(Giuseppe Di Maio) – Abito una città del nord est italiano. Sono in Veneto. Se ogni regione possiede un’ideologia, cioè: paese che vai credenza che trovi, qui ad esempio credono in una dislocazione geografica dell’intelligenza e dei valori personali o collettivi. Credono che l’asse su cui sono sistemate queste virtù individuali e civili sia quello nord-sud, con una speciale concentrazione nel segmento che attraversa la Germania e i paesi teutonici. La minor concentrazione, invece, anzi l’insufficienza perniciosa, è manco a dirlo nel nostro meridione. Questa convinzione è straordinariamente diffusa anche e soprattutto tra chi non si direbbe un’aquila di acume e una formica virtuosa. Eppure anche il più fesso ha scoperto i vantaggi dell’orgoglio regionale.

Però, ciò che anche il fesso rifugge è il confronto effettivo con chi reputa inferiore. La sua strategia razzista, cioè la vigliaccheria, gli fa utilizzare dei trucchi: escludere il nemico preventivamente, relegarlo in ambiti squalificanti, decidere il suo valore ad alzata di mano. Come dire che la maggioranza non solo fa la legge, ma anche la verità.

Il dibattito odierno tra filo-scientisti e gli altri opinionisti, mi ha ricordato la democrazia dei razzisti, cioè di quelli che vogliono stabilire le verità che a loro garbano a maggioranza. La scienza è un lavoro della ragione fondato sull’esperienza; non ci sono certezze fideistiche, non verità teologiche o filosofiche. E meno che mai politiche. La scienza non alleva interessi privati. Ma succede che un popolo escluso da ogni decisione che lo riguarda, si vede d’un tratto chiamato in causa per partecipare attivamente al proprio isolamento, viene chiamato a usare regole sanitarie, a vaccinarsi. La ribellione che n’è sorta è da manuale. Il rifiuto per tutto ciò che viene dall’autorità nemica, costringe questo popolo a farsi opinioni proprie e a non credere alle “menzogne del potere”.

Eppure stiamo parlando di scienza. Ah sì? non frega niente a nessuno! La scienza, essi credono, è funzione del potere quanto una qualsiasi verità politica. Non c’è più un solo discorso in cui riescano a separare le questioni scientifiche da quelle economiche, i dati sperimentali da quelli amministrativi, gli obiettivi sanitari da quelli politici. La verità dell’immensamente piccolo o dello smisuratamente grande vogliono stabilirla secondo regole democratiche; la volontà popolare decide se esistono i virus, se la terra è piatta, e se gira intorno al sole. Come se con la dimensione umana e i suoi interessi si possa spiegare la natura di tutto l’esistente. Insomma, vogliamo mettere di nuovo a capo dell’ordine universale una famigliola di dei come nelle nostre tribù, e pensare di essere i migliori perché siamo nati su questa terra, in questo continente, o in questa regione. Come se la staticità di un edificio possa essere deliberata dall’assemblea di condominio.