Abuso d’ufficio alla Nordio: se violi le leggi non è più reato

Già oggi, dopo varie “riforme”, è difficile sanzionare il pubblico ufficiale. Non basta ancora. Le indagini riguardano molto di più i funzionari che i sindaci e quasi mai sono rese pubbliche

(DI ENRICO MASCILLI MIGLIORINI E ANTONIO MASSARI – ilfattoquotidiano.it) – A questo punto vorrebbero seppellire il cadavere. Anzi, il moribondo, ovvero l’articolo 323 del Codice penale che punisce l’abuso d’ufficio. Già gravemente ferito dalle precedenti riforme. L’ultima (nel 2020, primo governo Conte) ha già circoscritto parecchio il suo perimetro di applicazione con tre innovazioni.

L’abuso d’ufficio – che non si applica quando per l’indagato/imputato viene riscontrato un reato più grave – si configura soltanto quando il pubblico ufficiale vìola una legge. Se vìola un regolamento, per esempio, non è più perseguibile. La violazione deve riguardare specifiche regole di condotta e non principi generali. Infine, il reato non sussiste se l’amministratore, nella sua scelta, ha un margine di discrezionalità. Ma pure da moribondo il reato risulta scomodo: va seppellito, punto e basta.

Gennaio 2023, Rete 4, Quarta Repubblica: il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, spiega che “ci sono stati, privatamente, gli stessi sindaci del Pd che sono venuti da me in processione a implorare l’abolizione o una radicale modifica del reato di abuso di ufficio, perché non riescono più a lavorare. È un reato evanescente e può essere contestato a chiunque per qualunque cosa. Abbiamo 5.800 contestazioni e alla fine 9 condanne”. Nordio fa riferimento alle statistiche elaborate dal suo ministero.

Vediamole un po’. Nel 2021, il numero di procedimenti per abuso d’ufficio iscritti e definiti, per le indagini preliminari (sezione gip/gup) sono rispettivamente 4.812 (iscritti) e 5.418 (definiti). Se passiamo alla fase dibattimentale (il processo) se ne contano 438 (iscritti) e 513 (definiti). C’è da capire come siano andati a finire. Su 5.418 fascicoli si è giunti a sentenza 318 volte e con sole 9 condanne e 72 assoluzioni. Nell’86% dei casi, quindi, non s’è avuta alcuna condanna. Si contano poi 35 patteggiamenti e 28 prescrizioni. In altri 170 casi non si è proceduto per altri motivi. A questo punto, o l’86% dei pm sono dei visionari, oppure, nei fatti, siamo già di fronte a una abolitio criminis. Sempre nel 2021, a fronte di 4.983 decreti si contano 148 archiviazioni per prescrizione e ben 4.465 archiviazioni per altri motivi. È stato disposto il giudizio soltanto in 370 casi. Su 455 sentenze, infine, si contano 18 condanne, 0 patteggiamenti, 256 assoluzioni, 152 prescrizioni. In 24 casi non s’è proceduto per altri motivi.

E i dati precedenti alla riforma quali erano? Continuiamo a citare dati del ministero (analizzati su Sistema Penale da Roberto Garofoli, presidente di Sezione del Consiglio di Stato). I fascicoli per abuso d’ufficio nel 2016 ammontavano a 7.930, nel 2017 a 7.188, nel 2018 a 6.671, nel 2019 a 5.941. In cinque anni, quindi, si è passati da 7.930 fascicoli d’indagine a 5.418. Il grafico è chiaramente in picchiata: viaggiamo intorno a un -31%. Se diamo un’occhiata ai dibattimenti si è passati dalle 82 condanne del 2016 alle 18 del 2021. Grafico in picchiata anche qui.

Visti da questa angolazione, i dati confermano che l’abuso d’ufficio è un reato “evanescente” (per usare le parole di Nordio) e c’è chi non vede l’ora di celebrarne il funerale. Ma è davvero così?

Aggiungiamo che in prima linea, a chiederne l’abrogazione o un’ulteriore, radicale revisione (che in sostanza è lo stesso), troviamo i sindaci alle prese con il Pnrr, terrorizzati dalle firme che dovranno apporre su una valanga di atti (si spera) nei prossimi mesi. È la cosiddetta “paura della firma”. E d’altronde, come abbiamo visto, è lo stesso Nordio che li usa come paravento: sindaci “in processione” per “implorarlo” di abolirlo o modificarlo radicalmente “perché non riescono più a lavorare”. La domanda resta la stessa: è davvero così?

