È più grave che un italiano su quattro non creda agli orrori perpetrati dai russi (“propaganda di Kiev”)? O che un italiano su due ritenga che su quanto accade in Ucraina la maggior parte dell’informazione, in Italia, sia […]

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – È più grave che un italiano su quattro non creda agli orrori perpetrati dai russi (“propaganda di Kiev”)? O che un italiano su due ritenga che su quanto accade in Ucraina la maggior parte dell’informazione, in Italia, sia “distorta e pilotata”? Il sondaggio di Ilvo Diamanti su Repubblica non fa che confermare il protrarsi di una guerra al buio, dove tutti si muovono come fossero bendati in una stanza oscura, assordati da rumori terrificanti e attirati da voci ingannevoli. Tutti tranne uno. Si dirà che è il destino delle guerre moderne dominate dalla comunicazione in forma di propaganda (o il contrario), con gli inviati al fronte impegnati a schivare le bombe e la disinformatia prodotta in quantità industriale dai due schieramenti. Che fine hanno fatto i “sessanta chilometri di blindati”, segnalati sulla via di Kiev nei primi giorni di guerra e poi dissoltisi nei tg? Si sono inabissati nel fango con equipaggi, generali e tutto il resto? O ci ha pensato la popolazione ucraina “a fermare gli invasori con le bottiglie molotov e i cavalli di frisia fabbricati ammonticchiando i guardaroba”? Sulla Stampa, Domenico Quirico ha provato a elencare alcune delle leggende di cui ci siamo nutriti volentieri nella speranza che a liberare Mariupol piombasse il Settimo cavalleggeri Azov. Infatti, aggiunge Quirico, “a noi piace credere che la guerra finirà il 9 maggio” . Così come abbiamo creduto che l’affondamento dell’ammiraglia russa Moskva potesse segnare l’inizio della fuga ingloriosa della flotta putiniana. Della sollevazione delle truppe contro il tiranno, tipo Corazzata Potëmkin. Il cuore si apre quando apprendiamo che per la governatrice della Banca centrale dalle sanzioni occidentali possono derivare danni “strutturali” all’economia di Mosca. Poi si richiude, non solo perché secondo Putin le cose vanno benone, ma immaginando la povera Elvira Nabiullina rinchiusa all’alba nelle segrete del Cremlino. Perché, appunto, c’è uno solo che mostra di muoversi con criminale disinvoltura in questo horror, il solo a conoscerne la fine. Costui sembra lieto di non parlare più con nessuno, ma ha fatto un’eccezione con Mario Draghi, nel corso di una telefonata di circa un’ora di cui il premier ha riferito sul Corriere della Sera. “Quando vi vedete con Zelensky? Mi ha risposto: ‘I tempi non sono maturi’. Decidete un cessate il fuoco? Ancora: ‘No: i tempi non sono maturi’”. Resta da capire che cosa si sono detti nei restanti 59 minuti.