(Alessandro Di Battista) – Dopo Mario Draghi (novello Vittorio Emanuele III che cerca la sua Brindisi sul Quirinale in fuga dai suoi errori, dalle sue responsabilità e da una crisi sociale che neppure i suoi più fedeli trombettieri sono in grado di nascondere), Silvio Berlusconi (condannato in via definitiva per frode fiscale nonché finanziatore di Cosa nostra, l’organizzazione criminale che assassinò il fratello di Mattarella), Pier Ferdinando Casini (uno che ha cambiato più partiti che Ibrahimovic squadre di calcio ed è in Parlamento da 39 anni e solo di Tfr ha maturato 443.000 euro) e Marcello Pera (uno che da Presidente del Senato si augurava la sospensione dei processi di Berlusconi e che viene sponsorizzato dal galeotto Denis Verdini) nella galleria dei papabili al Quirinale (chiamatela anche galleria degli orrori) si aggiunge un altro esimio esemplare di coloro i quali non dovrebbe mai diventare Presidente della Repubblica: Giuliano Amato.

Amato divenne per la prima volta Presidente del Consiglio ventisei giorni dopo la crociera del Britannia, il panfilo della famiglia reale inglese sul quale banchieri, lobbisti, finanzieri e piccoli uomini politici, decisero la liquidazione dell’industria pubblica italiana. La crociera del Britannia venne promossa e finanziata dai “british invisible”, un’organizzazione inglese che promuoveva i servizi finanziari britannici. Tra l’altro fu un giovane Mario Draghi, all’epoca direttore generale del Tesoro, a tenere a bordo del panfilo il discorso di benvenuto che iniziò con queste parole: “Signore e signori, cari amici, desidero anzitutto congratularmi con l’Ambasciata britannica e gli Invisibili Britannici per la loro superba ospitalità. Tenere questo incontro su questa nave è di per sé un esempio di privatizzazione di un fantastico bene pubblico”. Tornando ad Amato ricordo i suoi trascorsi nelle banche d’affari. Anche lui degno protagonista di quella commistione politica-finanza che reputo pericolosissima per la democrazia italiana. Amato fu presidente dell’International Advisory Board di UniCredit (dopo di lui quel posto lo occupò Prodi) e, inoltre, venne nominato senior advisor per l’Italia da una delle banche straniere più potenti d’Europa: la Deutsche Bank. Consulenze, consulenze e ancora consulenze. In Deutsche Bank andò a lavorare due anni dopo aver ricevuto l’ultimo incarico politico, ovvero quello di ministro dell’Interno sotto Prodi. Amato lo ricordiamo tutti per il prelievo forzoso del 6×1000 su tutti i conti correnti dei cittadini italiani ma è bene ricordarlo anche per un altro fatto increscioso. Magari meno grave ma ugualmente illuminante.

LEGGETE QUESTA INTERCETTAZIONE: Amato: «Mi vergogno a chiedertelo, ma per il nostro torneo a Orbetello è importante perché noi siamo ormai sull’osso, che rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione. Ciullini ha fatto sapere che il Monte vorrebbe scendere da 150 a 125». Mussari: «Va bene, ma la compensiamo in un altro modo». Amato: «Guarda un po’ se riesci, sennò io non saprei come fare… Trova, ce l’hai un gruppo? La trovi?» Mussari: «La trovo, contaci».

Era il 1 aprile del 2010, Amato telefona a Mussari (poi condannato in I grado per il crac di MPS) per chiedergli il finanziamento del torneo di tennis di Orbetello. 150.000 euro sono nulla rispetto alle decine di miliardi di euro di crediti deteriorati, ovvero prestiti difficilmente recuperabili, accumulati negli ultimi trent’anni da MPS. Ma questa telefonata imbarazzante mostra chiaramente come funzionava il sistema Monte Paschi. Ai politici bastava alzare il telefono per ottenere prestiti e finanziamenti.

Io, per lo meno, cerco di esercitare la memoria (di tutto questo ho scritto ampiamente nel mio libro “Contro” https://www.paperfirst.it/libri/contro/). Perché un Paese senza memoria è un paese fallito!