Il Fatto ha provato ad analizzare la situazione aggregando ulteriori dati (senza alcuna pretesa scientifica, ovviamente) e il quadro appare molto più complesso. Abbiamo censito i casi di cronaca emersi nel triennio 2020-2022. Ricavandone qualche sorpresa. Intanto, per il 2021, ad esempio, i fascicoli aperti che hanno avuto pubblicità sulle agenzie di stampa ammontano a 44. Una cifra irrisoria rispetto ai dati forniti per lo stesso anno dal ministero. Segno che il segreto d’ufficio tiene più di quanto s’immagini. Ma andiamo avanti.

Nel triennio, tra i 154 indagati censiti, i sindaci sono 34 (13 del centrosinistra, 16 del centrodestra, 7 di liste civiche). In altri 36 casi parliamo di assessori, presidenti di Regione o Provincia. I restanti 84 (quindi più del 50 per cento) sono invece funzionari. Sostenere che l’abuso d’ufficio sia il reato dei “sindaci” – per quanto utile alla propaganda di chi vuole la sua abrogazione – è quantomeno fuorviante. Va aggiunto che raramente si procede soltanto per abuso d’ufficio: nei fascicoli, l’articolo 323 del Codice penale non viaggia quasi mai da solo, ma è all’interno di indagini più vaste. Ecco l’elenco: nel triennio analizzato lo abbiamo trovato all’interno di inchieste su peculato, traffico d’influenze, reati ambientali, falso, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, frode, turbativa d’asta, corruzione, induzione indebita, truffa (anche aggravata e ai danni dello Stato), lesioni, minacce, violenza, maltrattamento dei minori, omessa denuncia, rivelazione del segreto d’ufficio, traffico di droga, associazione mafiosa, associazione a delinquere, omicidio, estorsione, detenzione di armi, ricettazione, concussione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, occupazione e pascolo abusivo, interruzione di pubblico servizio, depistaggio, spaccio, furto e tortura.

In molti casi l’abuso d’ufficio risulta un passaggio obbligato per la consumazione di reati più gravi. Ma ormai – considerato che per il 323 non è possibile intercettare – è sempre più raro che, indagando sull’abuso d’ufficio, si scoprano altri reati. Paradossalmente (visto che viene ancora erroneamente considerato un “reato spia”) è più probabile il contrario. Certo, restano le statistiche del ministero, che sono impietose, con l’85% di assoluzioni o archiviazioni. Ma cosa ci si poteva aspettare dal moribondo articolo 323 del Codice penale?

Aggiungiamo che la media delle archiviazioni in Italia (a prescindere dal reato) è pari al 62% dei fascicoli: è quindi scivoloso – come segnala lo stesso Garofoli – usare l’argomento per abrogare l’abuso d’ufficio. A meno che non si voglia abrogare mezzo codice penale.

6 replies

  1. Raccolta differenziata: telecamera che inquadra i contenitori, bene, provati a lasciare il sacchetto fuori perché il cassonetto non si apre e vedrai…….. prova a fare ricorso e vedrai…… suonano alla porta…. buongiorno sono l’ufficiale giudiziario…..

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    • Tranquillo, già provato: cassonetto strapieno ( no, non siamo a Roma…). A fatica ci faccio stare il sacco nero dell’indifferenziata con la popò del gatto.
      Mi arriva una multa per avere ” abbandonato” il sacco fuori dal cassonetto. Mi reco dai vigili: ” Succede spesso, qualcuno evidentemente non ha trovato posto, ha tolto qualche sacco e ci ha messo il suo”.
      “Ma come avete fatto a trovarmi?”
      “Evidentemente hanno frugato nel rusco ( qui si dice così) e hanno trovato qualcosa col suo nome.”
      Rimango interdetta, le buste le metto nella carta. Poi ricordo di avere usato un pezzo di cartone di Amazon per raccogliere …qualcosina…che il gatto aveva …lasciato in giardino. Forse c’era ancora l’etichetta.
      Visto come sono … solleciti … qui? Peccato che i cassonetti siano giornalmente circondati da sporcizia di ogni tipo ( ma da noi si ” lavora bene” quindi non se ne parla). Evidentemente non ci lasciano indirizzi dentro.
      100 euro di multa, ma ” potevo fare ricorso…”

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