(Massimo Gramellini – corriere.it) – Muore Costanzo e sui social si parla della sua iscrizione alla P2. Peggio, ci si indigna perché nei ritratti e nelle testimonianze dei colleghi si parla troppo poco della sua iscrizione alla P2 (di cui peraltro si era ampiamente scusato). Vorrei attirare la vostra attenzione sul meccanismo psicologico che guida questo flusso di lapidatori. Se n’è andato un signore che ha accompagnato la vita quotidiana di tre generazioni di italiani; che ha inventato le telefonate della gente comune alla radio e i talk-show in tv; che è stato tra i primi a parlare di mafia al grande pubblico, rischiando di lasciarci la pelle, e che per primo ha portato agli onori delle telecamere il mondo dei fragili e dei «diversi» (allora si chiamavano così), contribuendo a cambiare la sensibilità del nostro Paese sui diritti civili. Ha anche lanciato Sgarbi, ma nessuno è perfetto (scherzo). Nessuno, tranne i puritani da tastiera, che davanti a un abito di buon taglio si fissano a guardare la macchiolina d’unto. Che esistenze integerrime, le loro. Evidentemente non hanno mai sbagliato un colpo, un gesto, un’amicizia.

Un tempo la morte era il colpo di gong che interrompeva le ostilità per dare il modo di rendere omaggio anche al peggiore dei nemici. Nell’era dei social si sta invece trasformando in una ghiotta occasione per scoperchiare vecchie pentole arrugginite e regolare conti lasciati in sospeso da decenni. Dai coccodrilli siamo passati agli avvoltoi, ma non mi sembra che si voli più alto.