(Massimo Gramellini – corriere.it) – Dice Bonaccini che i politici del suo partito devono saper parlare «come la gente al bar».

Immediatamente sui social si è aperto il dibattito e alcuni erano così smaniosi di affibbiare l’etichetta del populista al possibile futuro segretario del Pd da dimenticarsi di leggere per intero la bella intervista di Aldo Cazzullo da cui quella frase era stata estrapolata.

Avrebbero scoperto che Bonaccini era partito da un esempio concreto: il tecnicismo «cuneo fiscale» che i politici di sinistra usano al posto del più comprensibile «taglio delle imposte sul lavoro». Bonaccini intendeva dire che il Pd deve farsi capire, non che per farlo deve ricorrere a slogan e parolacce.

Si può parlare chiaro anche senza essere beceri, benché quest’ultima sia una scorciatoia molto apprezzata dallo «spirito del tempo», fomentato da una parte del sistema mediatico che scambia la volgarità per schiettezza e l’aggressività per energia vitale.

Se proprio si vuol essere maliziosi con Bonaccini, gli si può piuttosto ricordare che la freddura sul «cuneo fiscale che non è una tassa per una città piemontese» non è farina del suo sacco, ma di quello di Renzi, che la ripete a ogni comizio da dieci anni.

La vera urgenza della sinistra è di uscire dalle catacombe delle riunioni di corrente e delle chat di partito, che ne condizionano inevitabilmente il linguaggio criptico, per tornare finalmente in strada. Prima di parlare «come» la gente al bar, bisognerebbe che ricominciassero a parlare «con» la gente al bar.