(Giuseppe Di Maio) – Ebbene, sono scappato dalla montagna per non mancare all’appuntamento pentastellato regionale veneto. Il nostro è un partito nato attorno all’entusiasmo di Grillo e condiviso da tanti in un momento difficile della nostra storia. Un posto dove l’obbligo di cittadinanza attiva, di partecipazione diretta alla politica ha scovato una miriade di Napoleoni che hanno creduto di essere portavoce: a volte analfabeti della politica, e certune finanche analfabeti funzionali, ma… questa è la democrazia, bellezza!

I miei lettori lo sanno. Rousseau e anche il suo epigono, con delle pagelle simpatia a cui si accede allo stesso modo di un concorso a titoli, ha avuto la presunzione di selezionare una classe dirigente senza un laboratorio politico vero dove fosse appunto elaborata la “voce” da portare nei consessi democratici, e dove fossero cresciuti e maturati i suoi rappresentanti. Il risultato è un litigioso e perenne cartello elettorale che contingenta i tempi delle discussioni, toglie la parola, espelle, presume di avere un’ortodossia che nella realtà non esiste. Il risultato è che troppi attivisti dopo l’elezione scoppiano come tric trac nelle mani del Movimento. Senza una precisa ideologia di riferimento, a molti è stato comodo pensare a una libertà di mandato, a valori originari traditi, a una democrazia negata. Minchiate! Se c’è mai stata una cosa chiara tra di noi, è che nessuno è indispensabile, e che “un attivista” è solo un soldato della rivoluzione a 5 stelle. E purtroppo il risultato è che quasi il 60% degli eletti ha cambiato partito. Questo è un atroce fallimento.

Ma nel pasticcio grillino è piovuto una persona ordinata, (i miei lettori lo sanno). Una persona che principalmente ha dato un indirizzo all’azione politica tramite la carta dei valori. Quello che viene adesso riportato nello Statuto una volta si chiamava Socialismo, ma a noi piacciono le parole nuove. Come avrebbe detto un Bersani: da tempo nel Movimento quelli di destra hanno preso altre vie e, aggiungo: chi non lo ha fatto ancora si affretti. Chi crede ancora che il M5S sia nato per fare una rivoluzione liberale, sappia che quella è solo una parte marginale di una riscrittura di regole all’interno dell’obiettivo di mitigazione degli eccessi della disuguaglianza sociale.

Noi non siamo contigui al PD. Noi siamo nati per sostituire la classe politica traditrice della sinistra, e rappresentare da soli un’area politica che non ha più niente di radicale, ma che è nelle mani dei conservatori per tutta la lunghezza del suo arco. Prima capiamo questa semplice cosa e prima eviteremo di sparire. Le ambizioni di maggioranze assolute sono farneticazioni di un entusiasta che l’ha sparata grossa. Perciò, mai furono più benvenute le giornate che ci hanno separato da quell’accozzaglia di impostori, attenti esclusivamente alle neutre battaglie civili, e dimentichi di quelle sociali. Del resto, se nella testa di Grillo c’era la biodegradazione del Movimento, la partecipazione forzata al governo Draghi è stato un enzima che ha rischiato di rendere istantaneo questo processo biologico e politico.

Metodo ed identità, dunque. Un progetto nuovo perché questo è un partito nuovo, se volete è il partito di Conte e non più quello di Grillo. E’ un partito autonomo che adesso si impone di non degradarsi e non sparire più dalla scena politica. Noi non potremo essere tutto, potremo solo essere una parte, qualcosa di preciso e insostituibile per le speranze della gente. Oppure, saremo niente. Scegliamo!