Destra (o sinistra) vanno al potere, fanno cazzate e poi si offendono per la satira. Viva la satira!

Destra (o sinistra) vanno al potere, fanno cazzate e poi si offendono per la satira. Viva la satira!

(di Alessio Mannino – mowmag.com) – Il caso della vignetta di Natangelo contro il ministro (e cognato della Meloni) Francesco Lollobrigida sulla “sostituzione etnica” ha portato a galla una desolante verità: sia a destra che a sinistra serpeggia l’intolleranza per la satira, figlia dell’ignoranza su un genere artistico che non è né comicità né umorismo. Come insegna l’esempio della indimenticabile rivista Il Male, la satira deve fare male: dev’essere pungente, impietosa, irritante, folle. Magari non sempre riuscita e azzeccata, a volte inutilmente volgare, ma libera e senza condizionamenti. Altrimenti è come fare il solletico al potere. Mentre, alle cazzate del potere, l’autore satirico deve poter rispondere rivendicando il “diritto alla cazzata”.

Anche se in un certo senso la satira la inventammo noi, ai tempi della grassa antica Roma satura di umanità varia da dissacrare con perfidia (satura è, difatti, l’origine della parola), l’Italia non è fatta per questo genere indefinibile, la cui unica regola è quella di non averne e la cui materia è fornita dalle convenzioni e dai tabù, diremmo oggi dal politicamente corretto, differente in ogni epoca, per cui ad esempio Giovenale poteva impietosamente ritrarre il cinedo, che oggi tradurremmo con frocio, come un essere effeminato e invertebrato, mentre a noi suonerebbe come volgare offesa punto e basta. Le Meloni’s, Giorgia premier e Arianna sorella, che come tutti i borghesucci di destra e anche di sinistra si sono adontate per la vignetta di Natangelo sul Fatto Quotidiano, che in realtà prendeva di mira il cognato della prima e il marito della seconda, ossia il ministro Francesco Lollobrigida sulla “sostituzione etnica”, non sanno, o fingono di non sapere che la satira, per esser tale, deve far incazzare. E deve far incazzare perché il suo scopo, deformando la realtà, è far riflettere sul grottesco, non far genericamente ridere, né tanto meno sorridere. 

Francesco Lollobrigida
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e cognato di Giorgia Meloni

Come disse qualche anno fa Mario Cardinali, il direttore del Vernacoliere (uno dei pochi covi di professionisti dell’irrisione, in questo Paese di tromboni), la satira viene dal “bisogno dell’anima e dell’intelletto di rompere i coglioni”. Naturalmente, ognuno interpreta questo bisogno a modo suo, purché vada a “opporsi all’ordine e alla visione generale”. La satira è nella sua essenza teppista, anarcoide, irregolare. E anche irresponsabile, se per responsabilità intendiamo il rispetto timorato degli idoli del presente, che siano etici, politici, sociali o religiosi. La satira deve essere irrispettosa, perché è più di uno sberleffo irriverente, non si esaurisce nella battuta comica, va oltre l’umorismo, per quanto nero e caustico. Non è una pernacchia o una caricatura, è una vera e propria critica alla società attraverso l’estro provocatorio dell’artista, armato di penna come fosse spada. Vuole dare cazzotti nello stomaco, non buffetti o spettacolini da guitti. È arte che vuol far male.

Mario Cardinali, direttore del mensile Il Vernacoliere
Mario Cardinali, direttore del mensile livornese di satira “Il Vernacoliere”

