(Fabrizio Roncone – il Corriere della Sera) – Va bene: cerchiamo il cellulare di questo sottosegretario alla Salute, il farmacista barese Marcello Gemmato di Fratelli d’Italia – «Sempre stato di destra», raccontò orgoglioso al Giornale – generazione Atreju in purezza, 49 anni, un certo talento situazionista che poi scopriremo meglio e che – a Striscia la notizia sanno tutto – può riservare strepitose sorprese.

Intanto: metà mattina, con il web inondato dalle dichiarazioni della premier Giorgia Meloni rimbalzate da Bali, G20, dove ha detto, senza indugi: «Il Covid superato grazie ai vaccini». Ma nei siti il titolo della Meloni sta sotto, e lui, Gemmato, sopra: il nostro sottosegretario – come ha spiegato su Rai2 a ReStart, la trasmissione condotta da Annalisa Bruchi – non vuole infatti «cadere nella trappola di schierarsi a favore o contro i vaccini»; immagini televisive inequivocabili: Gemmato con l’aria di uno pieno d’efferate certezze, potenziale personaggione di questo governo.

Telefonargli. Parlarci ancora. Capire cosa sa sui vaccini che sfugge all’intera comunità scientifica mondiale. E comunque: si è già dimesso? Ha sentito la premier?

(Adesso però vediamo se questo numero di cellulare è buono: tre squilli, e una voce che risponde).

Buongiorno, sottosegretario.

«No: io sono Ettore, un collaboratore».

Vorrei parlare con il sottosegretario.

«Su qualche argomento?».

Coraggio, Ettore.

«Il sottosegretario mi ha lasciato il telefono: è dovuto scendere dal ministro, c’è una faccenda ben più importante di quella a cui si riferisce lei. A proposito: ha visto la trasmissione? Che opinione ha? No, perché io penso che…».

Ettore, la prego.

«Va bene, va bene… Riferirò la sua chiamata».

(Mezz’ora dopo, da un altro numero di cellulare).

«Sono Ettore. Ho una buona notizia: tra poco la chiamerà il sottosegretario».

(Dieci minuti: ed ecco Gemmato. Modi estremamente cortesi, mai scontati quando si parla con un esponente di qualsiasi esecutivo).

Ho letto il suo comunicato di precisazione: si è pentito. «No, guardi: in tivù, o mi sono espresso male, o mi hanno frainteso. Io cercavo solo di sottolineare la totale inefficacia dell’azione dei precedenti governi durante la pandemia…». Ha detto, parlando di lotta al Covid: «Questi grandi risultati non li vedo raggiunti». Aldo Cazzullo, che era in studio, le ha risposto che, senza i vaccini, magari sarebbe andata peggio. La sua replica, testuale, è stata: «Questo lo dice lei, non abbiamo l’onere della prova inversa».

«Eh… Era un artifizio retorico. Io volevo ancorare la discussione al comportamento solo ideologico tenuto dai precedenti governi nel corso dell’emergenza provocata dal Coronavirus. E poi, in ogni caso, mi scusi: lei lo sa quanti sarebbero stati i morti senza vaccini?». In ogni caso: chi sa quanti sarebbero stati i morti senza i vaccini? La comunità scientifica del pianeta è certa che sarebbero stati molti, ma molti di più.

«Perfetto. Però io non volevo parlare di questo, in quel programma televisivo».

Giuro, non la seguo.

«Senta: capisco e ammetto di essere stato poco felice nella mia espressione».

Ha pure aggiunto: «Non cado nella trappola di schierarmi a favore o contro i vaccini».

«Ma io sono vaccinato! Prima Johnson & Johnson e poi Pfizer: non scherziamo, non mi accusi di essere No vax».

Ha parlato da No vax.

«E per trarne quale vantaggio?».

Per attirare consenso, forse.

«Mah. Le sembra che i risultati ottenuti da Paragone alle ultime elezioni suggeriscano simili strategie? Comunque: se volete crocefiggermi, fate pure».

Ha sentito Giorgia Meloni?

«No. Penso sia a Bali».

È sicuro che sta a Bali. E lì ha detto l’esatto contrario di quello che sostiene lei.

«Appunto».

E niente: fatico a seguirla. Ha intenzione di dimettersi?

«Solo se me lo chiede Giorgia».

(Qui la voce gli si è incrinata parecchio).

Del resto, non si augura al peggior nemico un chiarimento con la Meloni che, dopo aver parlato con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e un incontro bilaterale con il presidente della Turchia, Erdogan, e poi tutto il resto che possiamo solo supporre, ad un certo punto deve mettersi al telefono per sapere cosa ti passi per la testa.

Enrico Mentana, su Facebook, una mezza idea ce l’ha. E la scrive: «Non possiamo lasciare al ministero della Salute gente che straparla come davanti a un camparino al bar».

Dall’archivio del Corriere spediscono materiale interessante: Gemmato si avvicina alla politica per tradizione familiare; padre «almirantiano» di ferro, il fratello Nicola che poi diventa pure sindaco di Terlizzi, e lui, Marcello, che fa tutta la classica trafila: Fuan e Azione universitaria, con tanto di blitz in mutande — esatto: in mutande — davanti all’ateneo di Bari, per denunciare a Striscia gli sprechi sulle spese telefoniche dei baroni.

Scommette su FdI, quando è ancora un partito al 4%. Dicendo: «Giorgia è coerente, umana, preparata, carismatica, leader vera: è brava, bravissima, prima ancora di essere donna» (tipo il ragionier Ugo Fantozzi con la contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare). Basterà per ottenerne il perdono?