Sarà per colpa di una prospettiva miope, cinica e provinciale, ma lo scappellamento collettivo della stampa per la spedizione di Mario Draghi a Washington appare giusto un filo esagerato, impercettibilmente fuori misura […]

(Tommaso Rodano – Il Fatto Quotidiano) – Sarà per colpa di una prospettiva miope, cinica e provinciale, ma lo scappellamento collettivo della stampa per la spedizione di Mario Draghi a Washington appare giusto un filo esagerato, impercettibilmente fuori misura. Traboccano improvvise suggestioni pacifiste, sboccia l’ottimismo: Draghi da Biden allontana a mani nude il mondo dall’apocalisse. Le prime pagine sono perentorie ed enfatiche. Il Corriere della Sera, “Draghi: Putin non è invincibile”. Repubblica, “La via diplomatica”. La Stampa: “Draghi agli Usa: un tavolo per la pace”. Ancora Repubblica, all’interno, ci racconta il premier deciso, risolutivo: “Ora Usa e Russia si parlino”. Quanti pezzi al miele. Sempre sul giornale di Molinari, Draghi lancia “tavoli di pace”, “si appella per ricostruire un dialogo”, si rivolge “alle due superpotenze” e mostra “un ambizioso rilancio”. Il Mahatma di Palazzo Chigi però non si preoccupa che venga riconosciuto il ruolo italiano, perché “non bisogna cercare un ruolo, ma la pace”.

La sua visita è quella “di un leader sul quale l’Amministrazione Usa fa molto affidamento”, un “solido alleato” e “profondo conoscitore dell’America”, grazie a lui si preannuncia “un cambio di passo nella valutazione della guerra e delle sue conseguenze” (Corriere della Sera). Il Foglio esonda: “Ai pacifisti ha ‘dato’ la pace, agli atlantisti l’Atlantico, agli europeisti l’Europa e all’Italia un po’ di credibilità perduta”. “Biden è deliziato di avere Draghi come partner” (ancora Repubblica); “è il leader europeo più ascoltato Oltreoceano” (Libero).