Non per niente si chiamava Il Male la sola rivista di respiro nazionale che il nostro Paese abbia potuto vantare come indimenticabile esempio di giornale satirico premiato dal successo popolare, perché con le contropalle (che, intendiamoci, pur senza exploit avevano anche, a destra, Candido, o, a sinistra, Cuore). Migliore, a giudizio di chi scrive, anche del celeberrimo Charlie Hebdo parigino, perché mai caduto nella degenerazione a cui la satira può andar incontro, e cioè l’insulto per l’insulto, l’equivalente del rutto e della scorreggia. Certo, erano altri tempi, si era a cavallo fra gli anni ’70 e ’80, il milieu intellettuale ovviamente non era lo stesso e non aveva le stesse ascendenze dei francesi, che hanno una tradizione di contestazione del potere imparagonabilmente più radicata e forte della nostra (e infatti se la tirano parecchio). Identico però era lo spirito di fondo: quel senso libertario, letteralmente inteso, di sciogliere nell’acido corrosivo le parole d’ordine dei potenti, i sacri totem, le certezze diffuse, le mode per definizione idiote, la mostruosa normalità delle incrostazioni mentali. Come? Scomponendo, rovesciando e sgonfiando i luoghi comuni, colpendo di fionda e di bastone i bersagli di volta in volta scelti pur di sollevare del sano casino, anche grevemente, anche disgustosamente, ovvero contro il gusto dominante che è sempre, per sua natura, perbenista.

Vincino Vauro
A sinistra Vincino, direttore della rivista “Il Male” dal 1979 al 1982, con Vauro

Dopodiché, chi di sarcasmo ferisce non può aspettarsi certo una facile benevolenza di ritorno. Ci sta tutto che il bersagliato di turno e parte dell’opinione pubblica saltino sulla sedia, si offendano, siano percorsi da fremiti di sdegno e di ribrezzo: è proprio la reazione che la satira cerca e deve cercare. E qualora anche la tal rivista o il tal autore scadano, a proposito di gusti, nel puro cattivo gusto, non costituisce problema criticarli a loro volta, facendoli a pezzi e restituendo loro la pariglia. A condizione che si abbia ben in mente che il campo artistico, cui la satira di diritto appartiene, non sottostà alle norme e consuetudini che invece, per esempio, caratterizzano, il giornalismo. La vignetta incastonata nelle pagine di una testata giornalistica fa parte di un’altra categoria, ha un altro linguaggio e ne eccede i confini. Un disegnatore o scrittore satirico non è un editorialista. O, per meglio dire, è come se lo fosse, perché scaraventa addosso ai lettori la propria, personalissima opinione, ma su un altro piano, su un altro livello del discorso: ugualmente, si spera, profondo nel contenuto, e irritante, fuori misura, maleducato, straniante e con quel grano di divertita follia nella forma che, bene o male, dovrebbe renderlo riconoscibile e a prova di scemo.

Natangelo vignetta
La vignetta di Natangelo, “Sostituzioni”

Perciò, signori e lorsignori assisi su scranni e poltrone (e non ci riferiamo solo a quelle governative e ministeriali, ma anche ai poggia-deretani dell’uomo comune sempre un po’ vile e ipocrita quale, sia ben chiaro, noi pure siamo), se prima o poi qualche cazzata la commettete o la proferite, il che è inevitabile perché capita a tutti e figuriamoci a voi, qualcuno che ve la rimandi indietro decostruita e intinta nel veleno, prendendovi per i fondelli per vocazione e contratto, ci vuole. Che poi lo faccia più o meno bene, è un altro paio di maniche. Ma questa suscettibilità ipertesa, questo scattare offesi nell’orgoglio e nel decoro, questo moralismo del non-si-fa e non-si-dice denotano soltanto una desolante debolezza. E lo sappiamo bene, almeno noi che tifiamo satira anche quando dovesse magari farci schifo, che la debolezza “dell’anima e dell’intelletto”, direbbe il Vernacoliere, è il carburante dell’intolleranza e della censura. E dunque, cari falsissimi cuori di panna, come l’Ugo Tognazzi finto capo delle Br, in quella famosa e vaccaboia se ardita pagina del Male, rivendichiamo e sempre rivendicheremo il diritto alla cazzata. Del resto, cosa c’è al mondo di più serio delle cazzate?

