(Roberta Labonia) – Mentre la maggioranza, fino a pochi istanti fa, stava contrattando parola su parola il testo della risoluzione che seguirà al discorso di Draghi sul conflitto russo ucraino di oggi pomeriggio al Senato, l’agenzia AGI ha battuto la notizia, ripresa da tutte le testate, che in entrambi i rami del Parlamento Di Maio sta raccogliendo le firme per la formazione di un nuovo gruppo parlamentare. È il preludio alle sue dimissioni. Voci di corridoio rivelano che al Senato sia già stata superata la soglia critica delle 10 firme necessarie per la formazione di un gruppo autonomo.

Dopo gli ultimi siluri lanciati da pubblica piazza all’indirizzo del MoVimento e di Giuseppe Conte, Giggino sperava di essere cacciato. Ma bene ha fatto il Presidente a non offrire il fianco alle sue provocazioni: ora l’enfant prodige della politica pentastellata è costretto ad uscire allo scoperto e mostrarsi alla sua comunità e al consesso parlamentare per ciò che è diventato oggi: un arrivista senza scrupoli a cui un trasformista sleale come Matteo Renzi, potrebbe solo guardare con ammirazione.

Come titola un film del grande Massimo Troisi, “pensavo fosse amore invece era un calesse”.