La chiave di tutto, probabilmente, si trova a riga 142 quando Giorgia Meloni indica sul Corriere della Sera coloro ai quali non intende sottostare, ovvero quanti, in preparazione del 25 Aprile e delle sue cerimonie […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – La chiave di tutto, probabilmente, si trova a riga 142 quando Giorgia Meloni indica sul Corriere della Sera coloro ai quali non intende sottostare, ovvero quanti, in preparazione del 25 Aprile e delle sue cerimonie, “stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto con la politica”. Frase da ricollocare nel rudere di epoca romana in cui, ragazzina, la futura premier mise piede oppure nella sezione di via Guendalina Borghese, alla Garbatella, dove imparò i primi rudimenti missini. Ecco, nessuno si azzarderebbe a immaginare che ogni 25 Aprile in quei luoghi si festeggiasse la festa della Liberazione dal fascismo e per di più in chiave antifascista. Quando, e non soltanto in quegli anni, a proposito dei valori della Resistenza la battuta più innocua che girava tra i giovani camerati era che l’unica resistenza conosciuta era quella elettrica. Si dirà che poi la ragazzina di un tempo è stata capace di scalare Palazzo Chigi e che questo suo ruolo istituzionale se rende comprensibile non accettare voti e pagelle da chicchessia le impone tuttavia la più piena e convinta adesione alla “Repubblica fondata sulla Costituzione figlia della lotta antifascista” (Sergio Mattarella).
Valori che pure emergono nel lungo articolo scritto per il Corriere se non fosse che a ogni affermazione di ripudio della dittatura ecco il contrappunto contro chi usa “la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di ogni avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa che, come ha insegnato Augusto Del Noce, per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto”. Non sembri interpretazione minimalista, ma questa difficoltà di pronunciare la parola Liberazione (declinata nella più neutra libertà) e l’impossibilità perfino fonetica di dichiararsi antifascista, rivela in Giorgia Meloni soprattutto un cocciuto non cedere sul punto a quella “intellighenzia di sinistra” da cui lei e il suo mondo si sentirono nella loro vita passata ingiustamente discriminati. Un ostinato tenere duro che a Roma chiamano tigna. A questo punto la speciale commissione d’esame che stila liste e punteggi di antifascismo con relative certificazioni (non si capisce bene sulla base di quale autorità) potrà continuare a dichiararsi insoddisfatta per la “timidezza” (Repubblica) della esaminanda. Che sarà, dunque, rimandata al prossimo 25 Aprile (purché non accompagnata da Ignazio La Russa).
Per amor di discussione consideriamo il punto di vista contrario:
Se la sente Padellaro di dire che non è vero che certa sinistra abbia utilizzato ” la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di ogni avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa che, come ha insegnato Augusto Del Noce, per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto”. Anche quando si trattava di un’etichetta da affibbiare a CHIUNQUE non aderisse ciecamente ai valori ” de sinistra” come dal ’68 in poi ? ( È capitato a me, liberale, ai tempi dell’università).
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Cooooosaaaa?
“come ha insegnato Augusto Del Noce” !?!?!?
Quell’essere abominevole?
Insegnare qualcosa!?
Non conosco NULLA della sua “materia d’insegnamento”, ma mi basta ricordare la sua espressione assolutamente ESTATICA e al contempo INSIPIENTE, mentre, al ritorno da una visita negli USA, ne vantava la PENA DI MORTE, del cui valore era stato immantinente convinto.
Pensa un po’ quanto erano salde le sue convinzioni politiche e morali!
Bleah 🤮 dal più profondo del cuore.
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Solo coloro che, nel secondo novecento, portarono il loro misero cervello all’ammasso e i loro eredi possono non ammettere che ” la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di ogni avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa che, come ha insegnato Augusto Del Noce, per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto”.
E non lo ammetteranno mai perché sanno che i privilegi di cui hanno immeritatamente goduto si basavano solo sul semplice ripetere ad ogni due per tre il loro impegno antifascista.
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Mi piacerebbe che Meloni leggesse questo post perchè ci tengo a dirLe che
C’è, ce, ci,
si pronunciano c’è, ce, ci
e non scè, sce, e sci.
Almeno quando parla nel ruolo istituzionale.
Poi negli altri ruoli che molti le attribuiscono si regoli come crede.
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Sono Romano, ma il suo pesante accento romanesco dà fastidio anche a me.
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