Massimo Gramellini – corriere.it) – Le parole con cui il presidente di Confindustria ha bocciato il bonus psicologo elargito dal governo sono moderne come un calesse, un gettone del telefono, un macinino da caffè. Ci riportano a quel piccolo mondo antico in cui, per i «veri uomini», innamorarsi era una faccenda da cameriere e i problemi psicologici andavano derubricati alla voce «menate». L’essenziale è invisibile agli occhi, diceva la volpe del Piccolo Principe. Ecco, il presidente Bonomi non assomiglia a quella volpe, quando si rifiuta di vedere l’impatto che due anni di pandemia hanno avuto sul sistema nervoso di milioni di persone, ma soprattutto l’effetto che l’ansia e l’angoscia producono sul ciclo economico.

Come essere umano, Bonomi è libero di sottovalutare o addirittura ignorare i guasti psicologici provocati dal lockdown. Ma almeno come imprenditore dovrebbe sapere che esistono, e che un lavoratore e un consumatore depressi sono i peggiori nemici della crescita: il primo lavora male e il secondo consuma poco. Perciò qualsiasi aiuto pubblico rivolto a curare le perturbazioni della psiche dovrebbe ricevere l’appoggio entusiasta del sistema produttivo.

Invece per Bonomi il bonus psicologo è il segnale di «un Paese che ha dei problemi». Eccome se ne abbiamo. Però non dipendono tutti dall’assistenzialismo di Stato. Il quale ha tante colpe e troppi bonus, ma forse non è l’unico responsabile degli stipendi più bassi d’Europa. A proposito: quello sì che è un problema.