Quando le notizie non sono gradite ai padrini del Tg1

Quando Eugenio Scalfari, nelle riunioni di redazione, voleva rabbonire un interlocutore troppo insistente e “facinoroso”, usava replicare tra il serio e il faceto: “Ma tu vuoi polemizzare con le notizie?”. Ecco, le […]

(di Giovanni Valentini – Il Fatto Quotidiano) – “L’interesse per le notizie non deriva da una genuina curiosità, bensì dal desiderio di completezza” (da Lady Margot di Evelyn Waugh – Guanda, 2005 – pag. 195)

Quando Eugenio Scalfari, nelle riunioni di redazione, voleva rabbonire un interlocutore troppo insistente e “facinoroso”, usava replicare tra il serio e il faceto: “Ma tu vuoi polemizzare con le notizie?”. Ecco, le notizie: si possono analizzare, interpretare, commentare. Ma non si possono occultare, rimuovere, censurare. E invece è proprio quello che ha fatto il Tg1 la sera di lunedì scorso, 17 aprile, escludendo dai titoli di testa la vittoria del centrosinistra nelle elezioni comunali di Udine. Una notizia grande quanto una casa, come si suol dire, considerando che riguarda una regione come il Friuli-Venezia Giulia governata dalla Lega; una città dove il Carroccio ha perso il sindaco; e una tornata elettorale in cui lo schieramento all’opposizione del governo nazionale è riuscito ad aggregare quel “campo largo” che ha compreso per l’occasione il Pd, il fantomatico Terzo polo, la Sinistra Italiana e, nel ballottaggio, il Movimento 5 Stelle.

Vero è che il cattivo esempio della principale testata della Rai è stato seguito l’indomani dalla stampa padronale fiancheggiatrice del centrodestra, a differenza di quanto hanno fatto – insieme al nostro quotidiano e al manifesto – anche il Corriere della Sera, Repubblica e La Stampa. Ma i giornali rispondono, oltre che al proprio pubblico, a un editore privato più o meno impuro che sia. Il Tg1, invece, è tenuto dal contratto di servizio a rispettare obblighi di completezza e imparzialità per garantire il pluralismo dell’informazione, a fronte del canone che la televisione governativa incassa dagli abbonati. E, ricordiamolo qui per inciso, i cittadini che hanno votato per il centrodestra alle ultime Politiche sono in minoranza rispetto all’intero corpo elettorale, compresi gli astenuti.

Non è la prima volta che un telegiornale della Rai, come documentano i dati dell’Autorità sulle Comunicazioni e dell’Osservatorio di Pavia, vìola le regole che presiedono al funzionamento del servizio pubblico. Lo stesso Tg1, due giorni dopo il voto di Udine, ha ignorato l’esordio di Elly Schlein, neosegretaria del Pd, in conferenza-stampa. E poi ha “gonfiato” il caso della vignetta satirica di Natangelo apparsa su questo giornale, per compiacere e blandire i governanti di turno. Fatto sta che da quando c’è Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, le testate pubbliche, i talk show e perfino le rassegne stampa fanno a gara per dare spazio e visibilità all’esecutivo e a tutto il centrodestra, esaltando i modesti risultati finora ottenuti. È un’informazione di regime, salvo qualche rara eccezione, quella che viene diffusa sulle reti di Stato. Un Minculpop mediatico, rafforzato dalla concentrazione televisiva di Sua Emittenza, pretende di far prevalere così la propria “narrazione” sull’obiettività e sulla neutralità, all’insegna del revisionismo storico, del familismo autarchico e della “sostituzione etnica”.

Ciò che più colpisce, al di là della convergenza tra la Federazione nazionale della Stampa e l’Usigrai sulla necessità di una riforma strutturale della televisione pubblica, è la remissività o la condiscendenza delle redazioni che subiscono tali diktat dai propri direttori e dai rispettivi “protettori” politici. In attesa dello sciopero generale indetto per il prossimo 26 maggio dalle rappresentanze dei lavoratori Rai (non giornalisti), c’è da auspicare che la nuova Commissione parlamentare di Vigilanza intervenga sullo scandalo quotidiano di questa informazione mistificatoria e di parte. La “gestione inefficiente e inadeguata” dell’azienda, come denunciano gli stessi sindacati, minaccia ora di portarla al collasso.

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5 replies

  1. “Non è la prima volta che un telegiornale della Rai, come documentano i dati dell’Autorità sulle Comunicazioni e dell’Osservatorio di Pavia, vìola le regole che presiedono al funzionamento del servizio pubblico.”
    In realtà ormai è la normalità, come hai scritto poco dopo, trattasi di informazione di regime diffusa sulle reti di Stato.

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  2. Saro’ secco (vediamo se stavolta il mio commento passa o viene censurato come diversi altri ultimamente):
    l’informazione, in Italia, e’ problema assai piu’ pericoloso, per la democrazia, della mafia stessa.

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  3. Niente di nuovo sul fronte …tutti sti mantenuti Rai ( spesso senza arte ne parte ,a volte si vedono persino programmi che nemmeno Rete 12/ a 19 hanno il coraggio di trasmettere con i balli di periferia e cuochi improbabili ) sono tutte persone che non valgono niente, la Rai è come l Alitalia uno stipendificio per raccattare consensi

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  4. La RAI è governativa ( manuale Cencelli: nessuno è mai stato escluso), le altre sono padronali. E’ sempre stato così.
    Tra l’ altro le redazioni si abbeverano a due fonti di lingua inglese ( americana e inglese) l’ Associated Press e la Reuters. Oltre, per la minutaglia che fa “opininone” ( leggi aizza i capponi di Renzo) a Twitter e Istagram dove si estrapola fior da fiore.
    Ormai va così: tutti le medesime notizie al medesimo momento, a seconda di quello che passa il Convento (ossia le due Agenzie di cui sopra…)

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