avremmo perso il documento che garantisce i nostri diritti e le nostre libertà. Una perdita simbolica, certo: ma non è forse su un simbolo che La Russa vuole mettere le mani? Il messaggio è molto chiaro: “Io della Costituzione faccio quello che voglio”. Della carta su cui è scritta e firmata: ma non solo. È fin troppo evidente l’odio per quel testo mirabile, che Aldo Moro in Costituente chiama “una continua polemica antifascista”. Ed è ben noto come questa maggioranza si appresti a devastare quel progetto con la manovra a tenaglia del presidenzialismo e dell’autonomia differenziata: due armi letali già singolarmente, che se sommate diventano una bomba nucleare capace di annichilire la Repubblica disegnata dai costituenti.

Dalle elezioni del 25 settembre 2022 non c’è dubbio che sia nata una maggioranza formalmente legittima. Ma non si deve dimenticare che per le forze che sostengono questo governo hanno votato 12 milioni di persone, mentre altri 14 hanno votato per le altre forze e ben 17 milioni si sono astenuti, hanno votato scheda bianca o hanno annullato il voto. Una maggioranza che fosse onestamente consapevole di questi numeri (e della indegnità della legge elettorale vigente) governerebbe, certo: ma non dovrebbe nemmeno sognarsi di toccare la Costituzione di tutte e tutti. E invece temo proprio che questo voler svilire, umiliare, banalizzare l’originale della Carta non possa che preludere a un ben più grave e definitivo sfregio. Mussolini ebbe a promettere una volta: “Noi faremo tabula rasa di tutta la vita civile …”. E Piero Calamandrei commentò: “Di tutte le promesse del fascismo, questa sola è stata mantenuta”.

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8 replies

  1. I soliti fischi per fiaschi. Il pericolo, sventato il 4 dic. 2016 votando NO a Renzi, alla sua riforma costituzionale e al PD era – nonostante tutto – maggiore.

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    • Paolo, spero con tutto il cuore che tu, e noi, non dobbiamo verificare il contrario.
      Perché la manomissione renziana è stata sventata, ma questa… visti i chiari di luna… 🤦🏻‍♀️

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  2. Sarà bravissimo come critico d’arte, ma come politicante le spara grosse. Da quanto lui stesso dice ci sarebbero tre originali, quindi dobbiamo ritenere, come comuni mortali, che quelli esistenti presso la Camera e la Presidenza della Repubblica siano custoditi con la stessa cura dell’originale archiviato in apposita camera dell’archivio di stato. Non si capisce perché l’originale custodito nell’archivio di stato avrebbe un valore inestimabile, mentre gli altri due sarebbero carta straccia.
    Cosa teme il professore?
    Teme, forse che i compagni, da sempre al vertice delle due presidenze potrebbero averli manomessi?

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    • Nell’articolo è ben specificato che anche a precedenti richieste è stato opposto un diniego. Al suo posto, piuttosto che polemizzare con il prof. Montanari, mi chiederei quali siano state le ragioni del rifiuto, e sicuramente saranjo state strettamente attinenti alla preziosità del documento secondo criteri archivistici.

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      • Io non polemizzò con il prof ma faccio delle domande al politicante che la spada grosse. Sa rispondere lei sul perché il politicante consideri inestimabile il valore dell’originale custodito nell’archivio di stato, mentre gli altri due, sempre originali, sarebbero carta straccia che possono essere esposti?
        Sa qualcosa che i comuni mortali non sappiamo e non dobbiamo sapere?
        Il professorone politicante perché polemizza con il Presidente del Senato e non con il Ministro che avrebbe deciso contro il parere di quel comitato?

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  3. Continuano a gridare al lupo, ma il lupo arrivò nel 1994 e lo fecero diventare l’artefice dell’Italia che rifiutò il cambio di regime determinato da Tangentopoli e che oggi ci governa. L’ennesima riforma stile franco-russo-statunitense è la riprova della loro intrinseca fragilità nel riuscire a governare. Sono inetti, imbelli, sciatti, ignoranti, arroganti nel rivendicare le loro enormi incapacità tecnico politiche a gestire la più banale delle necessità di un’amministrazione: saper spendere senza fare debito e mazzette per evitare controlli. È una classe dirigente che difficilmente riuscirebbe ad organizzare una corsa campestre senza far ruzzolare tutti da una strada fangosa a causa dell’improvviso acquazzone di stagione, poiché incapaci strutturalmente di leggere una mappa topografica con i rilievi orografici. Il punto vero è, secondo me, che si perde troppo tempo dietro gli onanismi evocati dagli adoratori (ancora troppi) degli opposti schmittiani invece di concentrarsi sulla possibile costruzione di alternative concrete di gestione della res pubblica.

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