15 replies

  1. LEZIONI DI SATIRA
    “Altro che sessismo, Meloni. È un mullah di regime”
    L’INTERVISTA – Gérard Biard di Charlie Hebdo: “Vergognosa reazione PD*. È una confessione di connivenza: il potere non si deve attaccare”
    DI RICCARDO ANTONIUCCI
    FQ 21 APRILE 2023

    *Mi sono concesso la licenza di sostituire Sinistra con PD. Il PD di sinistra non ha nulla, zero. E poi è stato solo il PD ha criticare la vignetta.

    Gérard Biard(GB) “La reazione di Giorgia Meloni ricorda quella dei mullah iraniani contro il governo francese dopo che abbiamo pubblicato le caricature del regime di Teheran”. Gérard Biard, caporedattore del giornale satirico per eccellenza, Charlie Hebdo, reagisce con indignazione al polverone polemico alzato attorno alla vignetta di Mario Natangelo uscita ieri sul Fatto. Lo indigna l’attacco diretto da parte della premier (“Non è un segno di democrazia, anzi ha mostrato il vero volto di Meloni”), ma lo indignano altrettanto le critiche del PD.

    Fatto Quotidiano(FQ) Cosa pensa di chi dice che Natangelo non avrebbe dovuto prendersela con la sorella della premier?
    (GB) Arianna Meloni è un personaggio pubblico, ma il soggetto della caricatura è il ministro, non la sorella della premier. Mi sembra che siamo alle solite: la difficoltà, anzi il rifiuto di leggere correttamente le caricature, di capire davvero la satira. La vignetta è politica, parla di un ministro ed è una risposta alle sue parole sulla natalità in Italia e sulla sostituzione etnica. Il bersaglio è Lollobrigida.

    (FQ) Una delle accuse è il sessismo, che ne pensa?
    (GB) Non vedo cosa ci sia di sessista nel mostrare una donna adultera. Se non sbaglio l’adulterio non è più reato neanche in Italia (ride). Se poi il sottotesto è che l’adulterio è un peccato religioso, allora direi che è un problema di chi lo pensa. Da che mondo è mondo il sesso è una delle risorse più floride dell’ironia. Si possono mettere alla berlina il razzismo, il sessismo, l’antisemitismo che sono reati, ma la derisione della sessualità non è punita dalla legge.

    (FQ) Su Charlie Hebdo la pubblichereste?
    (GB) Ovvio. Ne pubblichiamo anche di più cattive e più esplicite sessualmente. Anzi, scommetterei che alcuni vignettisti di Charlie avrebbero disegnato la scena senza le lenzuola tirate sul letto (ride).

    (FQ) C’è chi invoca i “limiti” della satira, chi dice “quella vignetta era esagerata”.
    (GB) È sempre la solita retorica: ‘sostengo la satira, ma’, ‘sono per la libertà di espressione, ma’. ‘Je suis Charlie, ma. Quel “ma” è una negazione. Non si può dire “sono laico, ma”, o sei laico o non lo sei, o sei per la libertà d’espressione o no. .

    (FQ) E chi dice che è sbagliata perché “non fa ridere”?
    (GB) Il tema non deve essere se fa ridere o no. Il mestiere dei politici non è fare gli arbitri del buon gusto, dell’arte o della satira. Facciano il loro lavoro. Questa è solo una cattiva scusa per mascherare un’inconfessabile voglia di censura comune alla classe politica, e da parte di tutti gli orientamenti politici, che è la cosa più grave. Mi lasci dire che quello che mi ha colpito di più è la reazione del PD. Hanno detto che la vignetta ‘fa schifo’ perché è sessista e offensiva. Lo scopo della caricatura è essere offensiva, non è di fare piacere a chi ne è oggetto. Se una vignetta non è offensiva è una cattiva vignetta. Quello che trovo veramente vergognoso è un PD che attacca la caricatura e non il motivo per cui è stata fatta. Non mi pare che nessuno si sia ricordato di citare la dichiarazione di Lollobrigida sulla sostituzione etnica… È una logica che conosciamo bene. Dicono “siamo per la libertà di espressione”, ma poi al momento della verità non è così. La sinistra francese non è diversa.

