(Massimo Gramellini – corriere.it) – C’era una volta, vicino a Lecce, un paese di settecento anime che una delibera provinciale decise di sventrare per infliggergli una rotatoria mastodontica e pressoché inutile, costata ai contribuenti la bruttezza di 670.000 euro. C’era una volta un funzionario della Provincia, o un tecnico del Comune, che pensò bene di delimitare la rotatoria con un guardrail che costeggiava il cancello d’ingresso di una villa d’epoca, impedendone l’uscita alle auto, ma persino ai monopattini e alle persone, fatta forse eccezione per i fachiri. C’era una volta un politico, o un burocrate, che mise la sua firma sotto questa delibera capace di coniugare obbrobrio sopruso. Ma ci dovette anche per forza essere qualcuno che l’obbrobrio-sopruso lo disegnò e qualcun altro che materialmente lo realizzò senza battere ciglio. Forse un operaio, o un vigile di passaggio, si sarà domandato: «Che senso ha piazzare un guardrail addosso al cancello di una casa?», ma, sentendosi in minoranza, avrà scrollato le spalle con il più italiano degli alibi: «Non è di mia competenza».

C’era una volta un guardrail appoggiato a un portone, e c’è ancora. L’inquilino che non riesce a uscire di casa ha sporto denuncia per limitazione della libertà personale, anche se immagino che nemmeno lui nutra troppe speranze. Un critico d’arte contemporanea che passasse di lì penserebbe di trovarsi di fronte a un allestimento particolarmente ardito, ma noi sappiamo che è molto di più: un autoscatto dell’ottusità umana.