(Massimo Gramellini – corriere.it) – Macron o Le Pen? Sulla carta la risposta alla domanda di Lilli Gruber non sembrava difficile, eppure il leader ellittico dei Cinque Stelle, l’avvocato dei voti persi Giuseppe Conteè riuscito a non darla, intorcinandosi in una raffica di sofismi. Il più spettacolare dei quali, degno di un arrampicatore sui muri provetto, è stato: le risponderei se fossi il leader di un partito francese, ma essendo il leader di un partito italiano…

Sarebbe però ingiusto sottovalutare il disagio oggettivo dell’uomo che ha guidato il primo governo sovranista della nostra storia, anche se poi i lockdown affrontati in video a pochette sguainata lo hanno trasformato agli occhi delle casalinghe di Voghera in un piccolo padre della Patria pandemica, rassicurante nel suo prolisso senso comune, che è il parente povero del buon senso.

Mettetevi nei suoi panni: come avrebbe potuto dire la verità riguardo al voto francese, e cioè che, tra l’alfiere del capitalismo finanziario vicino ai privilegiati e la nazionalista di estrema destra vicina agli esclusi, lui e tanti Cinque Stelle preferiscono la nazionalista di destra, alla quale li unisce anche una certa attrazione per la Russia di Putin e una altrettanto certa repulsione per l’America di Biden? Se lo avesse fatto, i suoi nuovi alleati di sinistra gli sarebbero saltati al colletto della camicia. Non potendo essere sincero, Conte ha preferito passare per oscuro. Tra l’altro, gli viene naturale.