    (FQ) All’opposizione c’è anche chi ha detto: “Noi vi diamo solidarietà, voi avreste dovuto darcela quando è toccato a noi”.
    (GB) Concetto che tradurrei così: ‘Siamo solidali con voi quando una caricatura attacca il potere, e vi chiediamo di fare lo stesso quando al potere ci siamo noi’. È una confessione di connivenza politica, sull’idea comune per cui ‘il potere non si attacca’.

    (FQ) A Charlie sarà capitato spesso di essere attaccato, da De Gaulle nano a Macron decapitato…
    (GB) Nel 2006-2007, per le caricature di Maometto ci criticò anche l’ex presidente Jacques Chirac. Oggi è più difficile, soprattutto dopo il 2015 (l’attentato islamista contro la redazione in cui morirono 12 persone ndr). Dopo la prima pagina con Macron ghigliottinato non c’è stato nessun commento politico. In Francia la tradizione della satira è ancora solida, anche se siamo sempre meno a farla.

    (FQ) Lei dice spesso che fare satira è diventato difficile, che dovete spiegare le vignette…
    (GB) C’è una nuova tendenza al puritanesimo, in nome di valori difendibili, certo, ma la censura si fa sempre “per una buona causa”. Ed è più forte nel PD che a destra. Però la battaglia della destra è interessata: prendersela con la censura antirazzista o antisessista è funzionale al loro progetto politico.

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  2. Mariapia- LA SATIRA

    La satira è uno dei mezzi delle società civili (abbastanza) democratiche, non ha ammazzato nessuno, non ha mai mandato al rogo chicchessia, si può dire che è quasi un dovere in una comunità evoluta.
    Oggi l’uso della satira è particolarmente necessario, in quanto gli strumenti della democrazia italiana sono molto limitati.
    Partiti e sindacati sono diventati un ceto e si fanno gli affari loro. Servirà un paio d’anni per inventare e costruire nuovi mezzi per la democrazia in Italia e allora ben venga la satira.
    La satira non tocca il sentimento religioso. La religiosità è patrimonio di tutti, atei e credenti: il senso di sacra unità con il vivente appartiene a tutti, forse anche alle scimmie antropoidi.
    Le chiese e le religioni di massima non coltivano la religiosità, tutt’ altro, ma il potere temporale e sono sempre una parte forte del potere politico in vigore in un dato momento in una comunità. In questo è l’orrore di tante religioni: sfruttare un ideale umano per abusare, opprimere, avvilire con vari sensi di colpa che distruggono l’integrità degli esseri umani per piegarli con la paura ma occorre esorcizzare la paura.
    Ben venga allora una satira civile.
    Ben vengano i veri religiosi che vivono veramente un ideale umano, ma su molti Papi possiamo tranquillamente avere molti dubbi sulla loro religiosità e da molti secoli. Questo che porta le scarpette rosse di Prada non pareva molto amico dei più.
    ..

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    • Belli i boschi millenari invece delle fogne! Peccato che una sola, una sequoia prenderebbe tutta piazza del popolo. In fondo hai ragione vivarelli, dal topo alla pantegana il passo evolutivo è assai breve.
      Peccato che dopo i 99posse si faccia un salto all’indietro fino a Villa, Claudio e al Totò eterno altro che sequoia, vero? Poi chi glielo dice al golgi, al Torricelli e al povero Petrarca?

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  3. La satira è un promemoria.
    Per la storia.- Viviana.
    ..
    La satira è provocazione, e massimamente politica, sennò che satira sarebbe?
    Chiamasi ‘satira’ un tipo di espressione feroce e dissacrante che mette in piazza e sputtana di brutto le esibite forme sociali e politiche, le insopportabili stilizzazioni del potere e soprattutto le insostenibili menzogne del regime, per metterne in luce i paradossi, le assurdità meschine, le contraddizioni immorali, l’imposto conformismo, ma ancor più le pretese, ambigue, dell’opportunismo.

