Un’opposizione consapevole del proprio ruolo avrebbe dovuto interrogarsi in tempo sulla costante crescita nei sondaggi del partito di Giorgia Meloni che, stando all’ultimo di Swg, ha superato il muro del 30%. Un deciso balzo in avanti rispetto al 26% raccolto da FdI alle Politiche del 25 settembre […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Un’opposizione consapevole del proprio ruolo avrebbe dovuto interrogarsi in tempo sulla costante crescita nei sondaggi del partito di Giorgia Meloni che, stando all’ultimo di Swg, ha superato il muro del 30%. Un deciso balzo in avanti rispetto al 26% raccolto da FdI alle Politiche del 25 settembre. Un risultato attribuibile, quasi esclusivamente, al giudizio degl’italiani sulla persona della premier, come dimostra il suo indice di popolarità al 60 per cento. Che di fronte a dati così eclatanti non vi sia stata reazione alcuna da parte della tripartita opposizione parlamentare non sorprende più di tanto, con il Pd in permanente stato catatonico, mentre il polo Calenda&Renzi preferisce baloccarsi sparacchiando sul M5S. Anche se con scarsi risultati, visto che Giuseppe Conte sembra soprattutto interessato a svuotare, e con successo, il partito di Enrico Letta.

Alla base della crescita costante della Meloni può esserci la polarizzazione dei consensi che in genere premia il nuovo inquilino di Palazzo Chigi, considerato un punto di riferimento soprattutto nei momenti di crisi più acuta (era già successo con Giuseppe Conte e con Mario Draghi). C’è poi la storica novità di una presidente donna che dai primi atti sembra agire con determinazione e che si giova della grande visibilità acquisita al cospetto dei grandi della terra. Un’illuminazione mediatica adoperata per sviare l’attenzione dalle magagne di un governo che, fino a questo momento, non ne ha azzeccata una. Per paradosso, la fiducia nella donna forte può consolidarsi, nel breve e medio periodo, proprio a fronte della debolezza e incompetenza dei suoi ministri e sottosegretari. Saremmo, insomma, a un quasi disperato meno male che Giorgia c’è. Nel dubitare che tra la disattenzione generale l’Italia abbia nel frattempo generato otto milioni di fascisti (o di baionette) torna l’interrogativo iniziale sull’assenza di voci forti e credibili che sappiano contrapporre una proposta alternativa al verbo della Sorella d’Italia, oltre a convogliare un’adeguata reazione nel Paese. È un vuoto che colpisce il discorso pubblico oggi completamente desertificato. La cosiddetta grande stampa (con i talk a ruota) appare come abbacinata da polemiche che vertono sull’uso dell’articolo “il” (“la”), per non parlare della bambina Ginevra in viaggio a Bali con la mamma. Roba che, a essere generosi, riscuote l’interesse dello 0,01 per cento dei cittadini normodotati. È questa sinistra dell’irrilevanza che rafforza Giorgia Meloni. E che indebolisce la democrazia.