    Fa satira il buffone del re
    che è l’unico nel reame
    a poter dire al re
    che è solo ciarpame.
    La satira non è carina,
    non fa ridere la bambina.
    La satira fa stridere i denti
    per questo non piace ai potenti.
    La satira non suona la lira
    ma se può ti evira.
    È dura, rapida, sgraziata,
    è un promemoria per l’intelligenza
    quando te lo mettono in kulo
    e ti sveglia di colpo
    dal sonno dell’inkulato contento
    che è il massimo del tradimento.
    La satira sbeffeggia
    la politica supponente,
    la religione fetente,
    il sacro impaludato,
    il profano malato,
    il sesso smutandato
    e la smorta morte,
    semina dubbi,
    smaschera ipocrisie,
    sana demokrazie,
    attacca i pregiudizi,
    dissotterra i vizi,
    mette in discussione
    ogni convinzione,
    insomma prende il pupazzo
    e vi cerca l’uomo
    e se l’uomo non si trova,
    il pupazzo si prende le risate
    della marmaglia
    perché compito dell’uomo è esser uomo
    e non pupazzo
    ragion per cui la satira
    è maestra d’educazione
    e come tutti i maestri
    di vita
    finisce sul palco in mano al boia
    che alla satira ha sempre tagliato
    la testa.

    (viviana)

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  4. Più il potere è dittatorialòe, meschino, ridicolo, più si infiamma per la satira. La lingua batte dove il dente duole. O il boia, avendo la casa piena di cappi, si impicca per vizio professionale. Il potere che sbeffeggia, si mette alla berlina senza accorgersene. Come chi si mette un abito troppo stretto davanti e gli fuoriesce il Kulo.

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  5. “Quando Vauro fece l’esame da giornalista, nel giugno del 1987, stessa sessione di Giuliano Ferrara, il presidente della commissione, un magistrato, gli chiese quali mai fossero i limiti della satira. E lui rispose:
    “I limiti della satira? La satira per definizione non può avere dei limiti”.
    E il presidente, incalzando: “Ma lei non si pone un problema etico…”.
    E Vauro: “Io? Io faccio vignette, io sono un vignettista satirico”.
    Non spiegò quel giorno che Walter Benjamin sosteneva che la satira deve essere “cannibalesca” (kannibalisch), e deve trarre linfa e vita proprio dal conformismo e dall’ipocrisia di chi è compromesso con il potere…
    Erano tempi migliori, le sue risposte furono giudicate idonee e convincenti e passò l’esame. Adesso, per gli stessi motivi, verrebbe ammonito proprio dall’ordine dei giornalisti. “

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  6. Annamaria
    Questo è un nuovo tipo di fascismo: la “demofascicrazia”. Qualcosa di subdolo, che s’insinua nei meandri più nascosti della nostra società, e del nostro modo di pensare. A destra, come a sinistra,
    Il fascismo (e mi concedo questa bestemmia) era qualcosa di meno pericoloso, a mio avviso. Forse, però, ha ragione Massimo Fini, quando dice che gli italiani non hanno fatto i conti con la loro storia, e per questo sono condannati a rimanere fascisti nell’animo.

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    • Ma fare due scuole per ogni strada di Napoli salverebbe altre regioni. La disoccupazione con i re rapaci aumenta, non hai studiati storia? O leggi i cellulari altrui e ascolti le telefonate per sapere le notizie? Credi che le cascine siano di ieri? Almeno invitateci a Napoli a lavorare noh?

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  7. Ma la “satira” va bene a prescidere, funziona solo quando la fanno i “nostri” o deve essere anche un pochino… intelligente e “colpire” le persone giuste e non sparare nel mucchio?

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